TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
CEMENTO, MEGA-CENTRALE A CARBONE E INCENERITORE: LA SAVONA DEL
FUTURO!!! La prospettiva non appare rosea. Gli ultimi
sviluppi sulle decisioni prese a Roma circa
l’ampliamento della Centrale
a carbone della Tirreno Power, le proposte di
incenerimento dei rifiuti
avanzate dai politici del centro destra nel programma elettorale per
la Provincia e le ultime infelici e gratuite esternazioni del
“giornalista alla cultura” del Comune di Savona sulla
cementificazione, ci
spingono a chiederci: COSA
ABBIAMO FATTO PER MERITARCI TUTTO QUESTO?
Forse dei tre gravi e tormentati aspetti, quello
riguardante la disamina farcita d’insulti all’indirizzo di chi, a
Savona, si oppone dichiaratamente contro l’indiscriminata e inutile
cementificazione della città, rilasciata al Secolo XIX da
Molteni, è quello che
possiamo tranquillamente permetterci di non prendere sul serio. Inevitabile tributo da parte di chi deve
manifestare la sua abnegazione al Partito e ai politici che gli
hanno permesso di ricoprire quel ruolo, a prescindere da accordi
elettorali che lo giustificassero, giunge proprio in un momento
politicamente sbagliato. Fedeltà incondizionata, gratitudine, “leccaculismo”
spingono talvolta a fare proclami
non richiesti e nello specifico sull’urbanistica, sull’architettura
innovativa e sperimentale, sullo sviluppo urbano : tutte materie
sulle quali l’esternatore è palesemente incompetente.
I PROCESSI DI TRASFORMAZIONE URBANA
E’ anche vero che chi è preposto a intervenire e
dibattere sui processi di cambiamento urbano e sulla qualità
architettonica a Savona, non lo fa. Gli
Ordini Professionali barricati nelle lobby di professionisti
fortemente legate agli umori di chi gestisce il territorio con
principi di libero mercato,
le Università con studiosi e docenti intenti a difendere il
proprio spazio vitale, alla ricerca di fondi da questo o da
quell’Ente: tutti tacciono
vergognosamente. Il dibattito invece fuori da qui è vivo e se i
nostri Amministratori fossero meno “pantofolai” e provinciali e si
spingessero a capire cosa accade fuori dalla città, forse potrebbero
esserne felicemente contagiati! Tutti i Paesi del mondo, ognuno a suo modo,
stanno già ragionando sul fallimento del “modernismo” e stanno
cominciando a progettare le città del domani. Un progetto dove l’utopia è diventata la realtà
quotidiana con le sue problematiche: il riscaldamento globale, la
crescita della popolazione con la migrazione dei popoli, la crisi
ecologica, diventano, infatti, gli aspetti pressanti dell’utopia del
futuro.
Non più,
quindi, il solo il bisogno di case, tipico del modernismo.
Non più
la geniale quanto economica creazione di sistemi architettonici
modulari tipici degli anni 60, finalizzati al flusso degli abitanti
nelle metropoli.
L’architetto, oggi,
sembra così perdere d’importanza e rimane sempre più schiacciato
dalle architetture spettacolo, tipiche degli architetti-star e le
richieste del capitalismo globale che continua a disegnare la
crescita di una città con calcoli numerici. Questo tipo di sperimentazione e di sviluppo
urbano non è più attuale, è ampiamente superato, ma noi a Savona lo
stiamo ancora perseguendo con convinzione e lo esaltiamo come fosse
utopia del futuro. E’ ormai urgente e necessario, anche qui, un
altro architetto, capace di agire nella complessità urbana, di
formulare strategie che comprenda la realtà circostante e sappia
immaginare l’alternativa.
Non può essere l’edificio
ha compiere questo cambiamento di visione di civiltà
nell’urbanistica moderna, non può essere la torre- Bofill, non potrà
essere un crescent o una torre Fuksas a cambiare la prospettiva del
vivere delle persone di una città,
ma deve essere
l’individuo al centro
del cambiamento.
L’architettura non è più una scienza autonoma,
ma diventa inevitabilmente pluridisciplinare quando si occupa di un
cambiamento e di una trasformazione urbana, se non vuole che questa
fallisca. Questo è già sotto i nostri occhi proprio nella Darsena
savonese, dove i linguaggi architettonici moderni hanno percorso
vecchi parametri.
IL FALLIMENTO DI UN NON-PROGETTO
Il processo iniziato a Savona è orfano di
un’indagine e di un’interpretazione dei luoghi che, di volta in
volta, va affrontando. A Savona si dimentica che il territorio è la
risorsa fondamentale, per il forte legame che ha con chi lo abita e
per questo la ricerca urbana deve avvalersi di uno scambio di
esperienze tra i cittadini e chi sta compiendo la ricerca. Solo così si arriva a un livello accettabile di
sostenibilità del territorio, presupposto per il futuro condiviso
della città, ma soprattutto solo così diventa centrale la
possibilità di pianificare spazi pubblici di relazione, naturale,
culturale e sociale che a Savona sono e saranno sempre più
inesistenti. Bisogna abbandonare per sempre il
determinismo economico e
al suo posto promuovere la
progettazione partecipata e il coinvolgimento che ci consente di
immergerci nella realtà sociale in cui si opera. ( Questo forse è il
modo più progressista di operare per chi pretende di rappresentare
la sinistra in un’Amministrazione.) Bisogna ritornare a pensare a
fondamenti etici e
collettivi, quando si pensa al futuro di una città e al suo
sviluppo. Bisogna ormai convincersi che per operare,
competenze come l’urbanistica, l’architettura e l’ecologia non
debbano essere disgiunte, perché la città non è altro che un
ecosistema di flussi, d’interazione e movimento dove soprattutto lo
spazio pubblico diventa importante protagonista.
Quest’ultimo
non dovrà più essere uno spazio residuo tra edifici, rimanenza
casuale, ma dovrà invece essere concepito come paesaggio, come
elemento vivo e interattivo.
SPERIMENTARE L’INNOVAZIONE
Se un architetto è originale, è riconosciuto importante, più è
originale più è importante e lo riconosciamo per questo. E’ anche
vero, però, che solo un architetto importante può permettersi certe
originalità e proporle ovunque, senza alcuna indagine territoriale
che le giustifichino.
Tutto questo diventa
la celebrazione della
personalità e questo è accaduto in molte città che hanno poi
compiuto autocritica, ma a Savona sta accadendo ora. Mies van der Rohe diceva: “Non si può inventare
una nuova architettura ogni lunedì mattina!”, ma è vero però che
siamo obbligati a inventare un
nuovo modo di fare
architettura quando siamo davanti ad un cambiamento della
società o a emergenze ambientali come sono quelle attuali. A Savona invece nessun virtuosismo di carattere
energetico nei nuovi progetti, che rispettano invece un’immobile
continuità col passato. Nessuna sperimentazione quindi, nessuna
innovazione nella
Savona-Dubai la cui ossessione per la falsa-novità
architettonica non è supportata neanche dall’alibi di
autocelebrazione del ricco potente di turno dalle idee ardite. Nessun progresso sensibile verso l’ambiente
urbano esistente permeato di grandi, quanto attuali, problematiche e
per niente interessato al fatto che un grande ARCHITETTO LASCI IL
SUO SEGNO INDELEBILE. Bisogna essere prima cittadini poi architetti,
prima cittadini poi amministratori per riuscire a spargere i semi
del autoriparazione e della vera evoluzione urbana.
E ORA POSSIAMO PRENDERE VERAMENTE LA COSA SUL SERIO?
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