il
caso LA STAMPA
Presentato il piano
di sviluppo per l’area
della Valbormida
ALESSANDRA PIERACCI
La Ferrania del futuro
punta sulla logistica
GENOVA
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Un piano industriale che prevede
investimenti per 100 milioni di euro nei prossimi tre
anni, attivando a regime 280 posti di lavoro diretti e
110 nell’indotto: i settori sono la cimica fine (accordo
da 5 milioni con la Bracco per una previsione di 40
posti di lavoro entro il 2010) e le nuove attività,
ovvero il fotovoltaico (primi lavori di installazione a
gennaio con possibilità di occupazione transitoria per
un paio d’anni) per celle, moduli e impianti di
generazione elettrica con capacità fino a 60 megawatt,
oltre a una centrale a biomasse e un impianto di
teleriscaldamento che servirà i comuni di Cairo
Montenotte, Altare e Carcare.
Questo, in sintesi, il piano di sviluppo per l’area
della Valbormida in cui langue Ferrania, presentato ieri
da stefano Messina, presidente di Finemme Spa, con
Andrea Gais e Giuseppe Cortesi, rispettivamente
presidente e ad di Ferrania Technologies Spa, ovvero i
detentori al 100% delle azioni di Ferrania dal 18 luglio
scorso. «Partiamo da una società che è ormai morta - ha
affermato Messina - e la rilanciamo con l’obiettivo di
arrivare a ampliare la produzione occupando, nel 2013,
fino a 380 lavoratori». Oggi ce ne sono 450 in cassa
integrazione e 140 al lavoro su attività tradizionali:
photocolor e chimica fine per cosmesi e farmaceutica,
che verranno in parte dismesse.
La situazione congiunturale ha fatto accantonare il
progetto per un laminatoio che avrebbe garantito
l’occupazione di altri 300 dipendenti: falliti i
contatti con Marcegaglia e Duferco, dopo l’uscita dalla
cordata dell’imprenditore del settore, Malacalza, è
stato sottoscritto il 9 ottobre scorso un accordo
preliminare, coperto da vincolo di confidenzialità, con
un primario partner siderurgico dell’Est europeo, la cui
validità scadrà nell’aprile del 2009. Ma le prospettive
industriali in questo campo sono scarse, considerando il
crollo dei prezzi e della produzione del prodotto.
Il futuro, quindi, punta sulla logistica e
sull’attrazione conseguente nell’area (solo il 15% verrà
occupato dagli impianti previsti al momento) di altri
insediamenti. L’ulteriore sviluppo nel settore delle
energie sostenibili renderà necessari investimenti
esterni, con la creazione di new co.
Il piano e le prospettive occupazionali sono state
illustrate ieri pomeriggio ai rappresentanti sindacali.
Le reazioni sono state prudenti. In sostanza, dicono i
sindacati, non vengono garantiti i 450 posti di lavoro
finali prospettati in quell’accordo di programma
sottoscritto dopo la cessione alla cordata
Malacalza-Messina-Gavio nel luglio 2005. Intanto, nel
luglio 2009 terminerà la cassa integrazione. Così, come
annuncia Pino Congiu della Uilcem, «riteniamo
necessario, d’accordo con il gruppo Messina, di cui
comunque apprezziamo l’impegno concreto, un confronto
con il ministero dello Sviluppo Economico per risolvere
i problemi».
«Quello che si prospetta è un piano industriale a metà
che non sarà in grado di riassorbire gli attuali
lavoratori che sono in cassa integrazione - ribadiscono
Giorgio Cepollina della Cisl e Fulvio Berruti della Cgil
-. Il piano copre 280 lavoratori, mentre per noi è
importante avere la certezza del riassorbimento
dell’intera pianta organica. Un piano che arriva fino al
2013 e di cui non conosciamo il futuro».
Dal prossimo mese i lavoratori potranno contare su un
integrativo di 500 euro mensili, per un periodo di 8
mesi, questo grazie all’operazione dei cantieri
scuola-lavoro promossi dalla Regione e sottoscritti nei
giorni scorsi in Provincia a Savona. «Poi, nessuno di
loro conoscerà il proprio destino. Dobbiamo andare oltre
gli enti locali» ha concluso ilsindacalista della Uil. |
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