ALBENGA IL CASO IN CUI E’ COINVOLTO IL CONSIGLIERE COMUNALE POTREBBE ALLARGARSI
“Centinaia di false fidejussioni”
[FIRMA]ANGELO FRESIA LA STAMPA
ALBENGA
Centinaia di fidejussioni false, prodotte da Monica Marino e «perfezionate» da Daniele Capello, che spesso le consegnava nei Comuni dove curava le pratiche edilizie nel suo ruolo di architetto. È il quadro accusatorio tracciato dagli inquirenti nell'indagine sulla presunta attività finanziaria esercitata abusivamente dalla mediatrice assicurativa e dall'architetto, impegnato politicamente come consigliere comunale ad Albenga. Secondo la squadra amministrativa della questura savonese, coordinata dal vicequestore Stefano Bonagura, la coppia si sarebbe avvalsa di alcuni collaboratori per la produzione dei certificati assicurativi, tra cui Domenico Marino, padre della broker. Domani mattina, il giudice Barbara Romano interrogherà gli arrestati davanti al sostituto procuratore Giovanni Battista Ferro.
Gli investigatori hanno compiuto cinque perquisizioni negli edifici frequentati dagli indagati. I sopralluoghi avrebbero dato esito positivo in due casi e le forze dell'ordine avrebbero scoperto un magazzino usato come deposito per le copie delle ultime fideiussioni rilasciate dal sodalizio. Ad avviare l’indagine era stata proprio la quarantunenne Monica Marino, promotrice di una denuncia in questura contro la società finanziaria Albatross nel novembre scorso. Quattro mesi dopo, una fonte confidenziale «attendibile» aveva però rivelato agli inquirenti la presunta produzione di fidejussioni false da parte della donna, che era solita presentarsi come intermediaria della società finanziaria Union Credit.
I poliziotti hanno iniziato a sorvegliare le utenze telefoniche dell'assicuratrice e a controllare la veridicità degli atti. Alcune fidejussioni si sono dimostrate subito false perché «infarcite» di errori grammaticali e legislativi, con numeri di serie irregolari. Le intercettazioni avrebbero messo in risalto il ruolo di Capello, «corriere» dei documenti e in alcuni casi «scrittore».
«Dieci minuti e arrivo. Ti sto finendo le fidejussioni", dice in un'occasione alla donna, vantandosi di avere compiuto un lavoro «che neanche Giotto avrebbe saputo fare». Quando la notizia dell'indagine diventa pubblica, Marino sfrutta l'amicizia di un cliente per capire gli accertamenti compiuti dalla polizia municipale di Cisano sul Neva. Col passare dei giorni, la coppia diventa sempre più sospettosa. Le fidejussioni scompaiono dalle conversazioni telefoniche.
«Il mio assistito è pronto a chiarire la sua posizione e al termine dell’interrogatorio chiederemo la revoca della custodia cautelare in carcere», annuncia l'avvocato Vittorio Varalli, difensore di Capello. Gli investigatori, intanto, si preparano a mesi di indagini sullo stesso filone, che potrebbero riguardare altre persone e allargarsi ad accuse più gravi, come concussione e corruzione, nei confronti di altri indagati.
Secondo l'accusa, Capello e Marino avrebbero coperto spese per alcuni milioni di euro, intascando una percentuale sul prezzo della fidejussione. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, quando un certificato garantiva un’esposizione di 200 mila euro, ad esempio, gli indagati chiedevano ai clienti 4 mila euro, pari al due per cento dell’importo. Questa procedura avveniva per gli acquirenti «comuni», mentre per quelli «amici» la quota scendeva sotto all’uno per cento.