TRUCIOLI SAVONESI spazio di riflessione per Savona e dintorni
SENZA BUSSOLA
Stiamo assistendo a un fenomeno che in inglese si definisce, specie in
ambito scientifico, entanglement,
ossia l’impossibilità di delimitare le competenze specifiche di un settore,
in quanto l’uno influenza ed è influenzato da tutti gli altri. Il termine
italiano più appropriato è forse “groviglio”.
Mi riferisco qui alle dichiarazioni fatte da uomini di governo e opposizione
circa le vie per tentare di uscire dalla presente situazione economica col
minor numero di ferite possibile; ma ogni soluzione inciampa nelle soluzioni
altrui.
La terapia principe che viene suggerita è quella di diminuire il carico
fiscale sui redditi fissi onde consentire una maggior capacità di spesa dei
soggetti interessati e quindi una crescita dei consumi e un progressivo
smaltimento delle scorte che stanno accumulandosi nei magazzini delle
imprese a causa delle vendite in calo.
Lo Stato, però, è già alle prese con un gettito fiscale calante proprio a
causa della decrescente capacità di spesa di dipendenti e pensionati, nonché
del crescente numero di disoccupati, sottoccupati e precari, che concorrono
sempre meno alle entrate dell’erario, sia per tasse dirette che indirette,
di pari passo col continuo calo della domanda. In altro campo, la
contrazione sia del numero che del valore delle compra-vendite immobiliari
porta sempre meno tributi nelle
casse statali.
Lo Stato, di fronte alle pressanti richieste di detassazione che salgono da
tutti i comparti produttivi, piccole e micro aziende in testa, e incapace di
tagliare in forma sostanziosa la spesa pubblica (a cominciare dalla classe
politica e para-politica piazzata ai vertici di aziende pubbliche e
semi-pubbliche), non trova di meglio che non intervenire sul prezzo della
benzina alla pompa, nonostante il dimezzamento del prezzo del greggio nel
giro di soli 3 mesi; a ciò stimolato da un’accisa di ben 2/3 del prezzo
finale. In pratica, fa il tifo per i petrolieri, in virtù del suo
esorbitante guadagno su un bene soggetto solo a minime variazioni di
consumo, quale che sia il suo prezzo. Un non intervento che risucchia
risorse altrimenti disponibili per ridare fiato a consumi in altri campi e
che non riguarda solo la benzina, ma tutti i prodotti energetici, pur calati
drasticamente.
Peraltro, gli unici interventi del nuovo governo sono stati pannicelli caldi
di fronte a un malato con la febbre a 40: la detassazione degli straordinari
in un periodo di recessione in cui si fatica a mantenere l’orario di lavoro
esistente; l’abbattimento totale dell’Ici sulla prima casa, a prescindere
dal reddito dei beneficiari.
Tralasciando, vista l’assoluta esiguità del suo impatto sulla realtà
economica, il primo provvedimento, il secondo è una semplice partita di
giro, in quanto i soldi mancanti dell’Ici dovranno essere coperti da un
equipollente volume finanziario che lo Stato dovrà comunque prelevare
dall’erario per trasferirlo ai Comuni. Si tratta quindi soltanto di una
misura di facciata, collocabile, per dirla con Veltroni, sul piano dei
proclami, più che su quello dei fatti concreti: il rimborso dei soldi che
alcuni risparmieranno sull’Ici sarà spalmato su tutti i contribuenti, al
pari delle montagne di euro che la BCE ha devoluto nell’ultimo anno alle
banche.
E a proposito di banche, salvandole sia all’americana (scambiando titoli
tossici contro titoli del Tesoro) che all’europea (acquistandone azioni), si
salvano anche i risparmiatori, che altrimenti vedrebbero andare in fumo i
propri depositi; ma la riluttanza delle banche a mettere in circolo i soldi
in arrivo finisce col congelarli e sottrarli all’economia reale, condannata
ad uno stato di protratta deflazione.
Questo però apre la strada all’obiezione, fatta propria dalla CGIL, che
sarebbe meglio invece detassare i redditi fissi, se si vuole mettere soldi
in tasca ai cittadini, al pari delle piccole imprese, oberate da imposte e
contributi che sono sempre meno in grado di fronteggiare. Infatti, sostiene
la CGIL, perché continuare con quella stessa economia del debito che ci ha
portati sull’orlo, o forse già dentro, il burrone delle insolvenze? Perché i
soldi extra a cittadini e imprese devono sempre transitare per le banche,
coll’aggravio di interessi e spese di varia natura, come la famigerata e
ingiustificata commissione di massimo scoperto, che solo una legge
indurrebbe le banche a togliere, e solo dopo varie resistenze, come abbiamo
imparato con la portabilità dei mutui?
Quindi, vista la prontezza con cui gli Stati europei, italiano incluso,
hanno dichiarato la loro disponibilità a garantire i depositi bancari, e
visto che le banche italiane affermano di non aver bisogno di
ricapitalizzazioni, perché lo Stato italiano non tramuta in detassazione la
quota che avrebbe garantito alle banche in difficoltà, appurato che tutte
dichiarano di essere in buona salute?
Lo Stato, certo, rinuncerebbe a parte delle sue entrate nell’immediato, ma,
si sostiene, l’aumentata capacità di spesa dei cittadini ridarebbe vigore a
industria e commercio e le tasse tornerebbero presto a rimpinguare le sue
casse.
Quanto sin qui detto è stato desunto dagli argomenti cui le varie parti in
causa, perlopiù “istituzionali” (forze politiche di maggioranza e
opposizione, sindacati, associazioni di categoria),
sono ricorse nelle loro polemiche.
Tuttavia, mi preme porre l’accento, più che su quanto è stato detto, su ciò
che non è stato detto, evidentemente
perché rientra tra le osservazioni e proposte che i massimi poteri vietano
alle suddette forze istituzionali anche soltanto di ventilare. Poiché non
vorrei ripetermi troppo, rimando
passim a miei precedenti articoli su Trucioli, in particolare a quello
uscito il 12 ottobre scorso, il cui messaggio centrale sta tutto racchiuso
nel titolo “Moneta di Stato”,
decretando la fine del denaro privato (euro o lira che sia) e il varo di una
moneta pubblica emessa e garantita direttamente dagli stessi Stati
dell’attuale eurozona. Questa singola misura spazzerebbe via ben oltre la
metà delle attuali gabelle.
L’altro provvedimento, l’eliminazione della riserva frazionaria delle
banche, ossia la leva che consente loro di creare moneta dal nulla, ne
sarebbe la logica e diretta conseguenza, facendo piazza pulita di tutta una
serie di prestiti che, non onorati, non fanno che ingrossare i dossier di
pignoramenti e vendite all’asta. (*)
La mancata applicazione di questi due provvedimenti, che incontrano
comprensibilmente la forte opposizione del sistema dominante, ossia
bancario, ci ha portato nella situazione che oggi tutti dolorosamente
subiamo; e, per una volta, senza troppa distinzione tra ricchi e poveri. Le
recenti statistiche dell’OCSE sul crescente divario tra ricchi e poveri, nel
giro di un solo paio di mesi, è forse già obsoleto: sono proprio i grandi
patrimoni a subire, non solo in assoluto, le perdite più rilevanti, con
imprese sino a ieri considerate inossidabili, quotate la metà, un terzo,
persino un quarto del loro valore di solo 6 mesi fa. Di pari passo va la
consistenza dei portafogli e delle gestioni degli
asset dei nababbi di ogni parte
del mondo, a cominciare dagli sceicchi e dai loro fondi sovrani, col prezzo
del greggio più che dimezzato da luglio, sino agli oligarchi russi che
vedono decimate le loro ricchezze di oltre 250 miliardi di dollari; e potrei
continuare. Mentre coloro che hanno frodato mezzo mondo, uscendo dai vertici
delle Investment Bank di Wall Street con centinaia di milioni di dollari,
hanno la probabile aspettativa di trascorrere in carcere quelli che
avrebbero dovuto essere gli anni di una dorata vecchiaia, tra caviale,
champagne e conigliette.
Grazie a questi truffatori, stiamo tutti vivendo senza più una bussola, sia
per quanto riguarda gli eventuali risparmi, con ripetute svalutazioni a due
cifre persino del buon vecchio oro, sia per quanto riguarda le
rivendicazioni da fare come lavoratori, dipendenti o precari, pensionati,
disoccupati. Abbiamo visto che la semplice detassazione dei redditi fissi e
delle piccole imprese, se non si ricorre all’istituzione della moneta di
Stato, lascerebbe quest’ultimo con risorse insufficienti a svolgere i suoi
variegati compiti, anche a causa della rigidità con cui risponde al coro di
proteste contro gli eccessivi emolumenti di coloro che il potere coopta in
Parlamento e nel para-Stato senza neppure l’avallo di scelte condivise dalla
cittadinanza, grazie a una legge elettorale di stampo sovietico e
all’illusione di un fantomatico 60% di consensi nei sondaggi.
Tutti chiedono a tutti di fare il primo passo indietro; ma nessuno è
disposto o in grado di farlo. Non sono disposti i vertici appena nominati; e
non ne sono in grado i percettori di reddito, fisso o precario, a causa dei
livelli minimi ai quali già si trovano (e che la BCE “raccomanda” di non
legare all’inflazione!); e non ne è in grado lo stesso Stato, se non decide,
approfittando della sua attuale posizione di forza, di tranciare il cordone
ombelicale che lo lega al sistema bancario.
Nessuno fa neppure il minimo accenno all’unico passo che ci toglierebbe da
una situazione di generale indigenza che non farà che peggiorare negli anni
a venire. Meglio far morire la gente di fame piuttosto che svincolarsi
dall’oppressione della moneta privata, così dimostrando una volta di più la
sudditanza e la connivenza dei governanti con il gotha finanziario che ci
strangola da secoli.
Mi azzardo a prevedere che questa situazione di stallo non durerà e
provocherà un crollo generale del livello di vita con conseguenti sommosse,
saccheggi e violenze, anche provocate ad arte per giustificare e anzi far
invocare l’instaurazione di regimi repressivi e per natura inclini al
bellicismo.
Quanto agli USA, ossia alla nazione che ha generato l’attuale disastro, non
riusciranno più oltre a sostenere il debito colossale accumulato in decenni
vissuti a spese del resto del mondo;
e presto opteranno per la dichiarazione d’insolvenza: insolvenza iniziata il
15 agosto 1971, quando unilateralmente abrogarono gli accordi di Bretton
Woods e sganciarono il dollaro dall’oro, dandosi a stampare dollari senza
più alcun nesso con la ricchezza nazionale e impegnandosi in costosissime
guerre imperialistiche, pagate dalle nazioni creditrici. Durante questo
quarantennio gli yankee hanno vissuto ben al di sopra delle loro
possibilità; e sarà difficile costringerli ad adattarsi ad un tenore di vita
drasticamente inferiore. La prossima guerra USA potrebbe essere civile; non
più tra Nord e Sud, ma tra accaparratori e diseredati. Un durissimo mandato
attende il nuovo Presidente, presumibilmente democratico, e la sua vita sarà
a rischio come quella del suo ispiratore, J.F. Kennedy, a seconda se opterà
per la maxi-svalutazione del dollaro o la sua nazionalizzazione. Nel primo
caso avrà contro la piazza e le nazioni creditrici, Cina e Russia in testa;
nel secondo la lobby di banche e Wall Street, disposta a tutto, anche alla
guerra, pur di non perdere la propria presa parassitaria sull’apparato
produttivo mondiale.
Marco Giacinto Pellifroni
26 ottobre 2008
(*)
Vedi anche l’articolo di Marco Della Luna “Una rivoluzione contro la
recessione” su questo stesso numero di Trucioli.
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