Malacalza
IL SECOLOXIOX
cairo. Laminatoio. Prima di archiviare la pratica ci sarà probabilmente il tempo per un'ultima verifica. La possibilità di ripescare sia il progetto sia i capitali di Vittorio Malacalza, offrendogli le aree ex Acna di Cengio come sito alternativo a Ferrania, dove l'imprenditore genovese dell'acciaio ha ribadito di non voler mettere più piede. A lasciare aperto uno spiraglio è stato il contenuto di una lunga lettera inviata da Malacalza al ministro Claudio Scajola, al presidente della Regione Claudio Burlando, al prefetto Nicoletta Frediani, al presidente della Provincia Marco Bertolotto, al sindaco di Cairo Fulvio Briano, al presidente degli Industriali Marco Macciò ed ai segretari sindacali. Una lettera puntigliosa dove viene riassunto un anno di impegno, di confronti e di scontri, culminati con l'uscita dall'azionariato di Ferrania Technologies, ma dove non viene detta una parola definitiva sulla sorte del progetto che Malacalza aveva proposto e sostenuto sino a farne l'elemento centrale del piano di riutilizzo dell'ormai ex fabbrica delle pellicole.
Uno spiraglio indiretto e che tuttavia dovrà essere esplorato, con il coinvolgimento della Regione Liguria, non solo perché era stato Claudio Burlando a convincere Malacalza "a metterci la faccia", ma anche perché, qualora la disponibilità a investire in Val Bormida venisse confermata, c'è da superare un secondo ostacolo, rappresentato dall'atteggiamento della Regione Piemonte. L'intesa sul riuso industriale delle aree ex Acna passa infatti attraverso la consultazione tra liguri e piemontesi, con questi ultimi chiamati ad esprimere un parere vincolante sulla compatibilità delle iniziative da insediare a Cengio. D'altra parte, i terreni bonificati che ospitavano il colorificio cengese sono gli unici che possono essere utilizzati in tempi compatibili sia con le esigenze di un imprenditore sia con la tutela salariale dei lavoratori di Ferrania, che sono già cassintegrati in regime di proroga con la prospettiva di essere garantiti solo sino al giugno del 2010. Aree potenzialmente disponibili - terzo ed ultimo ostacolo - ma non ancora a disposizione, in quanto di proprietà Eni, attraverso la società Syndial, e al centro di un contenzioso.
L'altra fiammella che resta accesa è rappresentata dal piano per la reindustrializzazione di Ferrania che il gruppo Messina presenterà il 10 novembre ai sindacati. Previste attività nel settore fotovoltaico, produzioni chimiche, generazione di energia elettrica da biomasse vegetali e, se ci saranno le condizioni, l'imprenditore marittimo genovese non mancherà di ribadire la volontà di procedere con il progetto laminatoio, d'intesa con un partner specializzato nel settore o favorendo comunque investimenti industriali attraverso la vendita di una parte delle aree.
Solo spiragli comunque. Perché la realtà, alla luce del grande gelo globale sull'economia, è che non ci sia oggi grande spazio per massicci investimenti. Forse qualche mese fa il quadro era diverso. Sembra sottolinearlo lo stesso Vittorio Malacalza, nella sua lettera a istituzioni e sindacati: "Spiace rilevare - scrive - come non si sia capito che la proposta del gruppo Malacalza di effettuare da solo l'investimento siderurgico in Ferrania era l'unico modo per salvare questa azienda. La responsabilità di quello che sta avvenendo non è certamente nostra". Per chiudere con una frecciata alle istituzioni: per avere puntato sul cavallo sbagliato.
Sergio Del Santo