TRUCIOLI SAVONESI spazio di riflessione per Savona e dintorni
“Beoti” i poveri di spirito….
Al
primo tipo appartiene colui che “ignora”, ma, conscio del suo limite, lo
sovverte con la buona volontà e la modestia laboriosa, cercando,
difendendo e privilegiando la cultura. Ne ho conosciuti tanti, al tempo
in cui avere idee di sinistra pungolava a capire, leggere, discutere ed
a cercare il confronto-riscontro con gli altri non soltanto per il
“tarocco” (rispettabilissimo gioco!).
Al
secondo, quello cui Cristo mai e poi mai aprirà le porte di casa sua,
appartiene l’aquilone senza filo portato dove vento voglia, colui che dà
un’occhiata appena (vi ricordate – e parlo agli anzianotti - quando i
giornali erano appesi a un filo da panni alle edicole e la gente faceva
la fila per leggerli davvero?) a un solo quotidiano, scelto a priori da
tempo immemorabile e senza confronto, come fosse una fede o a un solo
tg., pago di sentir confermare l’oscurante pregiudizio in cui vive e
vota e dà “consenso” bulgaro.
Paradigmatico di tale fanciullesco atteggiamento il pregiudizio sulla
attuale, vigorosa protesta del mondo della scuola (mica ricominceranno
col comunistissimo sessantotto? Centri sociali infiltrati…etc); peggio
l’assioma ”Io sono andato a scuola col maestro unico e guardate come
sono riuscito bene! Quindi, via questa dispendiosa storia da comunisti!”
L’insipiente, vuoto com’è, non sa nemmeno leggere il suo passato che,
per lui, come la foto del matrimonio, rimane sempre rosa. E invece….
E’
di moda decantare l’antica scuola (tra poco, ritorneremo al maestro
Perboni di “Cuore” Attenzione, però, a lasciar fuori la “maestrina della
penna rossa”…non si sa mai…la par condicio….) come sana, perfetta e
beneducante. Come se non fosse stato un bene superarne certe lentezze e
soprusi,senza per questo disconoscere, degli insegnanti, quelli colti e
appassionati, i veri formatori che, sempre minoritari, tutti abbiamo
apprezzato e cui siamo riconoscenti perché ci hanno vaccinati
dall’insipienza.
Ecco due episodi da me vissuti e che mi sconvolsero tanto da ricordarli
con chiarezza assoluta sessant’anni dopo.
Si
andava a scuola al pomeriggio, perché, alle elementari, ho sempre subito
doppi turni. E non era una cosa bella, né didattica!
Carla, quel pomeriggio, aveva un bel vestito rosa e stava con le
compagne sogguardandoci appena. Si entrò in aula e la maestra Maria
Frumento ci avrà di certo dato un problema o un tema o letto qualcosa
dal “sussidiario” o interrogato, quando la porta si aprì d’un calcio,
forse, ed entrò Carla spinta a forza dal maestro M. che la teneva forte
per un braccio.
Era
irriconoscibile! Il maestro la sbatteva a terra; lei piangeva forte ed
il suo bel vestitino era tutto bagnato di lacrime, polveroso e
spiegazzato. Carla piangeva e non ci guardava neppure. Direbbe Sbarbaro.
”…la caparbia avea fatto non so che.”, credo non consegnato un compito
con relativa bugia e il maestro urlava e la starnazzava come Renzo i
quattro polli.
Ero
troppo impaurito, come i miei compagni, dalla violenza improvvisa per
ricordarmi come Maria Frumento affrontò la situazione. Credo che
lasciasse sbraitare il maestro (!!!) e poi lo accompagnasse alla porta
dopo che avevamo tutti avuto il salutare e terroristico esempio ed
eravamo stati invitati, minacciati, a non avvicinare più la colpevole di
chissà che.
Carla fu strapazzata per tutte le classi: stessa scena, stesso pianto
dirotto e, credo, rabbioso. Restammo, maestra e noi, zitti fino al
termine di quel pomeriggio.
Una
volta, toccò a me. Per l’origine senese (e per la bontà di Maria
Frumento) ero considerato un alunno che scriveva bene in italiano e
avevo svolto un tema sull’esodo degli occupanti italiani dall’allora
Jugoslavia e i problemi che tale riflusso aveva causato in un’Italia
(1947) bastonata a sangue dalla guerra perduta (o cobelligerata, come è
più giusto dire). Io ne avevo sentito parlare a tavola, al giornale
radio, dai miei e avevo letto qualcosa su “L’Unità”. Scrissi che, in
fondo, tornavano non soltanto emigrati per bisogno di lavoro (che vanno
sempre e comunque rispettati!), ma molti “invasori” a seguito
dell’occupazione armata di quelle terre, che avevano sopraffatto, in
nome del diritto della forza, le comunità locali con ottimi profitti e
che adesso venivano ripagati della stessa moneta. Scrissi anche una cosa
che oggi non ripeterei, visto che gli storici attuali hanno mandato a
gambe levate il bel discorso “Italiani brava gente che regala madonnine
di alluminio da camiciole e cioccolato Perugina”, qualcosa come “Chi si
è onestamente procacciato un lavoro, non ha niente da temere dal ritorno
dei padroni di casa vincitori; resti, perché in Italia è ora difficile
trovar lavoro. ”Non tenevo conto, a nove anni, della durezza del
conflitto e delle inevitabili rappresaglie che pur ci furono.
Maria Frumento,”capogruppo” del plesso Fornaci fece leggere questo tema
alla fascistissima maestra M.B. che venne come una furia in classe, mi
fece uscir di banco e m’aggredì con una voce stridente ed alterata. “Che
cosa hai scritto?” Io, piccolissimo e ridicolo in un grembiule nero e
bavero bianco, ripetei pari pari (c’era di mezzo il parere dei miei, che
avevo, a ragione o a torto, fatto mio ed era questione, quindi, di
difendere loro) quanto avevo scritto.
Apriti cielo! “Dove ti sei messo il cuore d’Italia? Sotto i piedi?” mi
urlava come un’ossessa, tutta stravolta in viso e guardando contro Maria
Frumento.
Maria Frumento non era mai stata fascista: libera nel vestire arruffato,
nell’esprimersi sempre a voce alta e senza politici veleni. Interruppe
la scena dicendo qualcosa come “I ragazzi devono essere lasciati liberi
di esprimersi, di dire quanto pensano o, meglio, in questo caso, hanno
sentito dire” Lo disse anche
lei concitata ed accompagnò alla porta l’energumena ripetendole: ”La
capogruppo, ora [santa epurazione insufficiente NDR) sono io !”
Mi riaccompagnò nel banco e, finchè è vissuta, quando m’incontrava, fin
dopo la mia laurea, erano baci con lo schiocco e “Bravo!”.
Ma come era perfetta, la scuola del nostro e vostro passato. Vero,
insipientes?
Sergio
Giuliani
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