I tentacoli liguri della 'ndrangheta
l'inchiesta
Infiltrazioni accertate da Ventimiglia a Sarzana nella relazione della Direzione antimafia
IL SECOLOXIX
L'OPERAZIONE di ieri mattina contro la 'ndrangheta a Gioia Tauro, che ha messo nel mirino il clan Piromalli e tutta la sua (apparentemente) intatta capacità di infiltrazione nel tessuto economico e amministrativo della Calabria, non fa però cessare l'allarme sulla potenzialità criminale di una mafia che ha allungato i suoi tentacoli su tutta l'Italia e in Europa.
«Infiltrazioni di cosche ioniche sono accertate in Liguria nei comuni di Ventimiglia e Sarzana», scrive l'ultima relazione della commissione parlamentare antimafia. Ed è un ritratto recente, se si pensa che il documento è del febbraio di quest'anno e la relazione allegata, lo studio della Direzione nazionale antimafia sulla nostra regione, del dicembre 2007. Un excursus che ripercorre la storia dall'inizio. Partendo dagli anni Novanta, quando inizia il tentativo di assalto delle cosche calabresi alla Liguria. «Nel 1994 l'operazione "Cartagine" porta al sequestro di cinquemila chilogrammi di cocaina, importata da un cartello "federato" colombiano-siculo-calabrese. E quale migliore luogo per riciclare le ricchezze prodotte dalle attività di spaccio, dal racket e dall'usura, interamente controllate lungo la costa ligure dalle 'ndrine calabresi se non il Casinò di Sanremo?».
All'epoca i pm antimafia genovesi piazzano anche un altro colpo, con l'operazione Tempobuono, che porterà alla condanna in appello di malavitosi direttamente collegati al clan dei Piromalli, grazie alle rivelazioni di due pentiti. Che tracciarono anche un quadro completo della sanguinaria faida di Terranova.
Protagonista di quell'inchiesta il pm antimafia Anna Canepa, che non più di un anno fa confermava al Secolo XIX: «La 'ndrangheta è arrivata nel ponente ligure dopo la guerra per la floricoltura e i cantieri autostradali. La criminalità calabrese in Liguria è radicata e ben strutturata. Genova è il porto in cui arriva la cocaina colombiana; ma il business riguarda inoltre le contraffazioni e le case da gioco».
Il porto da una parte, la frontiera dall'altra. Con la Francia, con quella Costa Azzurra, scrive la commissione antimafia, «dove i calabresi hanno costruito vere e proprie reti logistiche per la gestione di importanti latitanze».
Così l'asse criminale opera a cavallo tra le due nazioni: «Il rapporto tra 'ndranghetisti che operano in Francia e quelli che risiedono in Liguria è quindi molto importante, legato alle caratteristiche transalpine della regione, come dimostra anche la presenza di una struttura denominata "camera di compensazione", con il compito di collegamento tra le attività dei due territori» .
Secondo la Dna, la procura nazionale antimafia, «l'attuale articolazione regionale vede la presenza di "locali" a Ventimiglia, Lavagna, Sanremo, Rapallo, Imperia, Savona, Sarzana, Taggia e nella stessa Genova. Il "locale" più importante è quello di Ventimiglia, dove si concentra la complessiva regia delle manovre di penetrazione nei mercati illegali e legali dell'intera regione».
Ma il ruolo dei Piromalli e i collegamenti con la Regione appaiono evidenti anche in tempi più recenti. Nel luglio scorso la magistratura assesta il colpo più duro al clan Piromalli-Molè, nell'operazione denominata "Cent'anni di storia", di cui gli arresti di ieri sono la naturale prosecuzione.
Nel provvedimento di fermo della procura di Reggio Calabria un capitolo è dedicato alla strana vicenda che collega un avvocato civilista di Genova (mai indagato) il cui nome compare nelle 871 pagine dell'ordinanza. «Quell'avvocato di Genova è molto disponibile e ha degli agganci notevoli». È questa la "raccomandazione" di Aldo Miccichè, referente della cosca fuggito in Venezuela, ad Antonio Piromalli, figlio di Giuseppe, uno dei padrini della 'ndrangheta.
L'avvocato, spiegano i fermati, sarebbe in grado di far ottenere l'apertura di una linea di credito di 3 milioni di euro in un istituto genovese. Ma potrebbe anche rivestire un ruolo importante nel tentativo di attenuare il regime di carcere duro cui è sottoposto il boss Giuseppe Piromalli. I fedelissimi del boss tentano di avere contatti con Marcello Dell'Utri e poi con i collaboratori dell'ex ministro di Giustizia Clemente Mastella (che li respinge però al mittente).
Ma quando dal mondo della politica non arrivano risposte e la situazione diventa sempre più delicata, Micciché esplode: «ho bisogno assoluto che tu o Totò (Antonio Piromalli, ndr) parliate immediatamente con l'avvocato perché mi deve dare dei consigli... va a trovarlo a Genova... o dove cazzo sia... parlatene subito perché io devo fare un'altra strada sennò siamo fottuti».
marco menduni