IERI MATTINA dalla filiale savonese della Banca
d'Italia è iniziato il trasloco di arredi, materiali
e suppellettili. Tra una settimana esatta - venerdì
26 settembre - chiuderà definitivamente i battenti,
dopo quasi un secolo e mezzo di onorato servizio per
la città e la provincia. I ventuno dipendenti
saranno ricollocati altrove.
Il territorio perderà un riferimento e un presidio
importante (in provincia sono 186 gli sportelli
bancari attivi, per una concentrazione tra le più
alte d'Italia). E, nel cuore della città
ottocentesca, resterà libero ed in vendita un
edificio prestigioso per collocazione e dimensioni:
6.500 metri quadrati che la Banca d'Italia ha
valutato 24 milioni di euro.
Il grande palazzo umbertino che chiude il lato sud
di piazza Mameli, al civico tre, soprattutto in una
fase di grande trasformazione della città, fa gola a
molti: a cominciare dagli stessi istituti bancari
(si è detto a più riprese di un interessamento della
Cassa di Risparmio di Savona) e assicurativi.
Peraltro, com'è noto ormai da tempo, il Comune di
Savona è in possesso di atti notarili stipulati
quando fu autorizzata la costruzione dell'edificio,
attraverso i quali gli amministratori dell'epoca si
assicuravano l'acquisizione del palazzo al
patrimonio pubblico comunale nel caso la Banca
d'Italia avesse lasciato Savona.
Atti che fissavano anche il pagamento dovuto, nel
caso, alla stessa Banca d'Italia: cifra che - con le
dovute rivalutazioni - si aggirerebbe oggi, secondo
alcuni calcoli, intorno al milione di euro. Insomma,
l'ente pubblico ha in mano carte che potrebbero
assicurare alla collettività un affare d'oro, ancora
più importante in una fase di grandi sacrifici per i
bilanci degli enti locali, ai quali Roma sta
imponendo tagli quasi selvaggi e in un quadro nel
quale l'amministrazione Berruti ha scelto comunque
la strada di non aumentare la pressione fiscale e di
preservare, come primo obiettivo, la spesa sociale.
La situazione è ancora molto fluida ed il destino
dell'edificio, dunque, tutto da scrivere. Ma, nel
frattempo, il Comune sembra deciso a muoversi sul
piano delle certezze. Infatti, sul sito internet di
Palazzo Sisto è stato pubblicato nei giorni scorsi
l'affidamento di un incarico all'avvocato Cristina
Rossello - ha studi a Milano, Roma e Bruxelles ed è
considerata un luminare di diritto amministrativo -
per studiare e sviscerare tutti gli aspetti tecnici
delle carte in possesso del Comune. Proprio perché
di questione amministrativa e non politica si
tratta, di fronte ad atti vincolanti per l'interesse
pubblico.
«Il Comune di Savona - è scritto nella determina
dirigenziale firmata dal segretario generale Michele
Pinzuti lo scorso 22 luglio - verrebbe a ricavare
dal positivo riscontro dell'operazione un risultato
economico-gestionale decisivo rispetto al futuro
della propria azione a beneficio della comunità
locale».
An. Gran.
Palazzo umbertino
costruito dopo il 1860 |
la storia |
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L'EDIFICIO di piazza Mameli è
stato realizzato nella seconda
metà dell'Ottocento. È finito
subito, nel 2007, nel piano dei
tagli varato dal governatore
Mario Draghi. Un piano che ha
previsto la chiusura di 59 delle
97 filiali presenti in tutta
Italia. Non solo: Savona è
entrata nella fascia delle
filiali destinate alla chiusura
più rapida. E a nulla sono valsi
gli interventi delle istituzioni
locali per far cambiare idea
agli uomini di via Nazionale.
D'altronde, per Bankitalia, il
taglio delle filiali significa
recuperare efficienza, ma anche
poter disporre di un
"tesoretto", valutato
complessivamente 429 milioni di
euro. Savona, tra tutte, è una
delle più antiche, più grandi e
di maggior valore. Costruita
dopo il 1860, di più antiche ci
sono solo le sedi di Siracusa,
Ferrara, Macerata e Parma.
Mentre è la quarta per valore
commerciale (24 milioni). Cifra
destinata tuttavia a scendere
moltissimo se il Comune potrà
far valere i suoi diritti.
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