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Ciclone Teardo/ Perché andiamo in vacanza fino a settembre

“La vie en rose”

di politici,imprenditori, banchieri

Nulla è cambiato, se non patrimoni e ricchezze. Il pianto dei poveri. Il silenzio, imbarazzato, delle gerarchie ecclesiastiche.

                                       

                                 di Luciano Corrado


Alberto Teardo

  Savona – Correva l’anno 1983… Trucioli Savonesi, con 31 puntate alle spalle, ha cercato di raccontare cosa accade all’epoca di Alberto Teardo, presidente della Regione Liguria. Aspirante vice ministro nel governo di Bettino Craxi.

Da cronisti e testimoni possiamo dire che non fu il periodo più nero della storia politica ligure e savonese. Quei personaggi non erano i “peggiori”, nonostante lo spaccato offerto dalle cronache giudiziarie.

Non è difficile intuire i dispiaceri che può causare la rivisitazione di quelle pagine di storia. Soprattutto ai protagonisti, ai famigliari, agli amici.

Con l’approssimarsi di agosto, sospendiamo, fino a settembre le puntate. Il materiale d’archivio non manca per continuare.

Ci salutiamo, con un arrivederci, pubblicando una pagina de Il Lavoro di quell’anno “indimenticabile” per la Liguria, con l’esplosione dello scandalo Teardo, ma anche del Casinò di Sanremo (vedi….).

Ci salutiamo con un arrivederci, mentre nelle librerie va a ruba il libro di Marco Preve e Ferruccio Sansa, “Il partito del cemento”. Tutto da leggere e riflettere.

Che dire se non un “libro all’anno”, di questo tenore, servirebbe a tenere accesi i riflettori sulla “piaga delle piaghe” che ha distrutto la risorsa turistica della terra ligure, dei liguri, dei savonesi, degli imperiesi.  Ad iniziare dal patrimonio ambientale, dalla vivibilità dei suoi spazi usufruibili.

Marco Preve e Ferruccio Sansa non potevano, ovviamente, raccontare tutto di tutti. Mancano molte pagine degli avvoltoi e dei loro amici. Di tutti gli speculatori dalla “vita breve”: comprato, gestito, messo in liquidazione o sciolto la società. Che hanno dichiarato di aver venduto a 100 dove hanno realizzato mille. Che hanno rapinato e poi esportato fuori Regione il bottino. Che hanno contribuito a quel fenomeno che l’indimenticabile collega de La Stampa e alassino d’adozione, Mario Fazio (fu presidente di Italia Nostra), definiva “falso sviluppo”. E con lui Camilla Cederna.

La spartizione della “torta” è avvenuta nella diffusa impunità, nella carenza-assenza cronica di controlli. Se non sporadici ed isolati. Nella quasi certezza di farla franca. Nell’omertà e nella paura come ricordava Antonio Ricci per il “caso torri di Albenga”. Nella connivenza di tanti e di troppi. Nell’interrogativo a chi lasciare il “cerino acceso” di un turismo (a ponente) sempre più allo sfascio, alla ricerca di responsabili senza volto e nome. Con un goffo palleggio di responsabilità. Alla ricerca quasi disperata di un capro espiatorio.

I colleghi Preve e Sansa hanno semmai peccato di prudenza, di ottimismo scrivendo che una “colata di cemento sta per abbattersi in Liguria”. No, coraggiosi colleghi (con pochi altri), la colata c’è già stata. Ha già deturpato, distrutto, sconvolto, impoverito ed arricchito, manca soltanto la resa dei conti, in attesa di alluvioni o di crisi ancora più accentuate sul fronte economico mondiale.

Il direttore del Secolo XIX, Lanfranco Vaccari, forse si è reso conto in ritardo e non solo lui, verso quali “lidi” approdasse la Liguria, con i suoi massimi rappresentanti politici ed istituzionali.

Come confermano una serie, tutta da incorniciare, di commenti al vetriolo.

L’ultimo è del  9 luglio 2008. In un passo scrive Vaccari: <…E’ francamente eccessivo, tuttavia, assistere all’inusitato spettacolo di un ministro della Repubblica che istiga un rappresentante delle istituzioni a violare le leggi dello Stato. Si può solo sperare che Claudio Scajola non sapesse di che cosa stava parlando>. Altro passo: <…Un’intemerata del genere (con Claudio Burlando in solerte appoggio) è un preoccupante sintomo dello stato confusionale in cui versa la politica italiana, che vacilla perfino sulla salvaguardia della legalità…>.

Vaccari accenna ad un “disperato bisogno di legalità”.

Il “partito del cemento” è il monumento massimo, finora scritto in Liguria, dell’illegalità urbanistica.

Dei piani regolatori su misura, delle varianti ad hoc. Della miopia dei “professionisti della politica” e di chi osanna.

I giornali indipendenti potrebbero avere la forza, come accade per il “mini-scandalo di mensopoli” di documentare chi sono i soliti, fortunati vincitori alla “roulette” della planetaria (con rare eccezioni) “rapallizzazione” ligure.


Marco Preve

Ferruccio Sansa

Come ieri, è rimasta la stessa, più vorace ancora, perché rende di più. Investi 5 ed ottieni 500. E paghi pochissime tasse.

Raccontarci non i metri cubi costruiti (che errore, anzi un favore, cari Preve e Sansa), ma il numero dei vani abitabili, il numero delle mansarde e dei vani abusivi che nessuno ha mai censito e controllato, le ville e villette in zone agricole, gli standard urbanistici che sulla carta descrivono una realtà totalmente falsa, bugiarda, irreale.

Con la Regione, le Province, i comuni spettatori o giullari. Con strade provinciali e comunali che diventano torrenti, alle prime piogge, perché nessuno ha provveduto ad imporre scarichi ed incanalamenti di acque piovane, mentre si è cementizzato all’inverosimile.

Neppure lo spaccato de “ Il Partito del cemento” ha potuto elencare quelle decine di società che hanno guadagnato somme ingenti, quei progettisti che vanno sempre per la maggiore facendo incetta di progetti e direzione lavori, quel popolo di agenzie immobiliari che ha superato di gran lunga il numero di esercizi alberghieri che rappresentavano una fonte di lavoro per centinaia di famiglie, soprattutto per i dipendenti.

La legge “salvahotel” è arrivata a “stalle vuote” e comunque non si può pensare che siano solo i proprietari di immobili alberghieri a pagare errori e scelleratezze. La fuga degli ospiti stranieri che non amano il caos, il sovraffollamento, semmai la tranquillità e le oasi vere.

Quelle centinaia di mini imprese che hanno preso subappalti e poi sono “sparite” lasciando buchi anche all’Inps, all’Inail, a creditori fiduciosi.

Quei terreni agricoli sempre più bruciati da vertiginosi prezzi che hanno toccato i 450 euro il metro quadrato (per il fisco 50 o addirittura 17). L’incentivo, di fatto, alla  continua “fuga dai campi” per le giovani generazioni.

Tutto questo mentre leggiamo su L’Espresso dei graziosi omaggi da 50 mila euro che san Berlusconi elargiva ad un’avvenente presentatrice, moglie separata di uno 007. Nell’epoca in cui, tra l’altro, la commissione parlamentare sui servizi di “intelligence” era presieduta dal nostro Claudio.

Tutto questo mentre il nostro entroterra, decantato ed osannato a parole, sta continuando a morire, da decenni. Con la chiusura degli ultimi (già pochi) alberghi, spogliato dei negozi, delle vitali attività commerciali.

Discorso che vale per l’imperiese, il savonese, il basso cuneese. Non conosciamo la realtà di altre zone della Liguria e del Piemonte.

Tutto questo mentre cresce chi “deve davvero tirare la cinghia”.  Chi non riesce ad arrivare più a fine mese dopo aver lavorato una vita. Senza ville e senza yacht. Senza seconda e terza casa. Senza figli che possono godersi la “dolce vita”.

 Sono finite le vacche grasse, dirà qualcuno, ma non per i soliti noti. Protagonisti citati e non citati da Preve e Sansa di quel gruppo parassitario  che continua a raccogliere il voto popolare.

Anche e soprattutto per colpa  della “libera” informazione.

Luciano Corrado