TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni Ciclone Teardo/ Puntata (n.31) riservata a chi non detesta documentarsi
Quando un giornale
informava i lettori
Pubblichiamo tre pagine del Secolo XIX: 1981-1985-1987.
Con i protagonisti, gli annunci, le smentite (la prima
lettera scritta dal legale di Teardo, presidente della Regione), il
percorso della giustizia. Condanne, lacrime, assoluzioni, abbracci,
foto. Inoltre,
personaggi paralleli e storie di corruzione (?) tra consiglieri
comunali. Fece allora scalpore Albenga, con Gianfranco Sasso e
Antonino Furfaro. Oggi
il “far politica” è cambiato?
La palestra
offerta da Trucioli Savonesi ci consente tuttavia di dare vita alla
bozza di un futuro libro, da scremare o arricchire, quando si
tratterà di mettere insieme il testo definitivo. Con alcuni
“segreti” davvero inediti come già accennato. I lettori
possono restare disorientati, non avendo seguito per nostre
difficoltà operative, un ordine cronologico degli eventi.
Speriamo di non deluderli e chiediamo, come si suol dire, la
loro comprensione. La nuova puntata percorre tre fasi, tre periodi, che raccontiamo ancora una volta lasciando la parola agli articoli che, all’epoca, furono pubblicati dal Secolo XIX.
27 ottobre
1981
– Nella cronaca nazionale (allora Regione), a cinque colonne di
taglio centrale il titolo “Il presidente della Regione risponde
sugli esposti alla Procura di Savona”. “Alberto Teardo interviene
tramite il suo legale”. Eravamo agli
esordi. Solo tre persone conoscevano cosa stava bollendo in pentola.
Uno era Renzo Bailini, gli altri due lo riveleremo con la
stesura del libro. C’era una sola persona di cui ci si poteva
fidare, per il suo ruolo, in quella che appariva un’impresa
titanica. Era il giudice Tonino Petrella.
E la sua prima mossa, determinante per le sorti
dell’inchiesta fu quella di rifiutare l’archiviazione dell’indagine
sui finanziamenti al “Savona-Calcio”. Era soltanto l’inizio, pieno
di difficoltà. Bailini e le altre due persone erano al
corrente di cosa stava rappresentando l’ascesa del teardismo. Si presentava,
invece, un’impresa titanica mettere insieme quello che poi
realizzarono i giudici Michele Del Gaudio e Francantonio
Granero, col team di ottimi investigatori. Il loro lavoro,
l’impegno dello Stato (presidente della Repubblica, Sandro
Pertini) fu poi in parte andato dissipato con la “Teardo bis”
e di cui ha parlato sinteticamente, ma sufficientemente chiaro,
Del Gaudio intervistato lo scorso mese di giugno da Trucioli
Savonesi (vedi…). Tornando al
titolo del Secolo XIX e al testo della lettera (vedi….) l’avvocato
della prima ora di Teardo, Silvio Romanelli, spiegava cosa
era il Cad 1 e
Cad 2 (si ricordi, a proposito, la lettera pubblicata dal
Secolo XIX dell’avvocato Carlo Trivelloni, grazie a
Camillo Arcuri e gli articoli di Paese Sera di Ennio
Remondino). Teardo
pretendeva le scuse pubbliche del giornale, la punizione del
giornalista (Luciano Corrado) che aveva “osato”. La coraggiosa
direzione e lo staff del Secolo XIX, pur con qualche distinguo,
rispose per le rime: <Per quanto riguarda la pretesa di scuse a
Teardo – fu la
risposta -, pena la minaccia di presentare querela (cosa che
avverrà poco dopo per un successivo articolo ndr) la richiesta ci
sembra eccessiva….Possiamo solo augurarci che la “facile profezia
del legale” (“.. le
notizie scritte sono false e mendaci, ha leso l’onore del mio
assistito…) si avveri al più presto…>.
27 ottobre 1981- Sulla stessa pagina, di quel giorno, per ironia di una sorte quasi grottesca, Il Secolo XIX e lo stesso cronista del “caso Teardo” descrivono una vicenda esemplare dell’allora costume politico. Visto le sorti finali, ci limitiamo a porre l’accento sulla “morale politica”. Sarà la storia, come ci sforziamo di fare, a giudicare. Il titolo: <Condannato ad un anno e tre mesi il consigliere comunale di Albenga accusato di corruzione di un collega. Gianfranco Sasso, ex consigliere del Psi, ed ora indipendente, era accusato di aver cercato di comprare il voto di un consigliere comunista, Antonino Furfaro. Concesse le attenuanti generiche”>.Oggi Sasso pare
sia un “ascoltato” suggeritore di Forza Italia. Giudicato tra i
politici con maggiore fiuto dell’albenganese. Con alterne fortune,
anche in campo economico ed edilizio.
(vedi articolo n. 2 del Secolo XIX).
10 agosto
1985
–
A poco più
di due anni dai primi arresti, alla pronuncia della sentenza di
primo grado, ecco come si presentava il panorama di quei giorni.
Un’intera pagina del Secolo XIX (vedi in ordine i 6 articoli…).
Primo titolo: <E dietro l’angolo c’è la Teardo-bis. Un nuovo pesante
interrogativo incombe su molti personaggi rimessi in libertà a
Savona>. In realtà, con
la partenza di Granero e Del Gaudio, “indotti” a
lasciare, non accadde più nulla. Nessuno, tra l’altro, ho potuto o
saputo ricostruire la sorte dei vari fascicoli. Una vicenda che
avrebbe meritato quantomeno la piena conoscenza, l’informazione.
Nulla, tabù. L’altro
articolo della pagina era riservato agli assolti, agli abbracci:
Mauro Testa, Lorenzo Bottino (sindaci di Albenga e Finale), e
Roberto Bordero. Poi la cronaca di Silvano Balestreri su
“L’ex presidente regionale è tornato libero nel primo pomeriggio di
ieri. Ha lasciato il carcere salutando i guardiani ed in casa ha
ammesso solo gli amici fidati”. E ancora “Caviglia (assolto
con formula piena) che dice “Continuerò a fare politica”. (vedi….)
10 dicembre
1987-
Siamo alle
battute delle requisitoria della pubblica accusa con Michele
Marchesiello, davanti alla Corte d’appello a Genova. I gradi
giudizio, lo ripetiamo furono quattro (Savona, Genova, Roma, Genova
dove si concluse la Teardo 1 per la rinuncia ad un nuovo appello,
sull’imputazione mafiosa, del procuratore generale). Il titolo:
<Predoni, voraci come tèrmiti>. E ancora: <Iacp, è stato un
affare da 33 milairdi, il dieci per cento finito in tangenti>. (vedi….). Leggere quegli atti, certi passaggi, è a volte istruttivo, come quando gli avvocati riuscivano a dimostrare che alcuni assistiti <erano malati gravi e annunciavano frasi ad effetto del tipo “indosso la toga da 40 anni e mi corre l’obbligo di gridare a voi giudici che questo imputato è una vittima innocente>. Persone che poi, per tabula, risulteranno essere cassieri, tenevano il registro del dare e dell’avere in un fienile a Spotorno. Questi sono i
processi, questa è la giustizia in Italia. I malati
“terminali” che una volta liberi grondano di salute. Altri che sono
riusciti a nascondere il tesoro, ma dimostrare di non avere né soldi
in banca, né proprietà. Storie che si
ripetono. Di malati gravi nelle carceri, accertati da perizie e
consulenze, sono piene le cronache. Come si concludano quelle
malattie “gravi” nessuno lo scrive. Troppo lavoro, anzi, troppo
rischioso. Luciano Corrado |