TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
BANCHE
ALLA
SBARRA
Dunque, la
Procura di Savona non ha scelto di adottare il comportamento di
benevola sonnolenza che ha in buona parte contraddistinto sinora
l’attività di altre Procure di fronte alle denunce di tanti
cittadini che ad esse si erano rivolti per essere risarciti dei
soprusi subiti dalle banche. Il
casus belli è stato, in
questo caso, la disinvolta applicazione della
Commissione di Massimo
Scoperto (CMS), nonostante la sua dubbia liceità, ma soprattutto
la sua pretesa esclusione dal calcolo degli interessi per
determinarne l’eventuale natura usuraria. Che la CMS sia, di per sé,
una “gabella” discutibile balza evidente se si entra nel merito:
quando la banca concede un fido, oltre agli interessi convenuti si
applica una percentuale extra calcolata sulla punta massima di
utilizzo del fido stesso. In base a quale logica si sia instaurata
questa prassi risulta arduo comprendere; un po’ come il famigerato
20% che le società telefoniche applicavano ad ogni ricarica dei
telefonini, messo poi fuori legge dal decreto Bersani. Un decreto
che ha tentato, senza riuscirvi, di eliminare anche la CMS. Missione
impossibile, specie quando al timone del governo stava una “giunta
bancaria” come quella retta da Prodi, Padoa-Schioppa & Co.
Ma, anche se la
CMS rende annualmente alle banche fior di miliardi, non si tratta
comunque del male peggiore: se solleviamo il coperchio, ci
accorgiamo trattarsi del vaso di Pandora. Saltando a piè pari altri
“mali minori”, come l’anatocismo o le irragionevoli provvigioni dei
fondi d’investimento, che hanno performance perlopiù peggiori di
qualsiasi faidate, il male più grave è rappresentato certamente dal
fatto che le banche prestano ciò che non hanno, e quindi chiedono un
interesse, quale che sia, assolutamente non dovuto, oltre a
pretendere la restituzione di ciò che in realtà non hanno dato.
Quello che potrebbero al massimo chiedere è il pagamento dei servizi
che offrono ai cittadini sotto svariate forme, al pari di qualsiasi
altro ufficio. Al contrario, la concessione di prestiti senza
un’adeguata copertura è un compito che può arrogarsi soltanto lo
Stato, che vanta come garanzia la ricchezza, presente e futura, dei
suoi cittadini; non certo una lobby privata i cui prestiti
equivalgono all’emissione di assegni a vuoto. Eppure, questa
autorità monetaria è stata usurpata secoli fa; e gli usurpatori si
comportano con la sicumera di chi ha in pugno il destino di
un’intera nazione, grazie alla presunta proprietà della sua moneta.
Detto questo,
torniamo alla CMS. Le banche si fanno forza di una circolare di
Bankitalia SpA che ne autorizza la pratica. Quello che rende
assolutamente ridicola questa loro giustificazione è il fatto,
incontestabile, anche se noto soltanto da una manciata d’anni, che
Bankitalia è, appunto, una SpA e che i suoi azionisti, fatta
eccezione per un 5% posseduto dall’INPS, sono, come accennato più
sopra, proprio le banche su cui essa dovrebbe vigilare. Il tanto
vituperato conflitto d’interessi di Berlusconi impallidisce di
fronte a questo, se non altro per il fatto che penetra nel fondo
delle nostre tasche, e vedremo come. Questo legame ombelicale è
stato tenuto rigidamente segreto, per ovvi motivi, finché non è
venuto alla luce come scoperta a latere in un’indagine condotta da
Famiglia Cristiana nei primi anni di questo secolo.
Con il segreto
veniva alla luce anche una grave trasgressione: quella allo Statuto
della Banca “d’Italia” stessa (che d’Italia non è mai stata),
laddove ne imponeva la proprietà esclusivamente pubblica. Come si
poteva digerire il fatto che l’Istituto di vigilanza delle banche,
l’Istituto di emissione del nostro denaro, l’Istituto di Diritto
Pubblico che di tale appellativo si era sempre fregiato,
continuasse imperterrito a svolgere la delicata mansione di
sovranità monetaria, dopo che il bluff era stato smascherato,
rivelando che i nostri soldi erano maneggiati da un club privato? I
governanti, tuttavia, erano troppo presi da altri problemi per
occuparsi di una simile quisquilia. E Bankitalia poté così
continuare indisturbata il suo conflittuale cammino. Finché
qualcuno, forse Bankitalia stessa, a disagio per essere così
platealmente fuorilegge, sollevò il problema e si decise di
risolverlo. Come? Non già rendendo Bankitalia agli italiani, bensì
modificando la norma dello Statuto, e rendendo così legittima la
prassi di illegittimità sino allora seguita. Ciò avvenne il 16
dicembre 2006, pochi mesi dopo l’insediamento di Prodi al Governo e
di Napolitano al Quirinale; ossia dei due firmatari del
provvedimento di legittimazione. Si tenga presente che il Presidente
della Repubblica è, o dovrebbe essere, il supremo custode della
Costituzione: la quale sancisce la Repubblica essere fondata sul
lavoro e ne attribuisce la sovranità al popolo.*
Ora, è fuor di dubbio che la sovranità monetaria è la base su
cui può prosperare o languire ogni attività della nazione, insomma
il frutto del lavoro di tutti. Trasferendo questa sovranità dal
popolo, e cioè dalla Repubblica, ad una lobby di banchieri privati,
si violano in un sol colpo i due suddetti principi costituzionali:
centralità del lavoro e sovranità popolare.
I guasti di
questa abdicazione dei due Capi, dello Stato e del Governo, non si
sono fatti attendere, grazie anche alla capitolazione di precedenti
vertici istituzionali all’abbraccio soffocante della moneta unica
europea: tagliata su misura per il marco tedesco, non già per la
lira italiana. Oggi ci troviamo così ad essere governati da una
“Repubblica delle Banche” **,
le quali ultime si appropriano di tutta la ricchezza prodotta dal
lavoro degli italiani, incassandola sotto forma di “prestiti”,
definiti successivamente “debito pubblico”. E la BCE, dall’alto
della sua torre, ci rimprovera per non essere abbastanza bravi a
pagarle una media di 80 miliardi l’anno di interessi su foglietti
colorati di varie pezzature denominati “euro”, stampati dalla sua
tipografia e poi addebitatici come fosse oro colato. Che lavoro ha
fatto la BCE per produrli? Nessuno. Che lavoro deve fare lo Stato
italiano per ripagarli in Titoli del Tesoro? Quello di tutti gli
italiani che lavorano per pagare le tasse, ossia i tassi sul debito
pubblico che la BCE medesima, ossia la destinataria degli stessi,
stabilisce a suo insindacabile arbitrio.
Ma forse una
nuova stagione si sta aprendo; e finalmente nei tribunali i tipi in
doppiopetto e cravatta, che hanno sinora folleggiato sul lavoro
degli altri, ci sfileranno in misura maggiore di tanti poveracci che
ci finiscono per motivi legati all’impossibilità di far fronte agli
impegni con le banche: ieri per l’auto o una vacanza, oggi per beni
di prima necessità, i cui prezzi galoppano ben più dei loro magri
introiti. Non solo a Savona, ma anche a Milano, per non dire di New
York, le banche non dormono più sonni tanto tranquilli. Ma non, si
badi, grazie a provvedimenti legislativi (Berlusconi ha altre
priorità per la testa), bensì a seguito di esposti e denunce di
persone truffate.
Intanto, gli
eurocrati di Francoforte, con Jean Claude Trichet in testa, frustano
gli italiani a lavorare di più e senza aumenti salariali (quando in
realtà salari e stipendi sono diminuiti o scomparsi, grazie alle
porte aperte ai mercati asiatici), onde “combattere l’inflazione”.
Insomma, se guadagna di più un operaio, un impiegato, un precario,
ciò comporta inflazione. Se invece salgono le tasse (per pagare le
banche) l’inflazione scende. Ingegnoso, no? Ma, per colpa di leggi
varate da nostri governanti senza nessuna consultazione popolare, di
fronte ai diktat dell’Eurotower possiamo solo “obbedire e tacere”.
Un binomio che evoca tempi lontani; ma oggi, per giunta, il duce è
straniero: francese germanizzato. E medita nuove strette monetarie,
che ci sveneranno ancora di più, già dal prossimo mese. Il collasso
della nazione per anemia non è così lontano.
Marco
Giacinto Pellifroni
29 giugno 2008
*
Scrissi a Giorgio
Napolitano una lettera nel gennaio 2007, per allertarlo su questo
tema, ricevendo come risposta il silenzio.
**
Elio Lannutti, “La Repubblica delle Banche”, Arianna Editrice, 2008,
uscito in questi giorni.
P.S. Questo
articolo era stato scritto per la pubblicazione su Trucioli del 29
giugno, ma ciò non fu possibile per un errore nella trasmissione in
redazione via e-mail. Voglio qui aggiungere un commento a quanto
successo nella settimana intercorsa, durante la quale Trichet ha
alzato il tasso di sconto di un quarto di punto con la previsione di
ulteriori rialzi. Auguri ai mutuatari.
Dal canto suo,
Mario Draghi ha esortato il governo: (1) a ridurre il carico fiscale
e (2) il debito pubblico. Due manovre di cui l’una esclude l’altra.
Buona parte delle tasse, infatti, il governo le preleva proprio per
ridurre il c.d. debito pubblico e per pagarne gli interessi (ossia
per pagare le banche stesse, Bankitalia in testa). Draghi dovrebbe
avere la pazienza di spiegarci come si possono fare entrambe le
cose: pagare di meno e insieme pagare di più all’unico collettore
dei nostri sudati risparmi: la cupola bancaria.
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