TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
Uno studioso scrive a Trucioli Savonesi e invita a cambiare
strategia, a non ripetere errori
RIQUALIFICAZIONE DEL TERRITORIO:
DENUNCIARE NON BASTA!
<Come è difficile informare quando si è messi al bando dai
media>. Ecco cosa propone
Mi dispiace che il mio intervento abbia indotto
il dott. Paolo Franceschi ( un amico di cui apprezzo molto il lavoro
di documentazione e che ben conosce me ed il mio operato ) ed altri
ad attribuirmi una sottovalutazione della preziosa opera di
informazione sua e dei suoi colleghi. Basterebbe rileggere i primi paragrafi del testo
incriminato per convincersi del contrario, credo.
Spero che criticare un comitato non sia considerato riprovevole come
sparare sulla Croce Rossa:
se però non sono stato chiaro, preciso nuovamente che non contesto
affatto chi si occupa di
informare la popolazione su tutto ciò che il sistema ufficiale
dei
media non consente di
divulgare ( tra cui anche le drammatiche conseguenze
dell’inquinamento da combustione ). Ammiro quanti hanno il coraggio
e la costanza di proseguire in quest’azione meritoria ( si pensi
anche a B.Grillo ) ma, come mi pareva di aver spiegato nel mio
testo, per me questa
è solo una parte dell’opera necessaria.
Un’altra consiste nel
ricercare soluzioni ai problemi ( o, meglio, di come evitarli ),
per eliminarne le cause
dopo un’attenta analisi che permetta di riconoscerle, e la terza è
la definizione delle strategie per
applicare localmente le soluzioni prescelte. Sono convinto che
senza le altre parti anche la prima rischi di essere
sprecata. Purtroppo.
Ricorrendo ad un paragone sanitario, la
descrizione delle malattie e delle loro cause può avere finalità
didattiche o di prevenzione, ma per guarire quando si è in fase
acuta è necessario applicare le opportune terapie e rimuovere le
cause. O no? Ricordando anche il celebre motto di L.Einaudi
“Conoscere per decidere”, se è vero che decidere senza conoscere è
impensabile, mi pare altrettanto vero che limitarsi a conoscere e
non arrivare a decidere sia inconcludente.
Ribadisco quindi che credo sia sempre necessario proporre qualche
traccia di soluzione dei problemi, giustificandone la scelta con la
stessa accuratezza con cui si documentano i danni,
contemporaneamente all’opera di informazione ( o meglio di
controinformazione ) e non dopo.
Questo ha anche un altro scopo importante: non generare solo rabbia
e rassegnazione negli ascoltatori ma suscitare in loro anche la
speranza di un futuro
migliore. Senza la quale tutti saremmo indotti non alla rivoluzione
ma al suicidio di massa, come i
lemmings.
La mia evidente esasperazione attuale deriva dall’aver assistito
negli ultimi anni alla proliferazione nella nostra provincia di
numerosi comitati dediti prevalentemente alla
denuncia di situazioni sgradite ( per limitarci alla nostra zona: la
cementificazione della costa, l’ipotizzata “piattaforma” vadese, la
gestione dei rifiuti, la filiera del carbone, ecc. ) o ad isolate
azioni di contrasto ma purtroppo senza veder emergere qualche
progetto alternativo originale. Si sono susseguiti numerosi convegni
in cui si è analizzata da più punti di vista la situazione locale ma
di solito ci si è limitati ad invocare migliorie e solo in pochi
casi ( tra l’altro anche con miei interventi ) sono state presentate
proposte concrete che cercano di tradurre in pratica i desideri di
molti di eliminare le cause di criticità che affliggono la nostra
provincia.
Oggi sono francamente deluso dai risultati di tutto questo impegno.
Come altri, mi pare.
Da qui la mia affermazione che
denunciare non basta. E
la ribadisco.
Senza negare per questo la validità di dati presentati o sminuire
l’opera dei divulgatori.
La mia critica quindi è rivolta non all’impegno o agli obiettivi ma
al
metodo di lavoro di tutti
quelli che definisco sinteticamente “scontenti" ( non solo gli
anti-inquinanti ) che non riescono ad evolvere dalla
contestazione ( per quanto giustificata e lodevole ) alla
progettazione di alternative efficaci. La mancanza di competenze
specifiche o di risorse non può essere un limite: lo è invece
l’incapacità di riunirsi ( pur senza tentazioni assemblearistiche )
per osservare la situazione con una visione di sistema che,
evidenziando le cause comuni di molti problemi, conduca alla
individuazione di soluzioni generali ed alla loro sintesi in un
piano strategico, di cui poi
ciascuno assumerà la propria parte di responsabilità. Purtroppo
diffidenza, pregiudizi, inesperienza metodologica, scarsa competenza
specifica, autoreferenzialità o mummificazione ideologica hanno
finora impedito a molti insoddisfatti sparsi in provincia di
aggregarsi per
concepire,
discutere,
condividere e
realizzare un progetto
comune di evoluzione.
Altrettanto pernicioso è concentrare la propria attenzione su un
solo problema, o su un unico aspetto di un problema, ed occuparsene
senza coordinare la propria azione con quella di altri.
Procedere in ordine sparso è - secondo me - un modo ottimale per
condannarsi all’inutilità.
La mia critica è rivolta anche a ciò che resta dei
partiti, le aggregazioni di cittadini a cui la Costituzione assegna
un compito importante nell’orientamento delle decisioni che
riguardano la collettività. L’attuale spettacolo delle risse
intestine, delle operazioni di cosmesi con finalità elettorali,
delle
riaggregazione di vecchi politicanti in nuove confraternite, ecc.
lascia dubitare della loro capacità di elaborazione intellettuale e
di dibattito necessarie per concepire strategie innovative e
risolvere problemi impellenti. Ridipingere la facciata non basta per
essere credibili.
Le mie domande sono quindi sempre le stesse: quando la popolazione
accuratamente informata e sensibilizzata decidesse che è arrivato il
momento di agire, che cosa dovrebbe succedere? Un nuovo “tumulto dei
Ciompi”? Qualcuno non dovrebbe intanto occuparsi di come migliorare?
Chi? Sempre imprecisati “altri”? Magari coloro che occupando oggi
posizioni di potere ( finanzieri, imprenditori, magistrati,
politicanti ) sono gli stessi responsabili della situazione?
Da loro ( che definisco sinteticamente i “cattivi” ) si andrebbe a
mendicare la condiscendente approvazione alla nuove proposte
formulate? Tutto ciò è davvero credibile?
Oppure occorre un completo cambiamento di prospettiva ed un’altra
strategia?
Se ognuno ha un proprio compito, io, essendo un consulente di
strategie ( in particolare per la riqualificazione territoriale ),
ho deciso di dedicare un po’ del mio tempo all’elaborazione di un
piano strategico per l’evoluzione della nostra provincia che
consideri tutti i problemi presenti.
Forse ho anticipato troppo i tempi, ma ben sapendo di non essere né
il Grande Taumaturgo né il depositario della verità ( lascio ad
altri soloni queste convinzioni ), non mi sono spocchiosamente
isolato ma anzi ho invitato fin dall’inizio a partecipare al
complesso lavoro di elaborazione ( da me iniziato spontaneamente con
alcuni amici nel 2002 ) quanti volessero e se ne sentissero capaci.
Mi sono rivolto ovviamente prima di tutto alle varie realtà
istituzionali e poi ai membri a me noti di associazioni e comitati
di
scontenti presenti in provincia. Tranne rare eccezioni, non posso
dimenticare che le reazioni alla mia offerta sono state ( e
continuano ad essere ) o di sussiegosa indifferenza o di sospetto o
addirittura di avversione, non solo da parte dell’establishment ( ci
si chieda – per esempio - perché non ho mai trovato spazio sui media
locali ) ma anche da parte di chi ha voluto interpretare il
risultato del mio lavoro come una imposizione ( di che cosa non so,
dato che sono uno sconosciuto che non ha alcun potere di
condizionare chicchessia ) o di partitini preoccupati del proprio
minuscolo serbatoio elettorale o dei soliti gruppuscoli
autoreferenziali o di chi coltiva inconcludenti visioni
movimentistiche.
Ho voluto comunque dare un esempio. Il mio può apparire un atto di
grande presunzione, ma in realtà deriva dall’affetto per la nostra
comunità e dal desiderio di arrivare a risultati concreti.
Attorno a me si è poi raccolto spontaneamente un gruppo informale (
ovviamente apartitico, asessuato, atossico, apiretico, … ), senza
atti costitutivi, senza gerarchie interne, senza necessità di
bilanci o atti burocratici, senza pretese di visibilità, senza
sponsor occulti ma con un unico obiettivo: fornire alla comunità
locale non sequenze di parole ma un piano strategico realizzabile,
alternativo sia a quello istituzionale sia a quello effettivo del
clan di feudatari locali.
Pochi altri gruppi
( ARE Vallebormida, Amici di B.Grillo, WWF ) hanno avuto il coraggio
di partecipare attivamente al processo di elaborazione creativa, che
continua tuttora: così è nato SAVONADOMANI,
un progetto-cornice che,
partendo dall’analisi delle caratteristiche geomorfologiche e
socio-culturali del nostro territorio, cerca di individuarne le
potenzialità ancora inespresse. Non solo gestione di energia e di
rifiuti, ma anche agricoltura e nutrizione corretta, tutela
preventiva della salute e valorizzazione dell’identità sono i temi
principali, declinati attraverso i settori della ricerca, della
produzione sostenibile e del turismo intelligente. Non solo: poiché
l’arco temporale previsto per la completa realizzazione - trent’anni
- non va confuso con il momento iniziale delle operazioni, qualcuno
ha anche già avviato attività ispirate dal progetto con buoni
risultati ( diversamente da molti pittoreschi parolai locali ). Come
si vede si è andati ben oltre la lotta all’inquinamento ed alle sue
cause ( senza tuttavia dimenticarsene ) e spiace constatare come chi
critica un lavoro spesso non ne conosca davvero contenuti ed
obiettivi.
Il nostro rappresenta certamente un diverso modo di operare rispetto
a chi si dedica ad organizzare convegni, manifestazioni, raccolte di
firme in calce all’appello del momento o a chi cavalca il disagio
mendicando voti. Non mi stupisco perciò se il mio invito alla
collaborazione per arrivare ad un progetto condiviso possa apparire
ad incorreggibili dietrologi come un tentativo di indurre tutti i
gruppi alla fusione in un super-gruppo di cui io pretenda di essere
il leader ( il Grande Puffo? ), magari con obiettivi elettorali,
oppure – ancor peggio - che tutto sia una subdola opera di
provocazione ispirata da forze occulte ( Gargamella? ).
Dovrei esplodere in una sonora risata: chi mi conosce e collabora
con me sa che nulla è più lontano dalla verità. Invece sorrido
amaramente pensando a quanto sia difficile liberarsi da costrizioni
mentali. Chi ha la coda di paglia evidentemente è portato ad
attribuirla anche ad altri. Ma è altrettanto curioso ritenermi il piazzista
di qualche prodotto aziendale: quale sarebbe? Da decenni faccio il
consulente ( ripeto: per strategie di riqualificazione territoriale,
non solo per la gestione di energia ) ed ormai sono più uno studioso
che un professionista: le soluzioni che suggerisco sono sempre
multiple ed estranee a logiche commerciali. Forse sentendomi parlare
del progetto KITEGEN di M.Ippolito, che non è una mia ossessione ma
un geniale modello concettuale ( come il progetto ARCHIMEDE di
C.Rubbia ), l’inesperto lo confonde con un impianto da collocare
chiavi-in-mano sul mercato: basta informarsi per accorgersi che non
è così.
Non ancora, purtroppo.
Domando però: di fronte ad un problema, ha senso impedirsi una
scelta fra diverse soluzioni nel timore di compromettersi se si
favorisce una od un’altra opzione?
Ripeto che denunciare è facile, risolvere i problemi molto meno.
La documentazione di cause ed effetti di problemi sensibili è
necessaria e colpisce al cuore l’ascoltatore, mentre un progetto
tecnico-strategico fa appello alla ragione ed intimorisce chi non
abbia le competenze per comprenderlo.
Ma cuore e ragione debbono comunque integrarsi per poter agire
efficacemente.
Sono convinto che la
situazione della nostra provincia possa cambiare non se si
riduce un po’ la massa dei fumi emessi da una centrale
termoelettrica o la dimensione di un molo di sbarco per contenitori,
oppure edificando qualche palazzo
a filo d’acqua
o magari parassitando torme di croceristi in transito, ma
solo se si modifica integralmente il modello di sviluppo (
azione tecnico-culturale ) e
se si sostituisce il sistema di potere locale ( azione politica
). Ognuno è libero di coltivare le proprie
illusioni, ma credo che se ci si limiterà a moltiplicare comitati o
a riassemblare avanzi di partiti avvizziti e non si comincerà a
progettare insieme il futuro ( nei due aspetti sopra indicati ),
tutta la buona volontà e le energie impegnate da molte brave persone
saranno state sprecate e finiremo sepolti con le nostre denunce ed i
nostri progetti. Magari sotto mucchi di carbone, cataste di
containers o colate di cemento, che i “cattivi” intanto ci avranno
imposto. Oppure sottoterra, soffocati da polveri più o meno sottili.
Il frutto del mio lavoro si può pure buttare alle ortiche:
qualcun’altro saprà certamente fare meglio di quanto ho fatto io (
lo spero: finora non ne ho avuto notizia ). Ma si faccia presto. Anch’io ho un sogno, che sto cercando di
realizzare. Non coltivo purtroppo la nobile arte della
diplomazia, ma mi piacerebbe se si potesse discutere tutti insieme (
“cattivi”, “scontenti”
e “creativi”
) di Scuola di Naturalità, del sottoprogetto SAVADO, di innovative
proposte per Ferrania, di UNIVERSAVONA, di gestione di rifiuti, di
ecosocialità, del
sottoprogetto PRIAMÀR & FUTURO, ecc. ( questo ed altro si trova in
SAVONADOMANI, il cui dossier
informativo sintetico è pubblicato a puntate su TRUCIOLISAVONESI )
nonché delle presumibili meravigliose proposte di tanti ingegni
nascosti savonesi, per scoprire se siamo solo in grado di produrre
collezioni di stupidaggini oppure se questo può essere l’inizio di
un percorso risolutivo per la nostra comunità. E magari si potrebbe
parlare anche di nuova politica,
intendendo il vocabolo in senso etimologico e non come tentativo di
risuscitare vecchi paradigmi o rivitalizzare qualche
zombie. Non vorrei invece che la fragilissima rete di
relazioni fra scontenti e
creativi che stava
cominciando a strutturarsi per condividere il nuovo progetto di
evoluzione della nostra provincia, rischiasse di essere distrutta da
assurde polemiche fratricide ( che non mi interessa attizzare ). Attenzione: i
cattivi - che intanto marciano compatti - non aspettano
altro. P.S.:
ricordo ai distratti che tracce del progetto SAVONADOMANI si possono
trovare in numerose testimonianze orali a partire dalla fine del
2002 ed in resoconti di convegni ( Cairo Montenotte-2006,
Valleggia-2007, Milano\NEXTENERGY-2008 ); citazioni in libri come IL
PONENTE SAVONESE\Dalle Alpi al mare di S.Riolfo Marengo o TRUCIOLI
SAVONESI di A.Pastore; non manca nemmeno una comparsata sul
calendario CEMENTO ALL’INDICE del 2008. Sorpresi? |