Non si ferma la fuga dal Pd:i nomi dei nuovi "ribelli"
terremoto nel partito, sabato congresso nel capoluogo
Cresce il numero degli ex Margheritini che hanno deciso di autosospendersi
IL SECOLOXIX
IL GIORNO dopo l'ufficializzazione dello strappo all'interno del Pd all'assemblea provinciale di Legino, cominciano a spuntare a uno a uno i nomi dei "ribelli" del Pd. Quelli che hanno seguito l'esempio di Marco Bertolotto e Carlo Scrivano. Che proprio ieri sventolava l'editoriale di Galli della Loggia sul Corriere, con la ricetta dedicata al Partito democratico per evitare il tracollo: «liquidare il potere dell'apparato tradizionale, scegliere i nuovi quadri, mandare in pensione i riti del passato». L'assessore provinciale al Turismo esplode: «Dobbiamo sempre fare tutto quello che vogliono i Ds? Nel partito c'è la straegemonia: il segretario regionale è Ds, tre segretari provinciali sono diessini. Dobbiamo diventare dei Ds anche noi per poter contare? Lunardon deve dare dei segnali. Lo stato di sofferenza c'è, eccome. Le élite sono importanti, ma se gli uomini al potere sono tutti dello stesso partito, gli altri vengono schiacciati».
Scrivano rincara la dose: «Il problema di fondo è che abbiamo visioni diverse: la nostra è realistica: partendo dall'esperienza, parliamo alla gente, individuando i bisogni reali e trovando risposte concrete. Il programma che costruiamo deve rispondere alle esigenze del territorio. Non pensiamo di essere depositari del verbo, ma sussidiari. La visione che esprime invece il segretario Lunardon è partitocentrica. Ciò che conta sono l'élite, la nomenklatura. Ma chi pensa di sapere di che cosa ha bisogno la gente sbaglia: lo si è visto alle politiche. Riconosco l'onestà intellettuale di Lunardon, ma secondo noi sta sbagliando strada. Dovevamo dargli un segnale forte». Anche il presidente della Provincia, Marco Bertolotto, va giù pesante: «Queste persone hanno ucciso la speranza del cambiamento. Fra di loro prevale l'idea di partito forte, per noi invece ciò che conta è l'uomo. E hanno anche il coraggio di dire che alle politiche abbiamo vinto...».
Ma più che i massimi sistemi, a poche ore dalla spaccatura, ciò che incuriosisce sono i nomi degli autosospesi dal Pd. Nomi non facili da sapere. Perché, oltre a chi ha fatto l'annuncio pubblicamente, come Scrivano, e a Bertolotto, che è uscito dal partito, altri stanno comunicando la loro adesione poco alla volta. Ma di ufficiale non c'è nulla. Il segretario provinciale, Giovanni Lunardon, dice di non avere neppure ricevuto la formalizzazione dell'uscita dal partito del presidente della Provincia, Bertolotto. Fra i nomi che circolano ci sono Enrico Paliotto, assessore provinciale all'Ambiente, Livio Giraudo, capogruppo del Pd in Comune a Savona, Mario Coletti, coordinatore del Pd a Finale, Adriano Viale, consigliere comunale a Finale, Andrea Rovere, consigliere ad Albenga, Isabella Sorgini, vice coordinatore regionale del Pd. E poi diversi sindaci o vice: Antonello Tabbò (Albenga), Piergiorgio Giraldi (Arnasco), Michele Manzi (vice a Celle), Lino Ferrari (ex sindaco di Albissola Marina).
Il segretario provinciale del Pd, Giovanni Lunardon, non recede di un passo dalle sue posizioni. «Il problema è superabile - afferma Giovanni Lunardon -. Mi impegnerò a recuperare gli autosospesi». Ma a lui preme andare a monte, al "caso" Bertolotto: «Non ha imboccato la strada giusta. In base al nostro statuto, il nome del candidato alla presidenza deve uscire dall'assemblea provinciale. Se ce n'è più di uno si va alle primarie. E sono i cittadini a scegliere. A Bologna Cofferati ha posto la propria candidatura in modo corretto. Entro fine estate sarà convocata l'assemblea provinciale per sciogliere il nodo delle candidature». Ma a breve c'è un altro appuntamento che si preannuncia caldo: sabato mattina si terrà il congresso comunale del Pd per eleggere il segretario dell'unione comunale. Nei corridoi circola la voce che ci saranno nuove uscite di scena clamorose.
Stefania Mordeglia