TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
L’EUROTOWER PRONTA
A COLPIRE
ANCORA
E
così, i neotemplari di Francoforte, guidati dal francese Trichet,
nel festeggiare il decennale dell’euro, promettono baldanzosi un
altro siluro per luglio: uno 0,25% da aggiungere al 4% in vigore
ormai da un anno nell’eurozona, nonostante i danni che un tasso già
doppio di quello americano ingenera in molti Paesi europei, Italia
in testa. La notizia ha fatto subito rimbalzare l’euro nei confronti
del dollaro, dopo soli due giorni dal
vigoroso ricupero di quest’ultimo, dovuto ad una
dichiarazione del collega americano di Trichet, Ben Bernanke, che
prometteva di non procedere più ad ulteriori tagli dei tassi. Il
motivo addotto per entrambe le dichiarazioni è il solito: la lotta
all’inflazione (in buona parte preventiva per la BCE, correttiva per
Bernanke). Un inciso a proposito di banche centrali e inflazione. Le banche centrali hanno due principali strumenti per incidere sui mercati: tasso di riferimento ed emissione di moneta. Altri poderosi attori sono le banche commerciali, che oggi possono praticamente prestar soldi ad libitum, grazie a una riserva frazionaria prossima a zero. Sia le une che le altre non hanno fatto in questi ultimi decenni che farci passare da una bolla all’altra con relativi scoppi. Limitiamoci all’ultimo decennio: lo scoppio della bolla hi-tech/Internet, in fieri nel 2000 e poi verificatosi d’un botto l’11 settembre 2001, ha spinto i creatori di moneta ad inondarne i mercati, portandoci così alla successiva e devastante bolla immobiliare, scoppiata a sua volta l’agosto scorso. A quel punto, l’unica preoccupazione dei banchieri centrali è stata quella di espletare la loro funzione di salvatori di ultima istanza delle banche in difficoltà. Ma, mentre la Fed americana apriva entrambe le valvole di sicurezza (tassi in discesa ed emissione monetaria in salita), la BCE agiva solo sulla seconda, alzando a ritmo serrato la prima. Così, mentre negli USA si procedeva ad una svalutazione del dollaro, sull’esempio della nostra lira, per stimolare le esportazioni, salvando nel contempo i responsabili del disastro, ossia non solo le banche commerciali, ma anche e soprattutto quelle d’investimento, la BCE concorreva al salvataggio delle banche, con poderose iniezioni di liquidità a tassi di favore, ma stringeva i cordoni del denaro sul mercato interno, provocando una situazione di impoverimento, soprattutto delle classi che già stavano peggio. In sostanza, tutti gli sforzi della nostra banca centrale si sono spesi in soccorso di chi aveva provocato il disastro, lasciando invece i cittadini, ossia la parte più debole, esposti al flutti della c.d. tempesta perfetta. Se la Fed americana,nei 95 anni dalla sua istituzione ha visto il dollaro perdere il 96% del suo potere d’acquisto, la BCE è riuscita, almeno in Italia, a ridurlo di circa il 50% in 7 anni. Eppure, entrambe le istituzioni hanno come primario obiettivo proprio la stabilità della moneta! Morale: non capisco cosa ci sia da festeggiare nei saloni dell’Eurotower, brindando all’imbrigliamento di quell’inflazione di cui il sistema bancario è invece in gran parte responsabile.
La
parola inflazione evoca nei tedeschi le disgrazie della Repubblica
di Weimar, quando nel primo dopoguerra si faceva la spesa con la
carriola, non tanto per caricarvi gli acquisti, quanto per portarvi
le banconote. I riferimenti più recenti, qui da noi, evocano invece
il destino dell’Argentina, esortando quanti si lagnano dell’euro
troppo forte a immaginare un’Italia che nel 2001 non ce l’avesse
fatta ad entrare nell’euroclub.
Rimando ad un colorito articolo, “Quanto è ‘forte’ l’euro”*, per un
chiarimento su cosa rappresenti in realtà questa moneta per un
italiano (o addirittura per qualunque europeo che non sia tedesco).
“Noi, oggi, con l’euro -sostiene
l’autore- parliamo una lingua straniera [il tedesco], di cui non
conosciamo bene né la sintassi né il vocabolario: per questo siamo
diventati legnosi economicamente, facciamo fatica ad esprimere la
nostra elasticità sub-legale e sopra-legale, ci sentiamo privati di
prospettive. Siamo nella situazione dell’immigrato che parla male la
lingua, e si sente inferiore, e sospettoso crede che tutti lo
deridano per i suoi strafalcioni; mentre quando parla nella sua
lingua è capace di spirito, di raffinate allusioni e di sfumature.
[…] La moneta è tutt’uno con la nazione, la sua storia e il suo
carattere, virtù e vizi.” Per amore di contraddittorio, vedi
l’articolo
“È
la rivincita degli europeisti sugli atlantici!”**,
marciante in direzione diametralmente opposta, in sintonia con il
trionfalismo dell’Eurotower.
Per
i banchieri dell’Eurotower motivo indiscusso di vanto è una moneta
forte, tanto forte che sta diventando moneta di riserva per le
nazioni esportatrici, come Russia, Cina, membri OPEC, ecc. Questo
accaparramento, a scapito del dollaro, così come l’incetta di merce,
ne determina la sopravvalutazione, in questo caso un tasso di cambio
eccessivo, con la conseguenza di falcidiare le nostre esportazioni e
quindi il livello produttivo delle nostre imprese. Si insiste in
ogni talk show sull’aumento di produttività come passo essenziale
per aumentare la crescita. Ma per produrre in misura adeguata ad una
piena e decorosa occupazione occorre aumentare l’esportazione dei
prodotti finiti. Se questa è ostacolata da una valuta troppo onerosa
per i Paesi importatori, la produttività, per quel poco che si è
riuscita a farla crescere, è dovuta ad un vistoso abbassamento di
salari e stipendi, nonché all’introduzione di quelle forme di lavoro
a termine che sono ormai una vera piaga sociale, per i giovani come
per i meno giovani. Quindi, l’esportazione è l’unica via d’uscita in
un contesto sociale impoverito e incapace di far lievitare la
domanda interna. L’euro troppo forte va precisamente in direzione
contraria a questo obiettivo e deprime le nostre aziende e coloro
che vi lavorano, i quali, con retribuzioni troppo basse e quindi
bassa capacità di spesa, non riescono ad incentivare l’economia
nazionale.
Ripeto perciò di non vedere le ragioni di tanta euforia nelle stanze
della BCE, vista la depressione economica che l’euro ci ha regalato
a causa del suo irrealistico cambio con la lira, prima, e con il
dollaro, poi. L’euro si sta rivelando per quello che è: qualcosa che
non ci potevamo permettere, perché ci allineava ad una nazione, la
Germania, di livello economico e produttivo decisamente diverso, se
proprio non vogliamo dire superiore, dal nostro. Così siamo
diventati i parenti poveri, mentre con la nostra divisa avremmo
meglio fronteggiato i marosi della competizione internazionale;
anche con sporadiche svalutazioni, per essere più competitivi nelle
esportazioni. Certo, avremmo pagato di più le materie prime che ci
mancano, ma l’alto livello creativo e il talento indiscusso dei
nostri imprenditori e delle nostre maestranze, oggi dispersi oltre
confine, avrebbe saputo creare quel valore aggiunto necessario a
compensare i maggiori prezzi delle materie prime.
La
flessibilità concessaci dall’avere una nostra propria valuta ci
avrebbe permesso di non essere legati mani e piedi a parametri di
germanica rigidità, e, chissà, forse il discorso sul signoraggio
avrebbe avuto maggiori possibilità di svilupparsi ed essere
recepito, ridisegnando i meccanismi di creazione della moneta,
assegnandone il compito allo Stato (un’opzione oggi considerata
illegale!), anziché ad una Banca d’Italia, o, peggio, ad una BCE,
privata e tesa soltanto a fare gli interessi dei suoi proprietari.
Ma
di questo ho già detto e ridetto a sufficienza nei due anni in cui
ho posto questo tema al centro delle mie riflessioni.
Per cui voglio fermarmi qui, invitando quanti mi leggono a
guardare nella giusta luce l’auto-celebrazione dei vari Ciampi,
Prodi, Draghi, Trichet e compagnia cantante; così come ad osservare
con occhio disincantato tutto quanto s’è detto il 2 giugno a
proposito della Costituzione della Repubblica, che si vorrebbe
difesa dalla classe politica, a cominciare dal Capo dello Stato,
mentre il suo rispetto è sceso probabilmente al punto più basso da
quando è stata promulgata, a cominciare proprio dalla sovranità
monetaria, ceduta a mani straniere.
Marco Giacinto Pellifroni
8
giugno 2008
*
Maurizio Blondet,
www.effedieffe.com/content/view/3419/179/
**
Marco Sarli,
www.diariodellacrisi.blogspot.com.
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