«Nel Pd un malessere profondo»

dopo lo strappo di bertolotto per le elezioni provinciali
Scrivano: noi popolari valuteremo il da farsi. La sinistra chiede una verifica a Palazzo Nervi

IL SECOLOXIX

IL PD, dopo gli strappi e le esternazioni di Marco Bertolotto e il suo dirompente addio al partito, si guarda allo specchio e si scopre più debole all'interno, nel rapporto con l'anima "popolare" del partito, e un po' più forte nei rapporti con gli alleati in Provincia e negli altri principali enti del territorio (a partire da Savona, Cairo e Albenga).
I "popolari" parlano di «malessere» e annunciano una riunione che si terrà la prossima settimana, per valutare la situazione. Ma la reazione pubblica più forte allo "strappo" del Presidente è arrivata, ieri, dagli assessori della sinistra radicale (tre su otto) presenti nella sua giunta a Palazzo Nervi. I quali hanno chiesto una verifica di maggioranza urgente - peraltro già concordata con il resto del centrosinistra dopo il "flirt" del Presidente con la Lega sulla vicenda delle ronde, la goccia che ha fatto traboccare il vaso di rapporti difficili da almeno due anni e diventati complicatissimi dopo gli ultimi continui strappi di Bertolotto - per puntellare l'Amministrazione sino alla fine naturale del mandato, nel 2009. Si terrà il 12, subito dopo un altro appuntamento delicato: l'assemblea provinciale del Pd che si svolgerà il 10 per avviare, appunto, il percorso verso le Provinciali. Il rapporto con la sinistra radicale, in rotta con Bertolotto, è uno dei fronti aperti per il Pd savonese, al quale si aggiunge la questione dei socialisti, da tempo sull'Aventino a Palazzo Nervi. Due nodi, paradossalmente, che l'uscita di scena del Presidente potrebbe aiutare a sciogliere. «A fronte delle dichiarazioni del Presidente Bertolotto che annuncia oggi, a mezzo stampa, le sue dimissioni dal Partito Democratico, nel prenderne atto - hanno scritto in una nota Mimmo Filippi, Carla Siri e Franca Ferrando - i sottoscritti assessori della Sinistra (PdCI, PRC, Sinistra Democratica) nella Giunta Provinciale, ribadiscono la propria richiesta di una riunione, oggi sempre più urgente, della maggioranza, per fare chiarezza sulla situazione, al duplice scopo di fare in modo che una crisi interna al maggiore partito della coalizione non abbia ripercussioni negative sui cittadini e di concordare un programma concreto da attuare da qui alla conclusione del mandato, che impegni la maggioranza e la Giunta a partire dal suo Presidente».
Intanto, come si diceva, si è aperto un altro fronte, tutto interno al Pd: è quello del rapporto con l'anima "popolare" del partito. Bertolotto ha fatto capire che potrebbe abbandonare con lui. Altre fonti, dentro al Partito democratico, continuano a ripetere che il Presidente, se manterrà queste posizioni, si ritroverà da solo. Ma Carlo Scrivano, assessore a Palazzo Nervi e tra i principali esponenti dell'anima cattolica del Pd, dice seccamente: «Il malessere sui rapporti dentro al partito c'è, al di là della vicenda di Bertolotto. Nel giro di una settimana noi "popolari" ci incontreremo e valuteremo la situazione». Lascia capire che potrebbe anche essere rottura. In quanti? Per ora non è chiaro. Come non è chiaro se le distanze siano incolmabili o se invece sia in corso una partita a scacchi, ancora non conclusa.
Il consigliere regionale Nino Miceli, provenienza diessina, ma ponentino come il Presidente e dunque particolarmente attento al problema dell'apertura verso il centro, ha lanciato nei giorni scorsi una lettera aperta sul sito savonese del partito che è apparsa come una scialuppa di salvataggio per Bertolotto. Oltreché un invito alla calma. Un invito forse superato dallo strappo del Presidente che, dalle colonne del Secolo XIX, si è chiamato definitivamente fuori. Tuttavia Miceli, in un'intervista televisiva a Primocanale, ancora ieri ha chiesto di riconsiderare la candidatura di Bertolotto e ha sottolineato come «sia il Pd a correre i rischi più grossi». Alludendo proprio al caso che si è aperto con l'anima popolare del partito. Intanto, Bertolotto continua a ripetere: «Avevano deciso da tempo di farmi fuori e dentro al Pd c'è l'egemonia Ds». Insomma: il Presidente ha spinto il confronto in una escalation che è arrivata alla rottura soprattutto sul piano personale - in una sorta di "muoia Sansone con tutti i Filistei" - ma ora parla di «congiure e disegni politici». Un'analisi che sembra sposata anche dall'opinionista di Micromega Pierfranco Pellizzetti, che nei giorni scorsi, proprio a Primocanale, ha parlato delle tendenze «centrifughe» del Pd italiano e della possibilità che Savona diventi, in questo contesto, un «laboratorio nazionale». Ipotizzando addirittura «uno scambio. Il Pd ha accettato di perdere la Provincia per salvare il Comune di Savona». I destini dei due enti sembrano in realtà intrecciati, più che divergenti (vedi servizio a lato), tanto che il segretario Lunardon ribatte seccamente: «Pensare a un simile scenario è una colossale sciocchezza perchè a Savona vinciamo con le nostre forze: il Pd ha il 42%, dato tra i più alti in Italia. Quanto alla Provincia è fondamentale, strategica, il centronistra gioca per vincere».
Antonella Granero