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La sinistra savonese

 La fine di un’epoca politica

Domenico Maglio


Domenico maglio

La sconfitta elettorale dell’aprile scorso che ha sferzato tutto il campo della sinistra italiana, sia che si tratti della parte più riformista che di quella che si definisce alternativa o radicale, ha avuto il merito, se proprio vogliamo trovarne uno a tutti i costi, di aprire finalmente un dibattito ineludibile su quello che sarà il quadro politico futuro per tutta quest’area.

E’ una magra soddisfazione dato che tale dialogo si poteva svolgere benissimo anche con situazioni di governo diverse, cercare proficue convergenze con tranquillità, ma prendiamo atto della realtà e accontentiamoci forzatamente di ciò che abbiamo davanti.

 La sconfitta per la sinistra, per il centro sinistra non è solo elettorale, spero che oramai anche i più disattenti lo abbiano capito.

 Noto però in alcuni gruppi dirigenti di forze politiche disintegrate dallo tsunami conservatore “della libertà” una certa refrattarietà ad ammetterlo e una  maggiore applicazione sull’analisi matematica delle percentuali sperando di trovare tra le sue pieghe un qualcosa di consolatorio da poter spendere a propria difesa, impresa improba e piuttosto caricaturale.

 Ma è in realtà deviante e deleteria un’eccessiva concentrazione troppo spianata sul calcolo aritmetico, è un arrampicarsi su specchi troppo scivolosi, e dimostra che chi la persegue non ha capito oppure non vuole farsi una ragione di ciò che è sotto gli occhi di tutti : la fase politica di tutta una classe dirigente che ha dato tutto ciò che poteva si è definitivamente chiusa e non è più artificiosamente rigenerabile.

E’ da considerarsi definitivamente distruttiva una pratica votata verso una ricerca di ripetitivi equilibrismi di bottega, una competizione tutta interna a gruppi dirigenti che perpetrano sempre se stessi, riti e liturgie tautologiche nella strenua difesa di una linea politica non sempre difendibile, fatta di comportamenti molte volte non compresi dall’opinione pubblica, fatta di dispute personali che gettano in secondo piano l’interesse pubblico per privilegiare quello particolare.

 Tutto ciò avviene specialmente all’interno di quelle forze politiche che in pratica non hanno saputo resistere all’urto del centro destra – per ora chiamiamolo ancora così – forze politiche dalla storia nobile che sono state gli sherpa del riformismo in Italia ma che sono state annichilite e umiliate in ogni parte del paese nell’aprile scorso, partiti che si gettano ora a capo fitto verso battaglie congressuali dagli esiti che si vogliono già preconfezionati, da celebrare in una tempistica inopportuna, e tutto questo illudendosi che nessuno se ne accorga, con una inspiegabile difesa di un esistente logorato da troppi anni di lotte e di lavoro che hanno portato colpevolmente ma inevitabilmente per assenza di ricambio a radicare negli anni una conflittualità che oggi va definitivamente superata.

Se ciò non avvenisse si verrebbe meno all’impegno nato dalla volontà di tante persone e alle promesse fatte, e sarebbe un percorso che rasenterebbe la risibilità verso un’opinione pubblica già disorientata e confusa e che non capirebbe, ma maggiormente sarebbe letto come un inganno da un popolo che questa volta gli volterà definitivamente le spalle dato che non vedrà quella rigenerazione profonda e radicale che aspetta, verrà meno in loro la speranza di vedere il socialismo dal volto nuovo.  

Questa refrattarietà a non voler rigenerare decisamente il campo nonostante l’evidente debacle elettorale, rinnovando non solo le persone ma anche le idee, anche l’approccio alla soluzione alle esigenze di una società in sofferenza e impaurita, dimostrerebbe che gli italiani nell’urna elettorale di aprile non hanno sbagliato a cancellarle dal quadro politico nazionale e presto lo faranno anche dal teatro europeo se non vedranno la svolta che auspicano.

 Il voler restare avvinghiati ad un potere territoriale quasi effimero per giocare ancora sul tavolo della trattativa, legittima certo ma sterile, per arrivare ad un arcaico scambio politico apparentamento-appoggio di lista-incarichi, il voler autoconvincersi dell’esistenza di un potere contrattuale che oramai non c’è più, il voler lanciare con affanno slogan identitari territoriali sperando in una condivisione generale nell’approssimarsi di elezioni amministrative, non potrà cancellare comportamenti precedenti ed ha una unica definizione: progressivo isolamento.

 Se guardiamo la situazione politica del territorio savonese, non possiamo non vedere che le prossime elezioni per il rinnovo delle amministrazioni di molti comuni e della provincia non partono con eccessivo entusiasmo per il centro sinistra, deficitario in linea generale di considerevoli consensi, senza contare che l’aria pesante inaspettata che arriva dal capoluogo regionale non aiuta affatto.

 L’invertire questo trend attualmente favorevole “allo schieramento avverso” sarà la linea di confine che definirà lo spessore e le capacità della classe politica del centro sinistra savonese.

 Ma “lo schieramento avverso” non si illuda, sono molte le vitalità nella sinistra riformista savonese in grado di sviluppare le energie necessarie, forze inaspettate e latenti ma pronte a dare il loro contributo.

Basta che le forze del centro sinistra che non lo hanno ancora fatto aprano le finestre delle loro stanze chiuse lasciando entrare finalmente aria fresca, allora sarà tutta un’altra storia.

Solo allora inizierà “una nuova stagione e si potrà fare”.

 

DOMENICO MAGLIO/strong>