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Viaggio nella sinistra

Il tramonto dell’Arcobaleno

Domenico Maglio

  


Domenico maglio

Ultima stazione.
Dopo aver provato a descrivere quelle che sono ad oggi le mie impressioni sulla sinistra italiana nelle scorse settimane partendo da quell’area che si definisce sinistra riformista nella quale, non senza qualche risentito boatos, ho collocato il nascente PD e l’area Socialista democratica per diritto storico, proviamo in quest’ultima tappa a dire qualcosa sull’altra sinistra, quella non riformista, quella più radicale e movimentista, alternativa come essa stessa ama definirsi.

Intanto non credo di poter dire nulla su quello che è apparso alle ultime elezioni essere un semplice cartello elettorale, la Sinistra- l’Arcobaleno, perché il giudizio è già stato definito dallo spoglio elettorale dell’aprile scorso e in verità era stato già previsto dai dirigenti di quegli stessi partiti che ne avevamo sponsorizzato la frettolosa formazione, nel tentativo di raccogliere,

inutilmente come si è appurato, qualche rappresentanza parlamentare per segnare una presenza che in effetti, anche se ottenuta avrebbe molto probabilmente avuto influenza pari al nulla.

I paesi si governano con le maggioranze e non con solitarie rappresentanze di bandiera, si governano con politiche socialdemocratiche forti come per esempio è avvenuto nelle più grandi democrazie europee, nonostante la situazione politico continentale attuale abbia preso pieghe diverse.

Non mi pare che da nessuna parte del nostro continente una sinistra “movimentista” sia stata alla guida di esecutivi, se qualcuno ne ha notizie erudisca tutti quanti, e questo vorrà pur dire qualcosa, è avvenuto in Italia ma l’immaturità è palesemente emersa, non per colpa dei protagonisti ma a causa di una cultura a loro intrinseca che a mio giudizio non può tenere i piedi in due scarpe contemporaneamente, al governo e all’opposizione.

Si può far finta di niente ma la realtà dei fatti è innegabile.

Diciamo che in generale quest’area della sinistra non riesce mai a trovare una propria stabilità già da molti anni restando sempre in fibrillazione, una situazione che la pone in una lettura perennemente conflittuale, sempre pronta a cavalcare ogni protesta giusta o sbagliata che sia, e quindi un pensiero considerato non propedeutico a perseguire quelli che ritiene siano i progetti migliori per la nostra società.

Direi, con sincerità, che la ricerca della società perfetta possa dirsi oramai conclusa.

Conclusa perché non esiste, ci si vuole fare una ragione di questo oppure si vuole continuare senza fine alla ricerca di un Sacro Graal proletario?

Questa area, che ha anche rappresentato il retroterra politico per molti anni della mia vita, una storia che al contrario di quanto fanno altri sarebbe sciocco negare per le cose buone raggiunte, per le molte battaglie sociali vinte pur riconoscendo anche i numerosi errori commessi, ebbene questa sinistra non riesce a mettersi nella completa modernità del pensiero corrente, come cercherò di spiegare dal mio punto di vista, non riesce a staccarsi dai dogmi ideali che non hanno più ragione d’essere seguiti in quei termini storici, il che non significa rinunciare a combattere quelle battaglie che vuole continuare ma continuare a farlo, e con più forza ma in termini nuovi, comprensibili.

Farlo ancora in condizioni di assoluta inferiorità culturale e di consenso significa cercare di ingabbiare il vento.

Forse sarebbe meglio prendere atto che altre idee sono diventate predominanti nella società di oggi, altri bisogni sono in attesa di nuovi diritti, e per ottenerli il campo non può più essere quello degli anni scorsi.

Credo sinceramente che quest’area abbia consumato tutto il suo secolo e mezzo di storia, passato con impegno e sacrificio, a partire dalla lotta al fascismo, senza però riuscire a raggiungere un risultato con caratteristiche  durature nella mentalità generale del nostro paese.

Questo dato che ho sottolineato è suffragato dal fatto concreto che in pratica quasi tutte, se non addirittura tutte, quelle che sono considerate le sua conquiste storiche vengono oggi messe in forte discussione, trascinando con loro in caduta libera tutte le speranze, i propositi e le tradizioni.

Come si faccia a non vedere tutto questo per me resta un mistero, ma non solo per me.

E’ strano che tutto ciò non si riesca a comprendere all’interno dei gruppi dirigenti di questa sinistra uscita malconcia dalle urne, spazzata via dalle Istituzioni Nazionali, e ciò avviene sebbene al suo interno esista una componente non residuale che fa del Socialismo Europeo il suo punto d’arrivo.

Io credo invece che tutto questo si capisca benissimo, ma non si voglia fare passi in avanti a causa di un’orgoglio che non ha più ragione d’essere condito dal timore di perdere un potere di rappresentanza che in pratica è comunque in fase decrescente. 

La sinistra non è un simbolo, è una funzione che deve svolgere nella società.

E se questa società cambia vorticosamente, la sinistra deve seguirla, adattarsi, plasmarsi ad essa e non cercare di plasmarla, perché non ci riuscirà.

Questa sinistra credo debba comprendere che tutti i suoi ideali, tutti i suoi progetti se vuole farli continuare a vivere deve trasportarli nel mondo che cambia, adattandosi appunto ad esso, capirne le sue nuove forme che sono ben distanti da anni fa, dando in forme nuove la rappresentanza al suo popolo.

L’insieme di queste convinzioni che si chiamavano ideali di sinistra sembrano oscurati e in decadimento praticamente ovunque, ed è compito, io credo, di questa area della sinistra riprendere ad esserne il reparto avanzato, in forme che siano però comprensibili e trovino accoglimento da tutto quel mondo che in ogni caso a lei guarda ancora.

Se davvero si vogliono analizzare e capire le conseguenze che verranno, cosa che auspico avvenga in questa con un ragionamento attento, se davvero si vogliono comprendere le ragioni degli ultimi anni di declino fino agli ultimi risultati elettorali, io penso che nessuno che in questa sinistra si riconosce e voglia rappresentarla possa esimersi dal partire da qui, farsi anche domande scomode, sgradevoli, quesiti che dovranno definire non a quale sinistra tendere ma se ci sarà ancora una sinistra nello scenario istituzionale e culturale dei prossimi anni.

E spero che nessuno orgogliosamente urli per una folla consenziente che “ci sarà…..!!” senza elaborare un progetto di trasformazione, perché in questo caso sarà l’avvallo di un’estinzione che diverrà reale e non più reversibile.

Se si vuole questo è anche un appello a tutti coloro che in quest’area sono in grado di valutare tutto quanto sta avvenendo oggi con occhi che guardino anche al domani, e non solo al mantenimento dell’oggi.

D’altra parte viviamo nella società globalizzata dei consumi che ci fa concentrare sul presente, ci promette un benessere raggiungibile immediatamente, qui e subito, una dimensione che impone di cercare tutto nella dimensione personale.

Si dice che non sia buona cosa e questo meriterebbe una discussione di molte pagine, ma è questo lo spirito del nostro tempo.

Se si vuole in qualche modo provare a contrastarlo, migliorarlo, se si vuole provare a ridare dignità alle persone, se si vogliono aiutare veramente e non virtualmente i paesi più poveri, se vogliamo davvero difendere il lavoro dandogli quella dignità che ha perduto, bisognerebbe che si iniziasse a leggere con occhi diversi quelle che sono le criticità di oggi.

Che senso può avere, che risultati si possono ottenere continuando ad investire sul desiderio e sulla speranza di un mondo nuovo, di un mondo migliore promettendo la sua realizzazione, certo, ma quando?  sempre “dopo”?   e a costo di quali sacrifici? E nel frattempo che ciò possa avvenire che si fa? Ci si dimentica dei più bisognosi? Dei più disagiati? Si riempie loro la pancia con la speranza?

Francamente mi sembrerebbe un po fuori dal mondo.

Che senso ha predicare il rispetto dell’interesse generale, la redistribuzione della ricchezza,  quando queste stesse cose oggi sono spinte a non stimolare più il desiderio della gente, cose che non tirano come si dice, che sono definite fuori moda, che vengono presentate come obsolete, con aria restrittiva, a volte deprimente?

Non sarebbe invece meglio e più opportuno portare queste battaglie su un teatro di confronto politico nuovo, prima che sia troppo tardi, facendo fronte unico con tutte le politiche che in Europa hanno invece ottenuto grandi risultati?

Non sarebbe meglio continuare a far vivere questi ideali in modi nuovi e adatti al nuovo secolo?

“Lascia che le cose accadano, non metterci mano e si regoleranno da sole”, è questo che questa area della sinistra vuole?  La mano invisibile di Adam Smith?

Perché è questo che avverrà se non si sveglia e non matura un nuovo modo di proporsi.

Lasciare andare senza lottare per difendere che cosa?

Oppure si pensa che con qualche sporadica manifestazione di piazza o qualche ricattuccio amministrativo di basso profilo le cose possano cambiare?

Io vorrei far capire che il mio pensiero non vuole essere distruttivo, ma al contrario essere di stimolo, perché mi pare che non si riesca ancora a capire bene verso cosa sta correndo il nostro paese dopo questa tornata elettorale, vorrei che si comprendesse ciò che c’è dietro l’angolo di una disfatta complessiva del blocco riformista, progressista, alternativo, chiamiamolo come meglio crediamo.

In questo nostro tempo la neo destra che ha assunto la guida dell’Italia e di altri grandi paesi europei, ha il volto sorridente del mostro mite, del sistema incentrato sui consumi, onnipresente sui media, propina l’intrattenimento diffuso per mimetizzare il malessere sociale tentando di far dimenticare i problemi, un qualcosa che avviluppa l’occidente nella sua rete, è una destra che appare moderna, vitale, giovane, per assorbirne i valori basta seguire la televisione guardarsi attorno e vivere, questo è il suo messaggio oggi.

Per questo è riuscita a raggiungere il consenso che le serviva.

Resistere alla sua attrattiva, alla sua enorme affabilità, resistere al suo buonismo che temo si rivelerà falso anche agli occhi di chi spera il contrario, richiede sacrifici e rinunce, anzi stare a sinistra implica uno sforzo quasi penitenziale, un esercizio che parrebbe alle condizioni attuali forse troppo complicato per potersi consolidare nel nostro paese.

Per resistere e costruire un tessuto sociale nuovo, solidale, servono uomini e donne dotati di decisione, che trovino nell’amalgama programmatica una sintesi adeguata.

Ci sono molte cose che stanno succedendo in questi giorni, per esempio un governo fatto da un numero di ministri troppo deboli per non essere soggiogati al loro Presidente che alla prima problematica avocherà a se le deleghe consegnate, è già successo ma a volte la memoria è troppo corta,  la nuova contrattazione sindacale che porterà a distribuire mance ai lavoratori impedendogli moralmente di fatto ogni rivendicazione con la consegna di qualche euro in più, o ci siamo già anche qui dimenticati dei pochi euro dati ai dipendenti FIAT, una politica difensiva e daziale che se perseguita ci potrebbe isolare, il controllo dei mezzi di comunicazione di massa portato da sporadiche deleghe ma dall’assenza di un apposito ministero, ricordo che prima di Lula in Brasile la gente moriva di fame ma grazie all’informazione continuava a votare in massa i suoi affamatori, e si potrebbe continuare con una lista di buoni propositi che temo non si realizzeranno.

Ma queste cose la sinistra le vede?

Sente il pericolo di tale accentramento dei poteri?

Io spero di si e auspico che i giorni che verranno facciano fare quel balzo che molti aspettano, e non solo tra le sue fila, ma anche in altre forze dell’area della sinistra riformista che guardano con attenzione alla discussione che si avvierà avendo preso atto della palese impercorribilità dell’autosufficienza.

Io penso che sia possibile l’inizio di una storia nuova per questa area della sinistra, ma servirebbe una presa d’atto che con vecchie sciabole non si conquista che qualche casamatta qua e là.

Non credo che questa sia la prospettiva della sinistra, non può esserlo e sono convinto che un ragionamento profondo possa portare a nuove prospettive.

C’è un pò di gente che sta aspettando di vedere cosa succederà da quelle parti.

Spero che almeno di questo ci si renda conto.

DOMENICO MAGLIO