versione stampabile

Dove sta….la monnezza?

Aspettiamo con civile rabbia e con curiosità…il miracolo dell’efficienza. Stiamo ancora sintonizzati sulla “cara” monnezza.

Sergio Giuliani

Formazione politica ed informazione corretta e libera sono pressochè sinonimi: senza l’una non c’è l’altra. Si autosostengono, inevitabilmente, e la mia generazione ha dovuto assai tribolare per orientarsi nel gran mare delle notizie montate e deviate a seconda della “Voce del padrone” (ricordate: era un celebre marchio di una fabbrica di grammofoni: una gran tromba di ottone lucente e un cane che stava ad ascoltare chissà che, buono e remissivo.).

Ricordo le falsità dei bollettini fascisti; addirittura la requisizione degli apparecchi radio (non il nostro!) perché non si ascoltasse radio Londra, che invece mio padre ascoltava, col volume al minimo e nascosto sotto coperte per soffocare il suono. Ricordo il tamburo di Francis Drake e la voce del colonnello Stevens che diceva agli italiani l’esatto andamento del conflitto. La grande carta che il duce aveva fatto distribuire all’inizio della guerra-passeggiata, con le bandierine dell’Asse e dei nemici, ora viveva il contrasto di veder retrocedere chi pareva dovesse sempre vincere e credo che mio padre, riemerso dopo l’ascolto, nel quale spesso mi infilavo anch’io, fosse molto soddisfatto nel riposizionare gli eserciti, dopo Stalingrado ed El Alamein.

Ci fu la Festa d’Aprile e parve che…Ma la radio era in forti e melliflue mani democristiane; presto fu tutto un piangere di madonne pellegrine e un vociare di padre Lombardi “microfono di dio”.

Si ricominciò a cercare (non più, certo, sotto le coperte) stazioni come Mosca e “Oggi in Italia”: giornali radio, ora lo so, faziosi e comunisti, ma almeno qualcosa d’altro dal doroteismo asfissiante. Ricordo con che emozione ho sentito suonare la mezzanotte sulla Piazza Rossa pochi anni fa: la stessa musica che, alle ventidue, apriva le trasmissioni in lingua italiana: miele per chi le voleva ascoltare. “Oggi in Italia”, si seppe poi, trasmetteva da Praga ed era diretta da fuorusciti con la coscienza poco pulita per misfatti dell’immediato dopoguerra.

Nacque, a metà dei cinquanta, la televisione e ci si illuse che non fossero solo le pecore degli interminabili “Intervalli”. C’erano sì le tribune politiche, la matita nella mani di Gianni Granzotto, la “lisca” fischiata di Ugo  Zatterin e il dire bleso di Jader Iacobelli, ma l’informazione restava timonata dal potere (allora “velina” voleva dire foglio intimativo di istruzione; guarda come cambia la lingua!).

Poi venne la moltiplicazione…dei canali e l’inevitabile lottizzazione. Ma nacquero anche le attuali malizie come audience e sondaggi alla ricerca del consenso e l’informazione,ancora una volta si piegò.

Pareva che radio e televisioni locali rompessero il privilegio del decidere come incartare un fatto e quando presentarlo, con chi e con quanto tempo sapientemente disposto e invece...fu un allegro caos di banalità cantate e gridate. Ancora “veline” (le altre…)

A noi che non sappiamo stare al gioco, perché ci dà fastidio come e più di una mosca, restano “spazi” sulla Tre e sulla Sette, ma quest’ultima pare in disarmo economico e, col vento elettorale forte, anche la Tre…:occhio a Santoro!

Ci risiamo: mancano soltanto le…coperte. Ricordate il chiasso-monnezza prima delle elezioni? Non si apriva telegiornale senza immagini disgustose insistite ad ore pasti proprio per demolire quei governanti ed aizzare i rottweilers. Adesso; anzi, dal lunedì del “trionfo”, Napoli è scomparsa dai telegiornali. Eppure non credo che il Commissario De Gennaro l’abbia ingoiata tutta (ma non erano tonnellate e tonnellate?) o che il berlusconi l’abbia fatta fuori di lontano in una cena coi suoi in quel di Arcore.

Dove è la monnezza? Non dico finita perché, con quel che se ne produce di continuo e con discariche e impianti di recupero bloccati a furor di plebe,dovrebbe aver coperto anche i tetti della metropoli, C’è, di sicuro; ma ora non se ne parla. Direbbero i servogiornalisti; non fa notizia, non “buca lo schermo”!

Camorra comanda; camorra dispone che la monnezza diventi oro, da vera alchimista. Su di essa, sui suoi movimenti fa loschi e spregiudicati affari, fino in Germania (!!!); se è troppo inerte vi mescola i residui tossici e si fa pagare, tanto, e con minacce, da chi deve smaltirli.

E’ apparso a Napoli un cartello ironico come sanno esserlo soltanto i suoi cittadini: ”Lasciateci la nostra mo nnezza: è proprio nostra e ci siamo affezionati!” Come sempre, nella capriola di Pulcinella e nella “battuta” di Eduardo c’è una saggezza triste ed infinita, inesorabile.

Ma adesso basta! Non ci si deve più preoccupare, perché i primi consigli del ministri si terranno, guarda caso, in quella Napoli irridente e disperata che, inc…… con Bassolino e c. ha votato per l’uomo delle promesse.

E la monnezza? Chissà se c’è ancora. Temiamo fortemente di sì, perché non siamo tra coloro che, se non sentono nominare un qualcosa, credono che basti questo per non farlo più esistere. Siamo testardi, e dalla memoria lunga più che si può, per non farci mettere in trappola.

Aspettiamo con civile rabbia e con curiosità…il miracolo dell’efficienza. Stiamo ancora sintonizzati sulla “cara” monnezza.

     Sergio Giuliani