TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni
L’”ARCHITETTURA PAESAGGISTICA” : ANCORA UNA SFIDA?
Frank Lloyd Wright - 5/11/1924
L’”architettura paesaggistica” si ha quando geografia e architettura
sono una cosa sola. Se osserviamo il territorio delle nostre città ,questo concetto ci
porta a provare, inevitabilmente, un sentimento di angoscia. Un architetto è, da sempre, qualcuno con grande volontà di
trasformazione o per lo meno questo è sempre stato da secoli. Se, nelle scuole, nello studiare Brunelleschi, Michelangelo,
Borromini, Wright, le Corbusier si trascura la loro volontà
rivoluzionaria, che sta alla base del genio creativo, si omette una
funzione importante delle scuole stesse. Omettere, inoltre, che mentre le linee progettuali di Brunelleschi,
Michelangelo e Borromini dopo qualche decennio sono state
dimenticate, mentre il linguaggio di Wright rimane illeso per la sua
versatilità, per la sua poesia polidirezionata, vuol dire offrire un
cattivo servizio a chi vuole capire cosa sia successo
dall’’architettura moderna in poi.
Dal prevalere della modernità alla vittoria dell’imperfezione.
Paradossalmente quindi sarà poi l’imperfezione, del linguaggio
decostruttivista a ritornare a concludere un ciclo
architettonico iniziato nelle costruzioni nuragiche della
preistoria. Il circolo sembra ora essersi chiuso e si può ripartire. La sfida riprende e noi, qui, barricati nelle nostre “provincie” non
possiamo ignorare quel che accade nel mondo.
La casualità con cui edifichiamo cartesiane torri adiacenti al
centro cittadino o la determinazione con cui progettiamo “fari” e
“nuvole” sul mare devono essere almeno oggetto di un dibattito
articolato e perché no: un Convegno. Con l’occasione della redazione del Piano Regolatore di Savona, un
vero Convegno che possa discutere della liberazione di un
paternalismo progettuale nella ri-definizione di quella che si può
chiamare, con chiarezza: architettura paesaggista. Uno scambio d’idee tra gli architetti che vogliono e possono
riscrivere, in maniera anti- autoritaria e antitetica a quella del
potere, una probabile e nuova stesura della città. Cinquant’anni fa Samonà accusava l’urbanistica di fermarsi a
indirizzare strade, traffici, anelli circolatori,spazi verdi e
lottizzazioni, dimenticando il valore dell’edificio. Oggi
l’attualità delle sue accuse può partire dagli edifici- fantasma nel
porto, come la torre Bofill: capolavoro di frattura tra un piano
organico e il suo nucleo fondamentale.
Che fare?
Non un Convegno
fine a se stesso, ma un’occasione per ridare la precedenza
all’architettura come parte integrante dell’urbanistica,
un’architettura che nasca veramente dal basso, democraticamente,
senza più distinzioni conflittuali tra istanze collettive e private
o fughe evasive che sembrano pretesti per edificare occasioni “di
profitto”, aggrappandosi ad un’inutile autoproclamazione. Anche Savona deve agire come una città europea e può partire da un
dibattito sperimentale. Non un convegno istituzionale, accademico o professionale:
sbadiglioso e sonnifero, dove tutti recitano monologhi
preconfezionati. Non dibattiti su relazioni che nessuno ascolta, come dialoghi tra
sordi. Non deve servire a far carriera o vetrina a questa o a
quell’Università di Architettura o Ingegneria, diventando un inutile
e soporifero incontro. Non deve servire agli ordini Professionali per far bella mostra di
sé ,davanti a questo o a quell’Ente , né servire a questa o a quella
Ditta o associazione a trovare clienti. Un Convegno senza formalità e ordini del giorno, in un’atmosfera
d’inquietudine e di curiosità. Un Convegno, ammetto, anche rischioso, perché destinato a cambiare
situazioni a modificare una politica pianificatoria e progettuale
ormai radicata da qualche tempo.
Una nuova cultura. La cultura legata ai temi estetici, espressivi e linguistici è una
cultura che anticipa una nuova lettura del panorama sociale e
l’architetto deve essere preparato e soprattutto pronto a
confrontarsi. Purtroppo a Savona, come in Italia, siamo ancora troppo indietro. La classe dirigente è impreparata sulle fide del territorio, della
città e dell’architettura. I nostri politici si appassionano di tutto, ma nessuno di
architettura, come succede, invece, in Francia e in Spagna. In Regione, ma soprattutto a Savona, quando si vuole proporre
qualcosa di nuovo ci si rivolge all’architetto “guru” che
nell’intento di ribadire la sua liberta personale di progettare,
perde di vista il territorio e il soggetto stesso, facendo qualcosa
senza, apparentemente, sapere il “perché”!!!
La responsabilità dell’architetto
consiste, prioritariamente, nel prendersi cura dell’ambiente, che
diventi parte integrante dell’edificio in un rapporto reciproco. Voglio pensare che Savona possa e voglia essere un punto di partenza
per nuove prospettive che possano veramente definirsi tali, per una
ricerca sulla tradizione contemporanea e sulla vivibilità,
per un’ intelligente riflessione sul
presente e il futuro della nostra
città.
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