Difendo l’Albero di Rossello LA STAMPA

In principio fu il nulla. Poi arrivò la «Rosa del deserto» di Arnaldo Pomodoro e i savonesi si resero conto di quanto bella e scenografica fosse la collinetta erbosa che prelude alla facciata grigia e imponente del Priamàr. La «Rosa» è stata un regalo fatto alla città da un gallerista, Giancarlo Buzzone, patron di Conarte, e da un grande artista, Pomodoro appunto. Doveva restare il tempo di una mostra, quella scultura, ma l’affetto dei savonesi e i buoni uffici degli amministratori, hanno fatto sì che restasse davanti agli occhi di tutti per lunghi mesi.
Ma ogni cosa ha la sua fine. Anche se La Stampa, con grande sensibilità, aveva lanciato un appello affinché una sottoscrizione pubblica facesse restare definitivamente l’opera in città. Un appello che non è stato raccolto, perché un milione e mezzo di euro (questo il costo della «Rosa») sono tanti soldi, e perché nessuno si è presentato nel mio ufficio con in mano un assegno. Ho ascoltato solo auspici, raccomandazioni, consigli. Tante parole, insomma. Quelle, infatti, non costano nulla.
E poi, visto che c’è chi si lamenta del milione di euro spesi per rifare le strade in attesa di Benedetto XVI, quanti mi avrebbero crocifisso per una spesa così grande in una città che ha bisogno di asili e e scuole e servizi sociali? Ora l’opera di Pomodoro non c’è più ed è stata sostituita dall’«Albero di ferro» di Mario Rossello.
E arriverà anche lo scimmione


Un’opera che Giorgia Cassini, curatrice della mostra che tutti possono ammirare sul Priamàr, giudica «di straordinaria potenza».
Condivido il giudizio di Giorgia Cassini. L’albero di Rossello è un’opera magnifica. Quando il sole tramonta cambia colore. E’ un caleidoscopio di emozioni, nonostante ci appaia statica e fredda. Ed è, mi perdonino i «vedovi» di Pomodoro, un’opera assai più significativa, perché realizzata da un artista di casa nostra. Uno dei pochi che abbia saputo farsi onore in Italia e nel mondo.
Non solo. E’ anche un dono che gli eredi di Rossello hanno voluto fare alla città.
Alla fine di maggio la mostra di Rossello chiuderà. E l’«Albero di ferro» resterà al suo posto. Non ci sarà bisogno di sottoscrizioni e di appelli. L’amore dei Rossello vale ben più, dal mio punto di vista, del milione e mezzo del capolavoro di Pomodoro.
Ma non è finita. Questa estate sul Priamàr fioriranno le sculture, grazie ad una mostra ideata e organizzata, insieme al Comune, dal Circolo degli artisti di Albisola. Ci sarà da rimanere a bocca aperta. E l’albero di Rossello non sarà più solo. Sulla stessa collinetta erbosa, a qualche metro dall’opera, troverà posto un grande scimmione. Un’opera, bellissima e potente, di un altro artista straordinario, Franco Bratta. Una rosa, un albero, ora un sontuoso animale della giungla. C’è quasi un filo involontario che lega queste opere.
Ho letto, sulle pagine de La Stampa, di lettori perplessi davanti alla meravigliosa scultura di Rossello. Forse lo saranno pure di fronte allo scimmione di Bratta. Anzi lo spero.
Tuttavia, non dispero. Prima o poi qualcuno ci sarà pure che prenderà carta e penna per scrivere al giornale e dire: «Grazie, Comune di Savona, per tutta la bellezza che ci dai. Grazie per Pomodoro, semplicemente per avercelo dato. E grazie per Rossello e grazie per Bratta».
Ecco, un grazie ogni tanto non guasterebbe. Non costa nulla, come le parole al vento di chi insegue sogni impossibili.
*Assessore alla Cultura
del Comune di Savona