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Viaggio nella sinistra

Il PD: Sinistra Riformista ?

Domenico Maglio

 

Alla luce dei risultati delle ultime elezioni politiche molti osservatori concordano sul fatto che in sintesi la sinistra, complessivamente e variamente schierata, non abbia capito nulla dei problemi del paese.

In effetti questa analisi è inconfutabile, lo schieramento “a lei avverso” ha sbaragliato il campo come non gli riusciva da molti anni, ed è proprio così, il linguaggio delle cifre è sotto gli occhi di tutti. 

Si può provare a fare qualsiasi giochetto matematico, a evidenziare un dato anziché un altro, che faccia funzione di palliativo allo sconforto, ma il risultato finale non cambia.

Destra al governo, sinistra all’opposizione e una parte di essa addirittura fuori dalle Istituzioni.

E’ appunto la sinistra che non ha saputo cogliere in tempo utile gli avvenimenti, non riuscendo ad ascoltare le voci di un’Italia che annaspava, che soffriva il disagio sociale, una sinistra che in modo stupefacente non ha neppure sentito l’urlo disperato della sua gente innanzi tutto, ed ha pagato questo suo ritardo culturale in modo pesante, forse anche in modo immeritevole e oltre le sue previsioni già pessimistiche nonostante qualcuno in quest’area, forse per un atto di incoraggiamento anche condivisibile se si vuole, professasse il contrario sulle varie piazze d’Italia.

Ma lasciando stare i numeri e la loro fredda e indubbia negatività contabile, io darei una lettura diversa della sinistra italiana, provando a spezzare qualche lancia in suo favore definendo qualche messaggio che possa proiettare al domani, a ciò che si dovrà o potrà fare.

In realtà una parte di questa sinistra si era accorta già da qualche anno che qualcosa stava succedendo nella società, per esempio il capitalismo si stava trasformando progressivamente da industriale e imprenditoriale a finanziario trascinando con se opportunità occupazionali che venivano a mancare, ma tutto ciò è rimasto a livello percettivo pur destando la dovuta preoccupazione, e la fine di un’infinita guerra fredda tra due blocchi contrapposti non è risultato per la sinistra Italiana fattore aggregante come è successo al contrario in molti paesi europei e come era nelle aspettative di molti elettori.

Questa sensazione di cambiamento in corso, questa parte della sinistra ha provato a leggerlo iniziando proprio dal percorso politico intrapreso dall’inizio degli anni ’90 ed arrivando ad oggi nel tentativo innanzi tutto di dotarsi di uno strumento politico in grado di dare risposte adeguate alla nuova società che si stava trasformando, una società che chiede a velocità vorticosa nuove tutele, nuove opportunità, nuovi diritti, situazioni che obiettivamente non potevano essere affrontate con politiche daziali di tipo novecentesco, che parrebbero resuscitate dal super Ministro dell’economia in pectore del governo che subentrerà tra pochi giorni.

Questa trasformazione della sinistra comunque non è stata indolore, pezzi anche importanti sono stati lasciati per la strada e sono nate altre sinistre che vedremo la prossima settimana, ma dopo brevi stagioni di governo ciò che rappresentava la sinistra, nella sua componente più socialdemocratica e riformista, convinta  della necessità di un ulteriore passo ha dato corso a quello che oggi è il Partito Democratico, il PD, surrogando le defezioni ulteriormente intervenute con l’apporto di ciò che restava del centro, inteso come area politica anch’essa definita riformista.

Un progetto ambizioso, appena agli inizi, irto di spigoli, ancora instabile, che però nelle intenzioni dei promotori avrebbe dovuto catalizzare nell’immediatezza consenso consistente per diventare partito di governo, dando corso senza tante mediazioni a politiche progressiste e innovatrici.

Il progetto ultimamente è stato però respinto dal paese che ha votato in modo inequivocabile dalla parte opposta, ma forse l’errore di questa sinistra di vocazione riformista è stata la troppa precipitazione fondativa iniziale e l’impazienza di contarsi nelle urne, cosa che ha fatto pensare che bastasse sfoltire la foresta di quella che era l’Unione del 2006 per far filtrare la luce di una “nuova stagione” semplicemente disboscando a tappeto un’area che comunque portava un consenso.

A questo punto bisognerà vedere, come affermano i suoi dirigenti, se in quest’area politica del PD il progetto non valuterà altre opportunità oppure se la ragione dei fatti indurrà a diverse strategie.

Parole queste ultime sulle quali concordano in parecchi, dentro e fuori PD, compreso chi scrive.

Ma per tornare a tema delle tante, troppe sinistre italiane, bisogna provare guardarle un pò, per quanto possibile, cercando di capire dove si sta andando a parare.

Oggi vediamo il PD, anche se definirlo di sinistra per molti è una contraddizione se non una falsità.

L’area che racchiude la sinistra italiana è in realtà molto più grande e consistente di quanto dicano i numeri, almeno questa è la mia sensazione, ma è una sinistra sempre instabile, senza una continuità, perennemente in agitazione, a volte incomprensibile in alcuni atteggiamenti, altre volte fulcro di unioni d’azione compatte, tutte condizioni ostative ad un consenso definito su cui poter contare per azzardare qualsiasi strategia.

Personalmente credo che esistano oggi almeno un paio di aree politiche che sono definite di sinistra o che si definiscono tali, una parte più socialista, socialdemocratica, riformista e un’altra più radicale, ideologicamente novecentesca, con la lotta di classe sempre aperta, protestataria e movimentista, quella delle adunate di piazza, luoghi però sempre meno affollati.

Vediamo la prima, quella riformista, socialista o socialdemocratica, progressista, la scelta sugli aggettivi non manca.

In questa zona sinistrorsa io credo vada collocato sia il mondo socialista che il PD, facendo però su quest’ultimo alcune considerazioni.

Intanto credo che si debba essere chiari su un punto : possono esistere alleanze elettorali o di diverso tipo di centro sinistra, più o meno larghe, ma un partito non può esserlo, non esiste un partito di centro sinistra, esistono partiti di sinistra con progressisti e riformisti oppure  radicali, partiti di centro di matrice essenzialmente cattolico democratica, liberale, e partiti di destra più liberisti, conservatori.

Partiti come c’erano ieri e come ci sono oggi, partiti con distinguo politico portato dalla diversa progettualità per la società, dalle diverse ricette per la soluzione dei problemi interni e internazionali, come è sempre stato nella nostra e come è in altre democrazie e non c’è nulla di scandaloso in questo.

Basti ricordare cosa fu il PCI in Italia, un partito dove esisteva una forte e numerosa corrente cattolica, cristiana, ma se per esempio chiedevi all’esponente di punta di tale corrente, Rodano, la sua collocazione non esitava a dichiararsi convintamene di sinistra, il che non significava affatto che condividesse appieno le idee di Togliatti o di Longo pur essendo dirigente del partito.

Questo è dunque un punto sul quale servirà più chiarezza da parte del PD se aspira ad essere il partito della sinistra moderna, come ama definirsi, d’altronde il suo processo costituente è ancora lungi dall’essere ben definito in tal senso come dicono dal “Loft”, quindi lo spazio per tale chiarezza anche invocata e auspicata da molti dei suoi aderenti, esiste.

Bisogna, ad onor di verità, considerare che al suo interno vivono, o convivono o si sopportano come dice qualcuno, anime politiche dissimili alcune molto dissimili, provenienti da partiti diversi ma alleati negli ultimi anni di centro sinistra (alleati appunto) , i DS e le componenti delle fronde socialiste che sono largamente maggioritarie nelle varie assemblee, la Margherita di formazione più centrista e cattolica ma minoritaria, e un gruppo di personalità importanti arruolati dalla “società civile” che ora essendo in politica non possono più definirsi tali, ma il loro peso interno si può considerare degno di ascolto ma assolutamente non determinante, e infatti protestano più di altri.

Ed è forse per non minare il progetto in corso che i gruppi dirigenti del PD esitano nella definitiva collocazione politica del partito, e ciò si comprende perché serve per evitare fughe e affrancamenti che andrebbero a definirsi sommandosi ad altri già avvenuti.

E’ quindi chiaro che se si arrivasse ad una “prova di forza” come si diceva nei vecchi partiti per definire linee politiche, alleanze e strategie, la superiorità socialista, socialdemocratica e quindi di sinistra sarebbe soverchiante in ogni caso, e d’altra parte nessuno può negare che senza questa componente essenziale il PD non sarebbe mai nato.

Ma è proprio per questa preponderanza che il PD può essere definito un partito di sinistra, ed è così che è stato presentato tempo fa senza tanti giri di parole ai congressi DS che dovevano valutare il progetto e approvarlo o respingerlo.

L’appartenenza e quindi il riconoscimento nell’area della sinistra credo sia fuori discussione nonostante non lo si pronunci ancora apertamente come avvenuto nei congressi prima citati, se così non fosse significherebbe che molte persone, molti militanti iscritti o meno che essenzialmente se non unicamente per tali motivi hanno aderito si sentirebbero presi in giro.

Pur non avendo aderito al progetto PD per motivi più di contenuto politico, devo sottolineare che per conoscenza e stima personale posso dire che le parole congressuali in tal senso, pronunciate per esempio nel nostro territorio da chi allora era il segretario in carica ma anche da molti altri, erano sincere.

Credo che questa sincerità continuerà e vista anche l’incombenza delle elezioni Europee del prossimo anno il pronunciamento definitivo avverrà presto, dato che penso impraticabili soluzioni continentali “all’italiana”.

Il definirsi partito progressista europeo e quindi socialdemocratico non lascia dubbi : ci saranno mal di pancia da curare, specialmente da chi si affanna a definire appartenenze diverse, da chi inneggia alla nuova DC, da chi fa pubblicare lettere sui siti di partito minacciando abbandoni clamorosi che poi di clamoroso non avrebbero alcunché se non la perdita di un consenso familiare, ma la definizione sulla chiarezza politica è un passaggio fondamentale perchè definirà anche in Europa e non solo in Italia la credibilità futura del PD e la coerenza dei suoi principali banditori sui territori, in prevalenza schiacciante di scuola DS.

In ogni caso l’aggettivo “democratico” ha in se un altissimo significato di riconoscimento generale, ma qualunque partito che opera nell’arco costituzionale si definisce in questo modo, ciò che renderà riconoscibile la diversità e l’appartenenza verso un elettorato di riferimento, oltre ovviamente ai programmi, è quello che potrà – o sarà – affiancato al logo tricolore del simbolo.

Personalmente resto più attratto dai contenuti programmatici che dalle rappresentazioni grafiche, però non posso negare che per molti la simbologia riveste ancora grande importanza, soprattutto per chi non segue la politica a fondo e che si reca alle urne solo per votare dove in un simbolo o in una parola spesso riconosce la sua storia.

Di tale leggerezza elettorale bisogna farsene una ragione.

Inoltre non bisogna dimenticare che la trasparenza sulla collocazione internazionale e nazionale sarebbe per molti fonte di condivisione e aggregazione ulteriore, non solo di militanza, ma anche propedeutica al raggiungimento di quel consenso elettorale comunque prezioso e oggi venuto a mancare.

Come si dice “tutto fa”, anche se la storia a volte bizzarra racconta particolari che spesso sono dimenticati, per esempio nel primo dopoguerra esisteva già un Partito Democratico –PD - composto però da gruppi di assatanati fascisti e irriducibili reduci sopravissuti del tristemente famoso ventennio, oppure che era attivo per contro un partito che si chiamava Alleanza Nazionale – AN – formato però da altrettanto accaniti bolscevichi.

Il PD di oggi invece credo quindi che definirà presto agli occhi del paese la sua identità di Sinistra riformista, e se per dichiarare apertamente questa sua verità perderà qualche pezzetto potrà rifarsi senza dubbio acquisendo altri consensi, tornando a saldo positivo.

Dico questo non certo per attivare qualche proposito di forzatura, la mia opinione di esterno non conta e non ha peso in quel partito, ma solo per rammentare a chi auspica derive centriste, pubblicamente o meno, che il partito Democratico è nato certamente dalla volontà delle due parti principali del centro sinistra ultimo, ma mai e poi mai avrebbe potuto realizzarsi senza il contributo organizzativo, senza la rappresentanza territoriale radicata e senza l’impegno di migliaia di militanti e dirigenti dei DS, della sinistra.

Sbaglia quindi chi dalla sinistra più movimentista o radicale tende a far passare per il PD il concetto di partito di centro per provare ad acquisire uno spazio in più, ma sbaglia ancora di più chi vorrebbe che tale partito non si definisse di sinistra visto che gli auguri elettorali, ininfluenti peraltro, sono arrivati dal mondo socialista europeo, spagnolo, tedesco, inglese, francese e non certo dal PPE.

Da osservatore esterno e interessato a quanto sta avvenendo da quelle parti, dai “democrats”, devo però dire che non credo in ogni caso che tale chiarezza sull’appartenenza pur con la sua importanza sia determinante per allargare il campo cercando condivisione nella sinistra rimasta, ci vuole anche altro, serve definizione di obiettivi che siano comuni in tema di diritti civili, di istruzione pubblica, di laicità dello Stato, di ambiente, di Welfare e altre cose che sarebbe lungo descrivere qui.

Quel 33-34% di consenso attuale del PD può essere un punto massimo possibile, può diminuire e credo che avverrà alle Europee a meno di invenzioni dell’ultimo minuto, ma può essere anche un punto di partenza per ampliare il campo della sinistra riformista complessivamente se con oculatezza si sapranno far nascere le condizioni, allargare ad altre forze senza propositi fagocitanti, dialogare con forze riformiste diverse, alcune lo sono da sempre, che non devono essere valutate per l’esiguo consenso ottenuto ultimamente, ma per ciò che potrebbero trascinare con loro, in un moto aggregante e positivo.

Io non sottovaluterei questa possibilità, soprattutto in questo momento in cui l’”onda azzurra” sta esondando incontenibilmente anche nel territorio a noi più familiare, la nostra Provincia e i suoi comuni, prossimi al rinnovo amministrativo.

Il PD per quanto mi riguarda potrebbe quindi essere annoverato tra i Partiti della Sinistra Riformista, deve solo fare ancora qualche passo in più che dipani la nebbia che avvolge ancora ciò che vuole rappresentare e chi vuole rappresentare, ma confido nella maggioranza interna alla quale prima accennavo, dove non tutti sono casta politica e dove molti hanno messo a disposizione di pochi ciò che questi ultimi mai avrebbero potuto avere.

Ma questo pare che si dimentichi troppo spesso.

DOMENICO MAGLIO