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Turismo: pensiero banale
e pensiero creativo

Nonna Abelarda

 

Come diceva Einstein, i problemi non si risolvono con la stessa mentalità che li ha generati. Frase che sarebbe da scolpire nel marmo per la nostra classe politica tutta, che dopo aver contribuito a creare e a lasciar incancrenire problemi gravissimi, strutturali, economici, ambientali, ora pretenderebbe di proporsi come soluzione ai medesimi.

Il male e la cura allo stesso tempo, come un vetraio che va in giro a spaccar vetrine per poi farsi pagare e riaggiustarle, anche peggio di prima.

Corollario alla citazione è che occorre sempre cercare di guardare oltre: per risolvere veramente le situazioni occorre genialità, coraggio, lungimiranza, un pizzico di anticonformismo. La ricerca delle soluzioni più ovvie, banali, immediatamente praticabili quasi sempre porta a risultati peggiori e di breve durata. Primo, non si supera il problema; secondo, si può anche riuscire, involontariamente o no, a peggiorarlo; terzo, si aggrava ulteriormente perché si è speso tempo e risorse concentrandosi su quello anziché su altro, e si sono magari scoraggiate psicologicamente o rese del tutto impraticabili le altre strade.

Adesso, in molti settori, siamo in crisi profonda: noi come società occidentale moderna, l’Italia in particolare, avendoci aggiunto  del suo per stare molto  peggio, e la Liguria ancor più in particolare con le sue peculiarità, e la nostra provincia nel particolare del particolare.

Ma paradossalmente, proprio il fatto di trovarsi in una situazione peggiore rispetto ad altri potrebbe, se solo volessimo, se solo vi mettessimo energie e capacità e fantasia e coraggio e interesse al bene comune e alle generazioni che verranno, trasformarsi in un elemento di forza, quasi una molla per risalire, dal basso, molto più in su di altri.

Questo sarebbe un buon punto di partenza per ragionare. Mettendosi in testa che seguire pedissequamente e in ritardo le orme altrui, senza tener conto e senza imparare nulla da errori già commessi, non farebbe che aggravare i problemi e il divario. Che la legge della rassegnazione, del miope buon senso, del male minore, produce solo una palude di squallore.

Difficile propugnare certe idee in una società di vecchietti, per ciò stesso propensa al conservatorismo, alla chiusura, all’egoismo di difesa, a quell’acidità maligna e dispettosa di chi, non essendo in piena forma e sapendo di poter solo peggiorare, se ne frega del bene altrui o addirittura un pochino gode, sotto sotto,  nel poter fare star male anche il prossimo  ( e lo dice una che giovane non lo è più): eppure è nostro dovere più che mai provarci, almeno. Non stancarci di tentare. Anche questi vecchietti hanno figli e nipotini, e dovrebbero pensare a loro.

Se ci troviamo al fondo del baratro, e siamo sfiniti, e vediamo altri che arrancano faticosamente a metà pendio, non serve a niente cominciare a salire senza forze sperando di raggiungerli. Meglio riprendere fiato, ragionare, guardare cosa abbiamo a disposizione e magari, chissà, costruire un aliante che sfrutti le correnti ascensionali.

Utopia? Be’, in un caso il fallimento è pressoché certo, nell’altro, almeno, ci sia pure una probabilità su mille, sarebbe comunque una vittoria immensa. Tutto il discorso di cui sopra è valido in termini generali, dai rifiuti al rilancio dell’economia all’energia. Ma oggi volevo soffermarmi sul turismo.

Le soluzioni banali e immediate per problemi di vecchia data difficilmente sono le migliori, si dice.  Ora, noi vediamo le strade e le nostre cittadine costiere intasate di auto, le autostrade ingorgate specie nei fine settimana, e ci accorgiamo che basta un nulla, un incidente, lavori in corso, una strada chiusa, per bloccare del tutto la situazione. Altro dato: il turismo è in forte crisi.

Facendo il solito due più due: soluzione, costruire altre strade, autostrade, cinture, bretelle, svincoli e parcheggi. I più benevoli al massimo suggeriscono anche di potenziare le ferrovie. Così la coscienza pseudoecologista sarebbe salva.

Da parte di molti operatori turistici, amministratori pubblici, semplici cittadini stufi di code si invocano simili soluzioni moderniste per rilanciare questo benedetto turismo.

E sarebbe, è, uno sbaglio colossale. Perché al solito ci si concentra e si ragiona su particolari, perdendo di vista qualsiasi aggancio con il quadro generale.

Sarebbe come, tornando alla metafora del baratro, se lì in fondo si fosse tutti impegnati a discutere se è meglio un sentierino o un altro, guardando chi li percorre, senza esplorare i dintorni, e si ignorasse che dall’altra parte c’è una grande e comoda scalinata nascosta alla vista.

Ora, chi propone questo genere di soluzioni spesso non è in buona fede o quanto meno non interessato principalmente al bene della comunità e del territorio. E’ noto che la maggior parte di amministratori pubblici e di politici di questi tempi adora le iniziative che muovono finanziamenti pubblici, grossi capitali, che fanno felici imprenditori amici, che procurano intrallazzi, prebende, alimentando reti di interessi e potere.

Passando sopra, letteralmente, con le ruspe, ai cittadini e all’ambiente. Sono pochi, molto pochi che vanno controcorrente: ricordo certi sindaci di paesini piemontesi che rifiutarono fermamente i fondi elargiti a pioggia in occasione delle olimpiadi invernali, per costruire ridondanti infrastrutture o seggiovie nel nulla. Così come ora sono in prima fila contro la TAV. Ce ne fossero, di amministratori interessati al territorio, alla popolazione, al bene comune e  al  benessere diffuso (che deriva sempre da una società capillarmente sana e vitale e attiva,  non dalle grandi opere imposte), piuttosto che ai grandi giri imprenditorial-finanziari. Purtroppo, sono rarità. E i risultati si vedono.

Come dicevo, pazienza chi ha interessi diretti o indiretti o speranze concrete in questo tipo di investimenti e politiche. Ma gli altri, quelli che ne subiscono solo le conseguenze negative, e che sarebbero maggioranza, come è possibile che riecheggino convinti e a pappagallo le stesse argomentazioni, senza ragionare? Sarebbe come se nel famoso baratro due o tre persone avessero convinto gli altri a costruire per loro conto una struttura da accostare alla parete, sulla quale, se fortunati,  potranno arrampicarsi, dopodiché crollerà seppellendo tutti gli altri.

Guardiamo i dati, il quadro generale. Turismo in crisi: forti cali di presenze, di permanenza e fatturato, specie negli stranieri. Anche il capoluogo regionale, Genova, passata la spinta propulsiva delle colombiadi e della capitale della cultura, ristagna.

Le cause sarebbero da analizzare con molta più calma e dettagli e competenza di quanto non possa fare io in questo breve pezzo. Certo è, che il ragionamento andrebbe fatto, dovrebbe essere base per tutto il resto. E scommetto alla cieca che, se fosse perseguita seriamente questa analisi, le ipotesi di soluzione che ora vanno per la maggiore crollerebbero come quella struttura.

Intanto, chi si salva, in questo bilancio fallimentare? Le Cinque Terre.

Ora mi domando e domando a voi : forse perché possono contare su una rete di trasporti, parcheggi, infrastrutture migliore, e sono più comode da raggiungere ? Perché si è incentivata l’edilizia turistica? O non piuttosto perché in confronto al resto della Liguria possono offrire incomparabili bellezze naturali che si lotta faticosamente per preservare dal cemento e dalle mani avide degli speculatori? Il fatto che alcuni borghi siano raggiungibili solo via mare o via treno vi pare che scoraggi il turista?

Altro dato: questa estate Celentano, che rispetto ai normali villeggianti ha la fortuna di trovare spazi ed echi alle sue parole, si è lamentato del ponente ligure. Sono impressioni di cui comunque andrebbe fatto tesoro, per capire cosa non va. Almeno, con tutti i limiti e i dubbi del personaggio, si tratta di uno che ha saputo avere delle intuizioni e che era ecologista in tempi non sospetti, anzi, controcorrente. Molta enfasi è stata data alla sua critica del mare sporco, con conseguenti disamine su depuratori et similia e soliti palleggiamenti di responsabilità. Si è sorvolato invece, chissà come mai, sulle sue impressioni negative relative alla cementificazione selvaggia. Come se il panorama e le bellezze della natura non importassero affatto al turista medio.

Allora, se non vogliamo vedere ciò che è palese davanti ai nostri occhi, se ci rifiutiamo di analizzare e capire a fondo, è solo colpa nostra. Il traffico, tanto per cominciare, l’eccesso di automobili che non si sa più dove mettere è problema generale, non solo ligure (se non peggiorato dall’orografia del territorio) e non solo d’impatto sul turismo. Va affrontato quindi nel quadro generale. Per diminuirlo, possibilmente, non per incentivarlo.

Una volta spianate colline, asfaltato distese, costruito gallerie e piloni a dilaniare ulteriormente il territorio, dilapidato tempo, ambiente e risorse, potremmo con sorpresa accorgerci di non aver risolto un bel niente, ma solo intasato ulteriormente.  Secondo una metafora che mi piace citare, non si risolve una grave sovrappopolazione di conigli costruendo sempre nuove conigliere, ma solo limitando le nascite. Chi l’ha detto che il turismo migliore per l’economia locale dev’essere per forza basato su spostamenti di grandi masse? Non è meglio un turismo limitato, ma di qualità?

Lo so che suona antidemocratico, ma nessuno ha detto che la scelta sia da fare in base al censo. Tutto il contrario. Piuttosto, alla disponibilità a capire e apprezzare e godere il territorio per quello che è. Alla sensibilità ambientale, sempre più diffusa, e che si continua a ignorare. Mentre può essere un plus per i lungimiranti che sanno coglierla.

L’automobile va limitata. Le seconde case vanno limitate. Forse non siamo più in tempo a invertire la tendenza, ma almeno evitiamo di continuare su questa strada disastrosa che non possiamo più permetterci.

Il turismo da seconde case come soluzione univoca è deleterio per l’economia, la  vivibilità, l’ambiente, e fa scappare a gambe levate il vero turismo più qualificato, più ricco di ricadute positive sulla comunità locale.

Blocchiamo lo sfruttamento del territorio. Blocchiamo il cemento, i box, le mega strade. Pensiamo a soluzioni a minor impatto. Alle famose autostrade del mare, per esempio, o a collegamenti limitati via mare. A suo tempo è stato un peccato non riutilizzare in qualche misura il tracciato della ex-ferrovia. E’ un peccato che la ferrovia Savona-Torino non possa essere ammodernata. E’ un peccato che la disastrosa situazione in cui ci ha precipitato la pseudo privatizzazione di Trenitalia tagli collegamenti vitali, servizi nelle stazioni, pulizia e manutenzione dei convogli. Per poi magari proporre velleitari treni veloci che, per orari, coincidenze, prezzi assurdi vanno deserti e vengono soppressi, come l’Eurostar veloce Genova –Milano. (Esempio di quanto dicevo sopra: le soluzioni sbagliate, non organiche in un quadro generale,  fanno gravi danni anche indiretti, perché scoraggiano linee di tendenza).

Insomma, il discorso è chiaro, siamo a un bivio: una strada è diventare una succursale delle megaperiferie padane, un’unica propaggine di cemento e asfalto sul mare, moli e barche comprese, con piacevoli intervalli di porti commerciali e petroliferi, logistica, carbone e fumi, destinata a diventare così invivibile, da scoraggiare gli stessi utenti alla lunga e trasformarsi in uno sterile semideserto, in una mega casa di riposo per anziani rassegnati,  allegra e vivibile e attiva come un mausoleo. Oppure invertiamo la tendenza, proteggiamo ambiente, mare e corsi d’acqua, recuperiamo l’entroterra, i boschi, le sinergie, le agricolture minori, i percorsi ambientali, la cultura e la gastronomia locale e gli agriturismi degni di tale nome, un’offerta ricettiva diversificata per tasche ed esigenze, così come quella delle spiagge, dalle libere attrezzate a poco prezzo agli stabilimenti balneari di lusso per talassoterapia; cultura dell’accoglienza, rivalutazione dell’ambiente, fino ad arrivare (orrore!) a un numero chiuso per le auto dove occorre, con servizi pubblici adeguati,  investendo su quelli e sulle ferrovie (ma occorre concertazione fra poteri locali e poteri nazionali per certe strategie). Altrimenti non meravigliamoci se si realizzerà il primo scenario, e qualunque altra cosa faremo, andrà inevitabilmente in quella direzione suicida. Non meravigliamoci e non lamentiamoci se saremo sempre e comunque in coda e respireremo veleni del traffico e non solo, se il turismo crollerà, se l’ambiente violato si vendicherà con frane, inondazioni, siccità, sbalzi climatici, malattie del bestiame e delle piante (ci sono già, e sono endemiche, solo che vige una ferrea censura in merito),  se i giovani non troveranno lavoro e gli imprenditori scapperanno altrove. Già ora ci sono più badanti che metalmeccanici, in Liguria. Chi disprezza il turismo e dice che non possiamo essere tutti camerieri, chi difende i pochi posti ricattatori offerti dalle speculazioni attuali e non vede linee alternative, è purtroppo un cieco che procedendo a tentoni guida gli altri a girare in tondo nel  famoso baratro.

Nonna Abelarda alias Milena De benedetti