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“CICLONE TEARDO”/a 27 anni dai primi articoli, nuove rivelazioni

LA STORIA DI UN’ESTORSIONE:

“CERCASI CANE NERO SMARRITO”

La misteriosa vicenda, sei anni prima degli arresti. Chi fu il regista che prese di mira Leo Capello? Cronaca di quei giorni   

di Luciano Corrado

 


Leo Capello, arriva nel vecchio palazzo di giustizia
di Savona per il suo primo interrogatorio,
gli è vicino la figlia (foto d'archivio Gallo).

Savona –  Questa volta facciamo un gran salto indietro, a prima dell’esordio ufficiale del “ciclone Teardo”. Una storia che poche persone ricordano, conoscono. Un retroscena davvero curioso. Gli “estorsori” di tangenti che diventano vittime di un’estorsione. Con tanto di documentazione giornalistica che racconta alcuni particolari dell’episodio.

E’ il 10 dicembre 1977, ben quattro anni prima dell’esposto firmato da Renzo Bailini che diede ufficialmente il via all’indagine a fine ottobre 1981. Sei anni prima degli arresti (14 giugno 1983).


Il Secolo XIX (vedi ritaglio…) da in esclusiva notizia della “tentata estorsione ad un noto esponente politico” savonese. Rivela l’esistenza di un annuncio a pagamento apparso sullo stesso giornale, nella rubrica 5 “smarrimenti”. Ecco il testo
: <Cercasi cane nero, con macchia bianca, smarrito a Savona. Mancia>.

Inizialmente sembrava che l’obiettivo dell’estorsione fosse Alberto Teardo, ma il giorno dopo un articolo del collega Gino Pellosio (oggi “decano” alla redazione di Savona dove ha sempre svolto il lavoro di coordinatore della redazione sportiva) rivelava che il bersaglio era invece Leo Capello, allora definito <albergatore, braccio destro del vice presidente della giunta regionale ed esponente di spicco del Psi>.

Dodici anni dopo, Capello sarà definitivamente condannato in Cassazione a 6 anni di carcere (due condonati) contro gli 11 anni e 6 mesi, 40 milioni di cauzione per la libertà provvisoria, inflitti in primo grado a Savona. Capello dagli atti processuali risultò essere il collettore di tangenti, il fedele cassiere del “clan”, ma per Teardo era invece soltanto il “cassiere del partito”.

Il 27 luglio 2002, come riporta una notizia de La Stampa, a Spotorno, la sede degli invalidi è stata dedicata al cittadino “benemerito” Capello.

Il giornale, a firma di o.g. (Guglielmo Olivero, collaboratore sportivo) ricordava che la struttura si trova all’interno dell’ex albergo Palace, accanto alla biblioteca ed era destinata a diventare punto di riferimento per gli invalidi, soprattutto per le pratiche amministrative e burocratiche.

Ecco la motivazione che il giornale riportava: <La struttura è dedicata all’ex presidente del Savona calcio (da cui partì l’inchiesta sulle tangenti n.d.r.) che a Spotorno è stato uno dei protagonisti dell’attività alberghiera e turistica che è stata portata poi avanti dalla famiglia. Oggi alla cerimonia interverranno i parenti e gli amici, oltre alle principali autorità civili e politiche>.


Alberto Teardo e Leo Capello

Torniamo al curioso tentativo di estorsione e alle cronache di allora del Secolo XIX.  La somma che si tentava di estorcere, riferiva la cronaca,  dovrebbe aggirarsi intorno ai 60-70 milioni. Poi si seppe che erano 80 milioni (800 milioni ai valori attuali).

Tutto ebbe inizio il 28 settembre 1977 quando venne pubblicato su <iniziativa di un esponente del Psi Savonese> l’annuncio a pagamento.

Il giornale riferiva che i carabinieri di Savona, ricevuta la denuncia, si erano subito messi in moto, affidando l’indagine all’allora lanciatissimo nucleo investigativo del capitano Michele Riccio.

Il giornale si chiedeva chi era il “personaggio” preso di mira e per una cifra da capogiro per quegli anni.  Si osservava che negli ambienti politici si faceva con insistenza il nome del leader del Psi, Alberto Teardo, vice presidente della Regione. Forse è utile non rivelare, anche se a distanza di anni, la fonte di quella notizia e chi fece al cronista il nome di Teardo. C’è un segreto professionale e almeno tre protagonisti ancora viventi.

Limitiamoci, dunque, a ripetere quanto si scriveva: <Gli inquirenti smentiscono che si tratti di Teardo limitandosi a confermare l’esistenza di un tentativo di estorsione nei confronti di una persona molto vicina all’amministrazione>.

Proseguiamo perché ciò che riserva spesso il lavoro del cronista, visto col senno del poi, a distanza di anni, è davvero sorprendente. La fonte giornalista indicava questo scenario: <In un primo tempo sembra che le indagini abbiano interessato ambienti cosiddetti politici. Poi si è andati ad indagare tra le organizzazioni criminose contraddistinte da etichette (Br, Nap)>.

Si tenga conto che Savona usciva, da appena due anni, dalle “bombe” del 1974-’75 e che in più occasioni qualcuno si chiese come mai un esponente politico di primo piano come era Teardo all’epoca, evitò di fare pubbliche dichiarazioni su quegli attentati, delegando altri esponenti del partito.

E lo scriviamo mettendo rigorosamente in disparte ogni illazione, ogni riferimento alla persona, anche se, anni dopo, con l’esplosione dello scandalo, il giudice Francantonio Granero mosse alcune pedine importanti, forse nella giusta direzione ( Savona-Toscana) e di cui non si è mai scritto nulla. Possiamo solo aggiungere (vicenda Teardo a parte) che andato via Granero, quella parte di dossier “è “sparita”, o non si trova più. C’era materiale con spunti  “interessanti”? Una pista lasciata cadere? Qualcuno si è mai chiesto il motivo?

Michele Riccio

Tornando al tentativo di estorsione, al cronista non risultarono altri contatti, ma non era cosi.  Del resto tra l’annuncio e la divulgazione della notizia erano trascorsi due mesi e mezzo.

Il Secolo XIX, nel primo articolo, riportava: <Chi aveva interesse a colpire Teardo? Non è un mistero per nessuno e tanto meno per i bene informati che l’esponente politico non proviene da una famiglia benestante e da anni vive con lo stipendio del partito prima (da sindacalista era passato alla segreteria del Psi) e della Regione oggi.  Da qui l’idea di una molestia, di un’azione di disturbo portata avanti con l’intendimento di creare disagio e paura….Per qualche tempo la casa di Alberto Teardo, ad Albisola, è stata tenuta d’occhio da agenti in borghese e nei suoi spostamenti soprattutto nella sua casa in montagna, l’esponente politico è stato “protetto” a distanza>.

L’11 dicembre 1977 nuovo “scoop” del Decimonono, grazie a Gino Pellosio (vedi servizio…) L’articolo inizia con: <E’ Luigi Capello, membro del direttivo provinciale socialista, consigliere d’amministrazione dell’ente ospedaliero San Paolo e presidente dell’Aicas (ente di propaganda sportiva del Psi), l’esponente politico savonese vittima di una tentata estorsione, di cui il Secolo XIX ha riportato oggi la notizia in esclusiva>.

Seguito del servizio di Pellosio: <Sul nome di Capello, sposato, una figlia, albergatore di Spotorno, ex consigliere di amministrazione della Cassa di Risparmio di Savona ed attuale braccio destro del vice presidente della giunta regionale Alberto Teardo non ci sono più dubbi>.

Superfluo oppure utile ricordare che Pellosio si occupava di sport, di calcio in particolare e dunque aveva una fonte privilegiata, sicura, nel dare la notizia.

Infatti scrive anche i particolari: <Fu Capello a ricevere il 9 settembre scorso la prima delle lettere minatorie  nelle quali gli venivano chiesti 80 milioni in cambio di “tranquillità”, per lui, per la moglie, per la figlia. Fu ancora con Capello poi – proseguivano le rivelazioni del giornalista -  che gli autori del tentativo di estorsione proseguiranno i contatti, bersagliandolo di telefonate minatorie poi estese ad altri esponenti del partito socialista>.

Gino Pellosio, in quella circostanza, intervistò Alberto Teardo che disse: <La vittima  della tentata estorsione è un compagno di partito  noto per disponibilità e bontà, ma il vero obiettivo di questa congiura è quello di creare turbamenti, preoccupazioni d’ordine politico all’interno del partito. Attraverso l’atto criminale si tendeva, cioè, a suscitare difficoltà anche famigliari ed è questo  l’aspetto più ignobile della vicenda.  In un primo tempo abbiamo davvero temuto che l’estorsione fosse fine a se stessa. Poi, troppi particolari, ci hanno convinti che l’obiettivo vero era un altro>.

Quale? Diceva ancora Teardo: <E’ una manovra contro il partito e contro me, non come Alberto Teardo, ma per quanto rappresento in seno al Psi. La scelta della persona non è stata a mio avviso casuale. Direi che è stata una scelta studiata, calcolata>.

Pellosio rimarcava che, a precisa domanda, Teardo rispondeva: <Nulla fa credere e pensare che si tratti di una manovra ordita all’interno del partito>. Pellosio concludeva il suo pezzo: <Ma il sospetto che questo attacco sia giunto non da lontano rimane e sembra radicarsi ogni momento di più, a dispetto delle affermazioni degli esponenti socialisti>.

Conclusione. Riportiamo un brano della pagina 142 dell’ordinana di rinvio a giudizio dei giudici GraneroDel Gaudio. La singolare tentata estorsione è dell’ 8 settembre 1977, dagli atti istruttori e processuali risulterà che le prime tangenti richieste e pagate sono del 1975, con punte di massimo attivismo e flussi di denaro nel 76-77. Solo coincidenze, oppure quelle fratellanze massoniche che “tutto vedono, tutto sanno….” Avevano incaricato qualcuno di orchestrare la prima bozza di offensiva? Il primo avvertimento che comunque non impedirà al “clan” di proseguire imperterrito? Solo ipotesi. Anche questo sarà tuttavia motivo di chiarimento nelle ultime puntate, quando aggiungeremo alcuni tasselli fino ad  oggi mancanti nella “Teardo story”.

Non può tuttavia sfuggire all’attenzione, all’analisi, il passaggio della sentenza istruttoria  che recita: <Quanto all’enorme disponibilità finanziaria  del gruppo facente capo al Teardo, è sufficiente riferire un unico dato, che per evidenza rappresenta una conferma dell’attività criminosa degli associati. Infatti dal 1975 al 14 giugno 1983 gli imputati di associazione a delinquere ….hanno versato sui loro conti correnti e libretti bancari quasi 20 miliardi e precisamente 19 miliardi 690 milioni 569 mila lire, con Leo Capello che versa più di 3 miliardi, mentre Teardo che fruiva del solo stipendio di consigliere regionale, versa più di un miliardo>.

Chi poteva essere al corrente di quell’ingente bottino, al punto da ricorrere ad un’estorsione multimilionaria piuttosto anomala?

La manina e la mente estorsiva non erano poi cosi ingenui e cosi estranei, lontani da Teardo e Capello, ma all’epoca (settembre 1977) lo scandalo non solo non era esploso, capo e gregari si sentivano sicuri, impuniti, protetti, all’interno del loro “bunker” inespugnato.

Nessuno pensava ad un Bailini qualunque che avrebbe firmato un esposto, ad un cronista che era a sua volta venuto a conoscenza di quel fiume di denaro sporco. E che aveva saputo a lungo custodire il “segreto”, seguire gli eventi, i personaggi coinvolti. Attendere.

Chissà se la storia, pur con altri protagonisti e diverse metodologie, si ripete ai nostri giorni e chi nel “fortino”, dalla plancia, ritiene di sentirsi al sicuro, intoccabile!

Luciano Corrado