CARENZE STRUTTURALI, impianti vecchi e obsoleti, e quindi
inquinamento prodotto, ma non rilevato. E' quanto stabilito
dall'Arpal, l'azienda regionale per la protezione
dell'ambiente, dopo un anno di controlli sui camini
dell'Italiana Coke.
Dispersione di emissioni diffuse - "nuvole di fumo" -
contenenti idrocarburi policiclici aromatici (ipa), sostanza
tossico-inquinante, prodotte durante il ciclo di produzione
all'interno dello stabilimento, e causato dall'assenza di
cappe aspiratrici nei pressi dei forni, al momento
dell'immissione del coke.
Oltre alla fuoriuscita di gas di scarico - gas di cokeria -
che dovrebbero essere bruciati da un apposito impianto per
un riutilizzo interno, ma che invece vengono liberati in
atmosfera sotto forma di particelle inquinanti.
Sono i due punti critici emersi dai campionamenti effettuati
dall'Arpal per conto della Regione che aveva disposto il
monitoraggio dei camini su richiesta del gruppo Verdi.
La relazione è stata inviata nei giorni scorsi da Genova
alla Provincia i cui uffici saranno chiamati entro fine mese
a rilasciare la certificazione Aia (autorizzazione integrata
ambientale) richiesta dall'azienda, dopo una proroga
ministeriale per i ritardi dell'ente. La prima scadenza
infatti era risalente all'ottobre scorso. Si tratta di una
sorta di "patente" legata alla compatibilità ambientale che
attesta il tipo di lavorazione e il tipo di macchinari
impiegati per garantire una tutela anti-inquinamento.
Dai dati Arpal consegnati agli uffici della Regione non sono
emersi particolari esuberi, o sforamenti legati al mancato
rispetto di tabelle e normative, ma "situazioni di vetustità
con impianti e forni vecchi, oltre all'assenza di controlli
su alcune fasi della lavorazione". E' quanto spiegato dagli
esperti dell'agenzia che insieme ai tecnici della stessa
azienda- il cui attuale socio di riferimento è il trader
genovese Augusto Ascheri - hanno lavorato gomito a gomito
durante il campionamento finanziato dalla Regione. «I nuovi
controlli, più moderni, erano stati una nostra precisa
richiesta, accolta - spiega il consigliere regionale Carlo
Vasconi (Verdi-Sinistra Arcobaleno) - il nostro obiettivo
non è certo quello di far chiudere l'azienda, che seppur
vecchia, datata 1936, deve mettersi in regola e
modernizzarsi. E' una forma di rispetto verso la popolazione
e i residenti confinanti invasi ogni giorno da fumi di ogni
tipo provenienti dalla cokeria». Secondo i Verdi e gli
uffici del dipartimento e dell'assessorato alla ambiente
regionale guidato da Franco Zunino, l'emergenza più
impellente riguarda "la produzione di idrocarburi e di
emissioni diffuse e non controllate, vista l'assenza di
aspiratori. Più lieve il problema dei gas di scarico che non
vengono assorbiti dalla centrale interna. Delle indicazioni
emerse dal piano di monitoraggio dovrà ora tenerne conto la
Provincia per rilasciare o meno l'autorizzazione integrata
ambientale già ottenuta da Ferrania, Vetrerie e Lpl. Che
dopo quanto emerso può non essere concessa, oppure può
essere rilasciata con la prescrizione di mettersi in regola
entro un certo lasso di tempo. «Siamo consci - ha detto il
portavoce aziendale - di non effettuare un tipo di
lavorazione pulita, ma l'azienda si sta muovendo, investendo
per rispettare i parametri del protocollo di Kyoto. L'Aia è
una certificazione ulteriore richiesta dallo stabilimento».
I dirigenti Italiana Coke ricordano come sia ancora in
vigore per quest'anno, l'ultimo, l'investimento triennale
pari a 35 milioni di euro per la manutenzione degli
impianti.
Alberto Parodi
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