«Impianti troppo vecchi l'Italiana Coke inquina» IL SECOLOXIX
bocciatura da parte dell'arpal
L'azienda: «Stiamo investendo milioni per rispettare i parametri»
CARENZE STRUTTURALI, impianti vecchi e obsoleti, e quindi inquinamento prodotto, ma non rilevato. E' quanto stabilito dall'Arpal, l'azienda regionale per la protezione dell'ambiente, dopo un anno di controlli sui camini dell'Italiana Coke.
Dispersione di emissioni diffuse - "nuvole di fumo" - contenenti idrocarburi policiclici aromatici (ipa), sostanza tossico-inquinante, prodotte durante il ciclo di produzione all'interno dello stabilimento, e causato dall'assenza di cappe aspiratrici nei pressi dei forni, al momento dell'immissione del coke.
Oltre alla fuoriuscita di gas di scarico - gas di cokeria - che dovrebbero essere bruciati da un apposito impianto per un riutilizzo interno, ma che invece vengono liberati in atmosfera sotto forma di particelle inquinanti.
Sono i due punti critici emersi dai campionamenti effettuati dall'Arpal per conto della Regione che aveva disposto il monitoraggio dei camini su richiesta del gruppo Verdi.
La relazione è stata inviata nei giorni scorsi da Genova alla Provincia i cui uffici saranno chiamati entro fine mese a rilasciare la certificazione Aia (autorizzazione integrata ambientale) richiesta dall'azienda, dopo una proroga ministeriale per i ritardi dell'ente. La prima scadenza infatti era risalente all'ottobre scorso. Si tratta di una sorta di "patente" legata alla compatibilità ambientale che attesta il tipo di lavorazione e il tipo di macchinari impiegati per garantire una tutela anti-inquinamento.
Dai dati Arpal consegnati agli uffici della Regione non sono emersi particolari esuberi, o sforamenti legati al mancato rispetto di tabelle e normative, ma "situazioni di vetustità con impianti e forni vecchi, oltre all'assenza di controlli su alcune fasi della lavorazione". E' quanto spiegato dagli esperti dell'agenzia che insieme ai tecnici della stessa azienda- il cui attuale socio di riferimento è il trader genovese Augusto Ascheri - hanno lavorato gomito a gomito durante il campionamento finanziato dalla Regione. «I nuovi controlli, più moderni, erano stati una nostra precisa richiesta, accolta - spiega il consigliere regionale Carlo Vasconi (Verdi-Sinistra Arcobaleno) - il nostro obiettivo non è certo quello di far chiudere l'azienda, che seppur vecchia, datata 1936, deve mettersi in regola e modernizzarsi. E' una forma di rispetto verso la popolazione e i residenti confinanti invasi ogni giorno da fumi di ogni tipo provenienti dalla cokeria». Secondo i Verdi e gli uffici del dipartimento e dell'assessorato alla ambiente regionale guidato da Franco Zunino, l'emergenza più impellente riguarda "la produzione di idrocarburi e di emissioni diffuse e non controllate, vista l'assenza di aspiratori. Più lieve il problema dei gas di scarico che non vengono assorbiti dalla centrale interna. Delle indicazioni emerse dal piano di monitoraggio dovrà ora tenerne conto la Provincia per rilasciare o meno l'autorizzazione integrata ambientale già ottenuta da Ferrania, Vetrerie e Lpl. Che dopo quanto emerso può non essere concessa, oppure può essere rilasciata con la prescrizione di mettersi in regola entro un certo lasso di tempo. «Siamo consci - ha detto il portavoce aziendale - di non effettuare un tipo di lavorazione pulita, ma l'azienda si sta muovendo, investendo per rispettare i parametri del protocollo di Kyoto. L'Aia è una certificazione ulteriore richiesta dallo stabilimento». I dirigenti Italiana Coke ricordano come sia ancora in vigore per quest'anno, l'ultimo, l'investimento triennale pari a 35 milioni di euro per la manutenzione degli impianti.
Alberto Parodi