I presidenti resistono«Blocchiamo il Comune»
il caso circoscrizioni
L'assemblea si divide: fallito il tentativo di far approvare una mozione
IL SECOLOXIX
L'ASSESSORE Lirosi sembrava un naufrago nella tempesta, ieri pomeriggio in Sala Rossa. Blandito dai cinque presidenti delle Circoscrizioni e dai consiglieri - «giunta, sindaco e consiglio comunale non si sono occupati di noi. Lui è stato l'unico a farlo» - con parole trasformate in un "fuoco amico" che ha finito per abbatterlo. Da ieri mattina, l'attività - e soprattutto, indennità e gettoni - delle Circoscrizioni sono sospese. Lo vuole una legge dello Stato e il Comune ha deciso di applicarla. Non solo: i presidenti avevano chiesto a lungo un provvedimento formale. Non ci stavano più al "gentleman agreement" con il quale - l'8 gennaio scorso - si autosospendevano l'attivitàin attesa di chiarimenti governativi mai arrivati. «Se dobbiamo fermarci, dovete dircelo con un atto scritto».Ieri è successo, ma è scoppiato il finimondo. Non andava più bene, ai presidenti. Non andava più bene anche se - il vicesegretario generale Luca Bisso lo ha spiegato con chiarezza - il documento votato dalla giunta era il più morbido possibile: un provvedimento che ha evitato accuratamente di assumere toni ultimativi o definitivi. «Una sospensione parziale e temporanea - ha detto Bisso - in attesa dei pronunciamenti definitivi da Roma». La legge Finanziaria è chiara: via subito le Circoscrizioni nelle città con meno di 100 mila abitanti. Si grida alla casta, si invoca il taglio dei costi della politica: la mannaia è caduta. Il punto è che, poi, un emendamento presentato dall'Anci (l'Associazione dei Comuni) è stato accolto all'interno del cosiddetto decreto "Milleproroghe" per permettere alle Circoscrizioni in attività di arrivare alla scadenza naturale (2011 per Savona), salvo poi non essere più rinnovate. Il governo è caduto, il decreto è sospeso nel limbo, il Comune ha deciso di procedere: «A tutela di tutti, a scanso di richieste future di danni erariali».
Ieri pomeriggio, l'assemblea autoconvocata in Sala Rossa ha finito per dividersi su tutto, spiazzata forse dalla delibera presa qualche ora prima. Richiesta, ma evidentemente inattesa. è così saltato l'accordo sull'ordine del giorno presentato dal presidente della Prima Roberto Ulivi. Un odg relativamente morbido, che si rivolgeva direttamente a Roma per chiedere chiarimenti a salvaguardia della «sovranità popolare». Non passavano neppure le posizioni dei falchi, divisi in varie fazioni. Giovanni Burzio (Sd) ha presentato e ritirato un odg che chiedeva di considerare nulla e illegittima la delibera comunale. Il consigliere della Quarta Vito Cafueri (CdL) evocava lo spettro delle «leggi fascistissime del 1929», il consigliere Giampaolo Pellegrino (Fiamma Tricolore) aggiungeva: «Le Circoscrizioni sono la coscienza critica della città, hanno preso al balzo l'occasione per chiuderle». Giuseppe Novaro, consigliere diessino nella Terza, dichiarava invece di essere prontissimo a rinunciare al gettone e che proprio nella Terza «un gruppo di potere ha cambiato la maggioranza uscita dalle urne. Assurdo ora parlare di democrazia offesa». Uno schieramento trasversale si esprimeva poi per l'ostruzionismo: «Ci sospendono, benissimo: non diamo neppure più i pareri. Così paralizziamo il Comune». Alla fine, nel caos generale di posizioni l'una contraria all'altra dei consiglieri, i presidenti - Ulivi, Larice, Murialdo, Frugoni, Fimiani - hanno alzato bandiera bianca: «Cosa faremo? Dopo questa assemblea, non lo sappiamo più. Noi, per quanto ci riguarda, agiremo in tutte le sedi legali possibili».
A. G.
Una decisione inevitabile
il commento
PRIMO, una legge dello Stato va sempre rispettata. Un punto di vista sereno ne avrebbe preso atto, attendendo gli sviluppi. Ma questo atteggiamento istituzionalmente consapevole non attiene più da tempo alle Circoscrizioni savonesi. Le baruffe di ieri, la noncuranza dei toni, dei modi, la plateale confusione dei diversi piani, lo testimoniano in modo definitivo. Lo hanno perduto insieme al loro ruolo fondante, radicato nella partecipazione e nel decentramento. Il decadimento ne ha fatto la brutta copia della burocrazia comunale: ne sono diventate l'astioso alter ego istituzionale, senza alcun mandato legittimante. Di più: si sono trasformate in un costoso sistema di ridistribuzione di poltroncine per chi non ha accesso alla prima fila. Ma al contrario che far contenti i beneficiati, crea rancori e insoddisfazioni. Sì, la legge va rispettata. Ma, comunque, tentare di rinnovare la politica non prescinde da tagli di questa fatta.
An. Gran.