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I BIG DELLA SETTIMANA SCORSA

 

 

 

Nacque nel ’49, inserito nel calendario internazionale

IL TROFEO STRAZZI?

MORTO E SEPOLTO

Era un fiore all’occhiello del “Pedale Albenganese” che si è sciolto. Come si distrugge una città, col miraggio della speculazione edilizia e del guadagno facile. La morte di alberghi e residence. L’esempio di una macchina comunale inzuppata di dirigenti, funzionari, impiegati. Il silenzio sui mutui-derivati. I troppi debiti. Chi tace e chi straparla.   

                                                    di Nostradamus

 ALBENGA – E’ probabile che questa foto sia stata scattata nel 1997. Documenta quando ad Albenga si svolgeva un trofeo di ciclismo inserito nel calendario internazionale dilettanti. Sul podio, c’è il campione di ciclismo Basso, Domenico Gaia, Franco Gallea ed un medico dirigente di Varazze.

Per Albenga ed il suo ciclismo è un “revival” dei tempi d’oro e gloriosi del “Pedale Albenganese”, un sodalizio di volontari che, alla fine, ha dovuto gettare la spugna. Rinunciare anche al ricordo, alla memoria di un concittadino, Battistin Strazzi, morto nella “Guerra di Spagna” (repubblichini).

Il fratello Mingo Strazzi, la cui famiglia gestì per anni l’omonimo caffe, volle onorare Battistin con un trofeo ciclistico.

Una delle più “vecchie” gare dilettantistiche della Liguria (la prima edizione è del 1949). Tra gli ultimi animatori figurava Domenico Gaia, famiglia assai nota nell’albenganese. Papà Vittorio era avvocato, il figlio che fu anche per un periodo collaboratore dell’Unità, del Lavoro, della Gazzetta del Lunedì, del Mercantile e di Savona Economica, e pubblico amministratore, cercò invano di mantenere in vita il Trofeo Strazzi e il “Pedale Albenganese”.

Il trofeo ebbe alterne vicende. Fu sospeso, ripreso, nuovamente sospeso. Il colpo finale arrivò con il taglio di finanziamenti da parte del Comune: 15 milioni, su una spesa complessiva di 60 milioni.

L’idea-novità di Domenico Gaia (da qui il coinvolgimento di Franco Gallea) era di abbinare sport, arte, cultura, con la presentazione alla vigilia della gara di un libro. Al Albenga ci fu, ad esempio, l’anteprima di “Caro Coppi”, scritto da Guido Vergani. Oppure “Bartali ed il suo rapporto con la Dc”.

Tutto inutile.

Il funerale a quel glorioso trofeo ingauno, segue la decadenza continua che sta mortificando molti valori e tradizioni nella nostra provincia, non solo ad Albenga.

La sfrenata corsa ai profitti derivanti dalla cementizzazione, ha sicuramente arricchito una fascia di società, ma impoverito, ad esempio, l’intero settore dell’ospitalità. Chi aveva un albergo, o addirittura un residence, ha finito per trasformarlo in una rendita sicura. Soprattutto seconde case, monolocali e bilocali. Un fiume di denaro in “nero”, invasione fiscale impunita. Scempio del tessuto sociale.

Albenga che pur è indicata, tra le città savonesi più ricche ed opulente (vedi il numero delle banche), non si è sottratta a questa sciagura che di fatto impoverisce i più, come confermano le statistiche e i dati Istat. E droga lo sviluppo, la crescita.

Non è certo promuovendo una tappa del giro d’Italia, quella o quella manifestazione sporadica, che si “fa turismo” sano e duraturo. Ed il turismo sano e duraturo si realizza laddove esistono strutture ricettive capaci di fare, a loro volta, da traino e da volano.

Non parliamo poi di scelte strategiche come la rete viaria. Anche la Costa Azzurra, spesso indicata ad esempio di sviluppo urbanistico, ha avuto il suo boom di seconde case, ma contemporaneamente sono cresciuti i posti letto in nuove e moderne strutture alberghiere. L’ospitalità è favorita ed agevolata dal sistema bancario. Il pubblico (ovvero Comuni, province e Stato) si sono preoccupati delle strade. La Costa Azzurra è servita da quattro arterie, lungo la fascia costiera, da noi, tramontata l’Aurelia bis, promessa già 45 anni fa, c’è solo la vecchia Aurelia e l’Autofiori (privata). I binari a monte sono in ritardo di mezzo secolo.

Anche ad Albenga i costruttori edili più facoltosi che avevano un albergo, un residence, hanno venduto o trasformato. E oggi è esplosa la gara ad accaparrarsi zone agricole.

La forza del denaro e del guadagno facile, con la cementificazione, da tempo sta attaccando, aggredendo,  l’agricoltura (terreni agricoli), e Trucioli Savonesi l’ha denunciato nei dettagli lo scorso mese di dicembre. Ora finalmente ne parlano anche i giornali. Non i politici del Pd o di Forza Italia, i più rappresentativi.

Un futuro senza agricoltura, dopo aver ucciso il turismo, è una nuova sciagura. Come è accaduto in quelle aree savonesi dove un tempo esistevano delle fabbriche. Le hanno chiuse per costruire palazzi, oggi emerge che senza posti di lavoro stabili, quel cemento che ha reso ricchi pochi, sta trasformando in dormitorio interi quartieri urbani. E i giovani devono emigrare, lontano da casa, alla ricerca di un lavoro.

Albenga non ha più avuto soldi per il trofeo Strazzi, in compenso navigando su internet si scopre che l’apparato burocratico del Comune è simile ad un ministero, Con dirigenti, sottodirigenti, funzionari, impiegati. Persino un’intera struttura dirigenziale riservata al turismo. Nessuno potrà spiegare che tipo di produttività potrà essere individuata e, sia chiaro, non è colpa di chi ci lavora.

Albenga è anche il Comune che si è indebitato con i mutui-derivati. Quelli che in tutto il mondo stanno scuotendo i mercati, per un disastro speculativo. Nei mesi scorsi,  nel Palazzo, c’è chi si sforzato di sostenere che quei mutui, per Albenga, erano quasi un affare. Pazzesco! Poi la pietra del silenzio. Nessuno chiede conto sulla base di analisi certificate, magari di medio e lungo periodo.

Non è un discorso di destra, di sinistra.

Sembra interessare solo il boom del cemento e delle banche (drogato), ignorando l’altra faccia. O meglio privilegiando, quasi ovunque, lo sport degli annunci, dei progetti futuri. Sarebbe utile rileggersi già cosa 10 anni fa scriveva Igi Viveri, fratello del più famoso Angelo, Angioletto, sulla sorte che certe scelte avrebbero compartotato per Albenga.

Aggiungiamo la sventurata, miope, gestione che ha preso il sopravvento nella rappresentanza degli albergatori a livello locale e provinciale. Che non si mai ribellata con forza e determinazione per denunciare il “cemento che stroppia”.

Evidentemente in Confindustria (a Savona) è difficile convivere con chi costruisce ed investe nel mattone, ricavando il massimo profitto, e chi invece deve misurarsi con il mercato dell’ospitalità ed una concorrenza durissima. In compenso un giorno si e l’altro pure leggerete la notizia che in questa o quella operazione edilizia nascerà un albergo, a quattro o cinque stelle. E magari, i pochissimi inaugurati o ristrutturati, dopo una stagione chiudono per aprire i battenti solo in estate.

Non avendo altri argomenti, ora si arriva al punto di sbandierare il boom degli agriturismo, ignorando che è diventato un business per prendere quattrini dalla Regione e dopo qualche anno intraprendere la riconversione (vedere gli elenchi aggiornati).

E “la barca va, sempre più alla deriva”! In un mare di chiacchiere, di populismo, di incapacità a scelte coraggiose, da vera svolta.

 

 

 

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