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Io indico un grimaldello, occorre che qualcuno lo usi

FACCIAMO SALTARE IL “PORCELLUM”

di Mauro Cerulli

Non sono certo un estimatore della attuale legge elettorale, che giudico il finale frutto perverso di una stagione politica tra le peggiori della nostra storia, e non sono affatto contento di dover andare a votare una seconda volta con quella che Berlusconi ha definito, forse per prendere per i fondelli chi lo stava a sentire, “una buona legge”.

Fermo restando che tutte le opinioni, anche le peggiori, vanno rispettate, non nascondo che avrei auspicato almeno in questo attuale contesto politico-economico, un sussulto di senso dello stato della nostra classe politica, che certo non brilla per abilità e rispetto delle istituzioni.

Giugno per dare il tempo al parlamento di eliminare l’attuale legge elettorale; visto che non si trovava alcun accordo, la cosa più semplice era abrogare la legge Calderoli e tornare alla legge precedente che, con tutti i suoi difetti, aveva almeno il pregio di essere stata scritta sotto dettatura del popolo italiano ed aveva assicurato la governabilità del paese e l’alternanza alla sua guida. Un’operazione del genere si poteva fare con una legge di un solo articolo e poche parole. Approvata la controriforma si poteva andare subito alle urne entro la primavera. Così non è stato perché vi sono molte, troppe, forze politiche che giudicano per loro conveniente andare a votare al più presto e con questa legge.

Le ragioni di questa scelta sono diverse ma la più importante, a mio avviso, è che con questa legge i partiti mandano in parlamento chi vogliono loro, non i migliori scelti dal popolo, ma i peggiori o i più servili scelti dalle segreterie dei partiti.

Ma avete visto lo sconcio in Senato un paio di settimane fa? Uno spettacolo disgustoso ed indecente, indegno di un paese civile: i protagonisti di quell’osceno spettacolo dovrebbero essere per sempre banditi dalla vita pubblica, eppure sono pronto a scommettere che verranno tutti ricandidati in pole position nelle liste dei loro partiti.

Il referendum promosso contro questa legge elettorale non è la panacea perché, anche se dovesse risultare vincente, non scalfirà l’aspetto peggiore della normativa ovvero non ridarà all’elettore il diritto di scegliere i propri rappresentanti, cosa che i partiti temono come la morte.

Tra l’altro i nostri politici dimostrano anche di essere profondamente ignoranti e di non conoscere la Costituzione, visto che qualcuno (ne ometto il nome per non sembrare partigiano) aveva proposto, per evitare situazioni come quella attuale, di estendere il premio di maggioranza nazionale anche al Senato onde rendere omogenee le maggioranze. La Costituzione prevede infatti che il senato sia eletto su base regionale e quindi una norma che preveda un premio di maggioranza nazionale al senato sarebbe incostituzionale.

Ma vi è un aspetto di incostituzionalità che pare essere sfuggito ai più oppure è stato colto ma è stato taciuto per evitare il peggio. Ed è qui che volendo si può gettare un po’ di scompiglio fra i nostri politici, se solo qualcuno ha voglia di farlo.

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E mi spiego meglio: scorrendo la sentenza della Corte Costituzionale che ha ammesso i tre referendum contro l’attuale legge elettorale, ho notato che la Corte ha denunziato delle “carenze” della legge medesima (eufemismo per dire aspetti di incostituzionalità) ma anche fatto capire di non poter intervenire in quanto per poter fare una cosa del genere occorre che essa sia investita del problema.

In poche parole ci vuole un Giudice della Repubblica che, chiamato a decidere su un ricorso del cittadino in materia di legge elettorale, ritenga che la legge attuale abbia aspetti di incostituzionalità e quindi investa la Corte Costituzionale del problema. Ma occorre anche che la questione sia “rilevante” ovvero che investa proprio il tema sollevato dal cittadino, perché altrimenti la Corte dichiarerebbe il ricorso inammissibile.

Cosa si può fare per portare la legge attuale davanti alla Corte Suprema? Un’ipotesi che mi viene in mente a prima vista è che il cittadino potrebbe ricorrere al Tribunale lamentando di non aver potuto esprimere un voto a favore di un candidato perché la legge non lo prevede (prevede il solo voto alla lista).

La Costituzione, agli articoli 56 e 58, prevede che i deputati ed i senatori siano eletti a suffragio universale e DIRETTO: questo significa che l’elettore deve poter esprimere un voto diretto a favore di un candidato. La legge quindi dovrebbe dare all’elettore questa possibilità, libero l’elettore medesimo di avvalersi o meno di questa facoltà.

Oggi questa facoltà non è esercitabile e i deputati ed i senatori non sono eletti secondo quanto previsto dalla Costituzione e gli elettori sono stati quindi spogliati del loro diritto.

Ovviamente il cittadino dovrebbe ricorrere al Tribunale chiedendo di poter essere ammesso ad esprimere una preferenza ovvero lamentando di non averla potuta esprimere e chiedere tutela: il Tribunale, non potendo accogliere la richiesta dell’elettore, potrebbe limitarsi a respingere il suo ricorso ma potrebbe anche, dubitando della legittimità della norma che dovrebbe applicare per respingere il ricorso, potrebbe investire la Corte Costituzionale del problema.

E se la Corte dichiarasse incostituzionale la legge sarebbe il patatrac: tutto il Parlamento sarebbe automaticamente eletto illegittimamente con la necessità di rifare le elezioni secondo un sistema diverso.

Probabilmente la Corte si limiterebbe a dichiarare l’illegittimità della norma nella parte in cui non consente all’elettore di esprimere una preferenza ma sarebbe già un bel vantaggio, perché se non altro si impedirebbe a dei farabutti che mai prenderebbero i suffragi necessari, di andare o tornare in parlamento.

E forse i partiti metterebbero in lista qualche galantuomo o gentildonna in più per poter attirare i voti di chi, con il sistema attuale, con la scheda con le liste bloccate al massimo farebbe un uso scatologico.

Ci vorrebbe un Beppe Grillo che invitasse i suoi fans ad impestare i Tribunali di ricorsi del genere: a sparare nel mucchio a volte si colpisce qualcosa.

Buone elezioni, nella consapevolezza che, se non cambia qualcosa, il prossimo parlamento sarà peggiore dell’attuale, così come il prossimo governo sarà peggiore dell’attuale. D’altra parte da molto tempo abbiamo imparato che al peggio non esiste limite e che c’è ancora molto spazio per fare dei danni.

MAURO CERULLI