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GALILEO

di Giulio Save

 

Il dibattito avviato dal rifiuto del papa di presentarsi alla Sapienza, mi pare stia offrendo delle conclusioni falsate dall’incertezza delle premesse e dall’angustia degli stereotipi. Esempio: la questione del processo a Galileo.

Credo che, su questo punto, siano paurosamente traballanti entrambi i paradigmi interpretativi dei due più forti schieramenti che si fronteggiano:

a) gli scienziati hanno ragione perché la teoria di Galileo era giusta

b) la chiesa ha ragione perché si è resa conto dell’errore e ha riabilitato Galileo

Perché, secondo me, entrambe queste due posizioni, pur così rigide, si fondano sulla sabbia? Provo a dire.

Se, alla luce dell’impostazione “moderna” o “scientifica”, che a gran voce viene richiesta, relativizziamo drasticamente tutto il relativizzabile, dobbiamo ammettere che, per esempio, la scelta galileiana (per semplificare) del Sole come centro del nostro sistema planetario è, dal punto di vista strettamente fisico, assolutamente arbitraria, e vale tanto quanto la bistrattata scelta tolemaica (sempre per semplificare) che, fra i sonori fischi del pubblico, mette a quel regale e riservatissimo posto la nostra piccola impertinente Terra. Il fatto è che l’universale e finora incontrastabile principio di relatività consente, nel caso di corpi in movimento, effettivamente di scegliere quale corpo si debba considerare in movimento e quale altro in quiete: il Sole o la Terra; ma anche viceversa. Insomma, bisogna accettare che mettere il Sole al centro del sistema invece della Terra, non è affatto la prima mossa obbligata per raggiungere il livello minimo di accettabilità scientifica; né, tanto meno, una straordinaria scelta filosofica o religiosa o che altro, da portare avanti in veste di profeti come un precetto assoluto. Qui si tratta semplicemente, ma seriamente (pacatamente, direbbe Veltroni), di una scelta fisica. Una tranquilla utilitaristica scelta operativa, fatta per agevolare progetti e calcoli. E basta.

Bellarmino

Anche per questo ho trovato inutili e speciosi, fuori luogo e soprattutto fuori tempo sia la “riabilitazione” di Galileo che la chiesa ha compiuto, sia il coro multi-partisan di approvazione che l’aveva accompagnata. Nell’entusiasmo generale, si disse: bene, era ora! E invece no! Il tempo massimo era già di nuovo ampiamente scaduto.

In realtà, dopo le folgoranti scoperte di Einstein e Heisenberg, si sarebbe dovuto, eventualmente, riabilitare dal punto di vista scientifico proprio il suo raffinato accusatore Bellarmino che mostrava una visione relativistica assai migliore di quella di Galileo!

 E perché non il papa Urbano VIII che diffidò Galileo a considerare il sistema copernicano non come assolutamente vero, ma solo una possibilità? Alla luce delle conoscenze attuali, chi dei due ha avuto un approccio, diciamo così, più scientifico, quel papa o Galileo? Sta di fatto che riabilitare un’idea scientifica superata è un’idiozia totale; o una truffa intellettuale. Sarebbe diverso se avessero riabilitato non quella teoria, ma invece la geniale coraggiosa grandiosa impostazione scientifica Galileiana, se avessero riconosciuto la domanda di libertà che questa chiede con forza, se avessero ammesso che la verità non è data una volta per tutte, ma scaturisce dalla solidificazione nel tempo della somma dei possibili realizzati. Ma può, questa ragionieristica chiesa mezze-maniche, sollevare la sottana e tentare un salto che la porti in un altro ambito, in un territorio aperto che non conosce, che teme perché non riesce a controllarlo, ma dove siamo noi?

Mi sorprende che un esperto come Odifreddi proclami che la verità è in mano alla scienza e il resto è vuoto. In realtà, è proprio la scienza ad ammettere che la verità non ce l’ha nessuno ma che ciascuno è libero di, e legittimato a, intraprendere il proprio cammino per ricercarla: “scienza e religione sono solo due aspetti complementari della realtà, ognuno col suo linguaggio e il suo simbolismo, e ognuno col proprio limitato ambito di validità” (W. Heisenberg). La scienza è il cammino verso la vera conoscenza, verso la verità, che rimane, per sé, irraggiungibile. Un cammino che è attuale ma che si protende curioso a sbirciare nel catalogo ricchissimo del possibile, verso il non-ancora-svelato, verso il non-ancora-divenuto.

Mentre quei sempre-sorridenti “riabilitatori” vaticani dovrebbero ben sapere che, mentre non esiste proprio alcun momento giusto per processare un’idea e dunque per quel vergognoso processo non c’è riabilitazione che valga, c’è sempre un momento giusto per tutto il resto. Basterebbe che rileggessero un po’ più spesso l’Ecclesiaste (“c’è un tempo per…”) piuttosto che concentrare la loro attenzione sui giornali del mattino a controllare l’andamento degli incassi dell’8 per mille o per studiare come meglio intromettersi negli affari italiani. E dovrebbero anche sapere che quel momento, per Galileo, è passato da così tanto tempo da rendere la sua recente riabilitazione un’irridente caricatura della Giustizia. Ammesso che non sia proprio questo il vero scopo.

Giulio Save  Osservatorio per la Qualità della Vita