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Rubrica. Italia allo sfascio

VIVA LE FERROVIE!

Massimo Bianco

 

Sono contrario a scrivere articoli lunghi su internet ma il disastro delle ferrovie è forse quello che più mi irrita, per cui per una volta farò eccezione. D’altronde ormai ci ironizzano sopra pure i comici di Zelig. Però gli spettatori ridono amaro, quando sono anche passeggeri abituali, vivendo il disastro di Trenitalia ogni giorno sulla propria pelle. Quello delle ferrovie è in effetti ormai uno sfacelo totale, snervante e insopportabile perfino per chi viaggia solo in maniera occasionale, figuriamoci per i pendolari,

 costretti a vedersela con casi clamorosi d’inefficienza quasi ogni giorno.

In proposito riporto uno stralcio di una esemplificativa lettera di protesta redatta appunto da un pendolare, tal Marco Mosca, e pubblicata a dicembre su La Stampa. Ecco cosa scriveva Marco Mosca a Trenitalia:

“…Avete raggiunto il top dei disservizi visto che il ritardo medio dei treni durante queste due settimane si attesta intorno ai 30 minuti. Infatti, dalla stazione di Albenga tento di raggiungere in tempi discreti Savona, ma il treno delle 16,48 viene soppresso per guasto al locomotore. (…) Alle 17,10 il Ventimiglia-Parma sarà qui ad Albenga e si tratta solo di attendere altri 22 minuti. Purtroppo alle 17 annunciano che anche quel treno è soppresso (…) il medesimo treno due giorni fa era giunto a Savona con 90 minuti di ritardo, e comunque non viaggia mai con meno di 10-15 minuti di ritardo! A questo punto l’annuncio che non ci rimane altro che aspettare il treno delle 17,28 che riporta già un ritardo di 28 minuti! Il colmo è che chiediamo l’autorizzazione ad usufruire dell’intercity delle 18,04 (che si presumeva, sino a prova contraria, potesse arrivare prima del ‘localaccio’) senza dover pagare il supplemento ma, ahimè, il dirigente della stazione di Albenga non ci autorizza. Mi chiedo se questa non sia una vera ed autentica presa per i fondelli: paghiamo un servizio anticipatamente e poi ci tocca subire disservizi da terzo mondo…

Bene, cioè male, il concetto espresso è chiaro a sufficienza, no? Risulta facile da questa missiva immaginare quale debba essere lo stress quotidiano di un qualsiasi poveraccio costretto da quella gente a rientrare quasi ogni santo giorno a casa in orari sempre più assurdi. Tanto più che come si precisa in quello stesso testo sono già passati 4 anni da quando abbiamo cominciato a scrivere ai giornali per i gravi disservizi”. Inutile dunque proseguire con la lettera, grazie comunque, caro Mosca, per quanto ci fai sapere.

Immaginatevi ora per un momento di vedere uno qualsiasi dei tabelloni con gli orari esposto nelle nostre stazioni. Posare lo sguardo sui suddetti tabelloni, almeno in Liguria, in determinati momenti dell’anno e della giornata è sconsolante, perché ormai quotidianamente vi vengono segnalati ritardi enormi per ogni corsa e perfino soppressioni. Come si può programmare un viaggio quando i treni, non solo viaggiano ma a volte perfino partono con ritardi paurosi e sempre ammesso che partano, naturalmente (“e c’è sempre lì quello che parte, ma dove arriva se parte” cantavano Cochi e Renato), per cui non vi si può fare più il minimo affidamento. Come si può, ad esempio, arrivare in tempo all’aeroporto di Malpensa per prendere il volo delle 15 se in estate i treni del mattino sono regolarmente nel caos sia a Savona sia a Genova?

I treni accumulano ritardi, però nel frattempo sono stati puntualmente annunciati, a partire dal corrente mese di gennaio, aumenti medi dei prezzi del biglietto del 15% e la soppressione definitiva di alcune corse per pendolari. Le ferrovie rispondono alle proteste sostenendo che i prezzi dei biglietti in Italia sono tra i più bassi d’Europa. Può essere, però altrove le ferrovie sono efficienti. Ho avuto ad esempio modo di provare quelle portoghesi. Non stiamo parlando di Germania o Giappone, ma di Portogallo, nazione che durante la settimana della mia visita ho avuto modo di apprezzare e stimare ma che tuttavia non ha mai goduto particolare fama di efficienza. Ebbene, i treni in quel paese viaggiavano tutti puntualissimi.

Adesso in Italia aumentano i biglietti? Benissimo, dunque i signori di Trenitalia d’ora in poi non hanno più scuse. Tutti noi che siamo costretti, ogni giorno o solo occasionalmente, a viaggiare in treno pretendiamo che l’azienda divenga finalmente efficiente, perché l’attuale schifo è insopportabile! E se non ha la capacità di funzionare che intervenga in qualche maniera lo Stato, una buona volta.

Dopotutto deve essere compito suo provvedere a far sì che i servizi essenziali di una nazione funzionino ed è dunque responsabilità anche sua l’attuale sfascio!

Il sottoscritto, pur non essendo un pendolare, ha accumulato numerosi ricordi personali di viaggi a dir poco catastrofici lungo la linea Savona-Genova e ritorno, eppure si tratta di appena 46 chilometri. Il caso peggiore si verificò circa un paio di anni fa da Genova Principe.

Anche in quell’occasione, come accade abitualmente a Marco Mosca da Albenga, il treno che io avevo programmato di prendere era stato soppresso, destino comune peraltro a varie corse precedenti e successive dirette sia verso la mia sia verso ogni altra destinazione.

Il primo treno utile successivo sarebbe dovuto partire 30 minuti dopo. Ci mettemmo infine in viaggio ma dopo una attesa ulteriormente prolungatasi di una trentina di muniti sull’orario previsto nonostante il treno si formasse a Principe, a causa di un non spiegato cambio di orario. L’avventura però non era purtroppo ancora finita perché, una volta giunti alla stazione di Cogoleto, il convoglio si arrestò e non accennò più a ripartire. La sosta si protrasse a lungo senza spiegazioni di sorta e infine fummo avvisati con l’altoparlante della stazione che saremmo dovuti scendere e trasbordare su un altro convoglio già, bontà loro, in attesa. Alle centinaia di passeggeri non restò dunque altro da fare che prendere armi e bagagli e attraversare i binari per dirigersi al nuovo treno. Passando davanti al locomotore di quest’ultimo, un viaggiatore in cammino dinanzi a me non seppe trattenersi dall’inveire nei confronti dei ferrovieri in genere, con il risultato che il macchinista, uomo evidentemente intollerante e privo di comprensione e di vergogna, si offese, iniziò a litigare e poco dopo addirittura scese dalla cabina allo scopo apparente di mettere le mani addosso al malcapitato viaggiatore. Non so come si concluse la diatriba perché io mi affrettai a prendere posto a bordo, ma presumo essersi risolta in tempi più o meno rapidi visto che una dozzina di minuti dopo finalmente ripartimmo. Morale della favola: dall’ora in cui mi sarei dovuto mettere in viaggio a quella in cui arrivai a destinazione a Savona erano trascorse in totale circa due ore e mezza per, ripeto, un percorso di appena 46 chilometri!

Gli anni passano, la scienza e la tecnologia progrediscono e invece il sistema ferroviario italiano non solo non migliora ma addirittura regredisce. Anziché tentare di risolvere i problemi l’azienda si è limitata a dilatare i tempi di percorrenza per cui, ad esempio, per la tratta Milano-Roma oggi occorrono, orario alla mano, circa tre quarti d’ora in più rispetto a vent’anni fa! E poi il sovraffollamento, perché a furia di sopprimere corse i viaggiatori sono sempre più sovente costretti a pigiarsi in piedi nei corridoi, la sporcizia che porta pulci e pidocchi, l’arroganza di alcuni controllori, gli sprechi, vedasi ad esempio le famigerate stazioni costruite a Roma con 80 miliardi di spesa in occasione dei mondiali di calcio del ’90, ufficialmente allo scopo di far arrivare gli spettatori allo stadio ma in realtà evidentemente solo per arricchire qualcuno, essendo esse rimaste in funzione per appena 15 giorni…

Eccovi un altro tragicomico ricordo personale. Linea Milano-Venezia un estate di ormai parecchi anni fa. Salgo a bordo alla stazione di Milano e di fronte ai miei occhi l’apocalisse: una marea di viaggiatori pigiati letteralmente come sardine in scatola negli scompartimenti di tutte le carrozze, nei corridoi e perfino davanti alle uscite. Dove alla fine mi incastrai io c’erano un paio di famiglie che per la mancanza di spazio si erano addirittura ridotte a infilare i bagagli nel cesso! Immaginatevi la tragedia quando a qualche signora inevitabilmente insorgeva un bisognino urgente e dunque non procrastinabile. Prima avanzare a forza di spinte e gomiti nella calca paurosa facendosi lentamente strada fino all’ingresso dei gabinetti, con tutti i viaggiatori in piedi nella carrozza costretti a turno a schiacciarsi disperatamente fino a restare senza respiro per farle spazio. Poi le due famiglie, immobili sui predellini con il rischio continuo di cascare di fuori, obbligate ad aprire faticosamente le porte del bagno, estrarre borse e valigie ammucchiate all’interno e posarle provvisoriamente nel corridoio, anche se non c’era posto e tutti quanti dovevano letteralmente montare gli uni sugli altri o, come unica alternativa (forse la migliore), saltare dal treno in corsa. Quindi pregare ardentemente che la signora si sbrigasse con le sue necessità e lasciasse al più presto libero il bagno, per poter tornare a respirare e riaccatastarci le valigie, naturalmente con l’augurio da parte dei proprietari dei bagagli che nessuno nel frattempo l’avesse fatta di fuori. Roba che non si vede più neppure in Bangladesh. Verrebbe fuori un monologo niente male per un comico di Zelig, nevvero? Soprattutto perché drammaticamente autentico. Per fortuna io dovevo scendere presto, a Verona, ma la stragrande maggioranza degli altri avrà proseguito in tali condizioni fino a Venezia, poveracci.

E poi ci si sorprende se la gente preferisce prendere l’auto? Viaggiando lungo la fitta rete autostradale italiana, dovunque si voglia andare bene o male si fa assai prima, con una quantità di disservizi tutto sommato assai inferiore e senza dover dipendere da nessun orario. Inoltre nonostante il costo della benzina e dei pedaggi (proibitivi soprattutto sull’autostrada dei fiori) basta essere a bordo in due per andare già più o meno in pareggio e in tre per risparmiare un mucchio di denaro. Per ridurre l’inquinamento, la cementificazione e i consumi, in prospettiva della prossima crisi energetica, occorrerebbe favorire il trasporto passeggeri e merci su rotaia a scapito di quello attualmente dominante su gomma, ma purtroppo i governanti italiani hanno sempre brillato per la loro mancanza di lungimiranza, per cui non hanno mai fatto nulla e continuano a non far nulla, a parte discutere di riforme elettorali e fantasticare su progetti faraonici, e oggi ci troviamo ancora a livello di pura utopia, in attesa del caos prossimo venturo.

E per giunta al malfunzionamento causato dall’azienda, interessata solo a tagliare i costi e ad aumentare i profitti anziché a svolgere un servizio pubblico, si aggiunge il danno prodotto abitualmente dai ferrovieri: perché costoro da almeno trent’anni in qua non fanno che scioperare. Ma si vergognino, che non se ne può più. Qualsiasi categoria lavorativa sciopera solo quando è davvero necessario per ottenere le proprie giuste e sacrosante richieste (purtroppo in Italia sembra che nessuno ti ascolti se tu prima non ti applichi nel causare disagi), ma quella manica di lavativi che risponde al nome di ferrovieri (e aereo portuali) protesta per qualsiasi motivo, giustificato oppure no (il più delle volte no) da almeno tre decenni. Quando qualcuno si astiene dal lavoro per motivi sindacali praticamente ogni mese per anni e anni e anni consecutivi, cade automaticamente nel torto anche quando di fatto avrebbe ragione!

Tutti noi italiani ne abbiamo le palle piene e saremmo felici se i ferrovieri fossero licenziati in massa e sostituiti tramite concorso pubblico da qualcuno dei tanti disoccupati che la voglia di lavorare ce l’avrebbe sul serio e allora, viva le ferrovie!

Ma ne riparleremo tra due settimane, attraverso un mio racconto di narrativa ambientato proprio su di un treno. Saluti.

Massimo Bianco