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Vele d’altura a Cortina
di Nonna Abelarda

 

Barcellona

Mi riservo di riprendere con calma il filo del discorso che stavo seguendo nei precedenti interventi, perché sono argomenti che meritano ponderazione. Stavolta volevo soffermarmi solo su un piccolo particolare.

Ho avuto una illuminazione, in questi giorni. Qualcuno non sarà d’accordo, per qualcun altro al contrario sarà ovvietà, e tuttavia trattasi di argomento la cui logica mi appare ovvia.

In tanti, da industriali più o meno giovani, a politici di varia natura, ad altri operatori economici di Savona e dintorni, si riempiono la bocca con alcune città europee che evidentemente si ritengono moderne e progredite.

Di volta in volta dovremmo assomigliare a Barcellona, o ad Anversa, o Rotterdam… Un modello ispiratore da seguire, per un futuro luminoso. E al solito, senza discussione o contraddittorio, come fosse ovvia la bontà intrinseca del proposito e dell’esempio. Da tappare subito la bocca a tutti, un po’ come la storia dei posti di lavoro. L’argomento estremo e definitivo.

Vorreste mica contestare, no? Chi di noi frustrati e ignari provincialotti alla buona non vorrebbe una città somigliante a Barcellona, la perla della Catalogna? Chi non vorrebbe ricchi traffici portuali che rivaleggino con quelli delle città del Nord Europa?

Mia figlia è stata a Barcellona in crociera, gita scolastica, mesi fa. Entusiasta della città, delle vie, dei negozi, dei locali, del passeggio. E anche del suo aspetto. Bella la città, no? – le chiedo, per quelli che sono i miei vaghi ricordi e il sentito dire.

Esita un attimo. Sì, certo, bella, bellissima, però, quest’orrore… - e mi mostra una foto, un panorama da lontano, dall’alto, in cui si intravedono bei palazzi e vie ordinate, ma al centro… al centro campeggia, spicca, s’impone  un coso nerastro altissimo e fuori contesto, per di più a forma di siluro.

E’ uno schifo, quello. – mi dice, inorridita. – Noi  lo chiamavamo  tutti la Supposta. L’ha progettato un famoso architetto, uno con un nome strano.

Fuksas? – chiedo, sospirando, colta da intuizione. Annuisce. Proprio lui. Ma guarda te, le analogie. E poi, il lungomare invece gliel’ha messo a posto Bofill, vero? Eh, già. Siamo proprio uguali uguali.

Mi sono andata a guardare un po’ di immagini in rete. Lo consiglio, anche a chi pur digiuno come me di ogni criterio architettonico voglia farsene un’idea. Ho visto un bell’ edificio pubblico, mi pare un teatro progettato da Bofill, in quel lungomare. Da noi nuovi musei e teatri, in queste ristrutturazioni, dove sono?  Cosa viene elargito alla cittadinanza? Se non riusciamo neppure a mettere a posto la piscina. Se ci han tolto persino l’Astor, per quel poco che era. Ma non è solo questo il punto. Ho visto un  paio di grattacieli simili alla nostra torre Orsero. Nulla da dire, in questo caso. Se non che mi risulta in Spagna la smania modernista sia già un po’ passata, e Zapatero voglia inaugurare un piano per abbattere molti palazzi sui lungomari della Costa del Sol, tanto per dire. Però…

Ecco, veniamo finalmente a quel però. Facciamoci un ripassino di geografia da elementari. Lo so, la geografia e la storia sono le materie più bistrattate, ormai, per cui non sappiamo dove siamo, da dove veniamo, e di conseguenza dove andiamo. Sappiamo solo, però, che ci andiamo in compagnia di Vespa e del Grande Fratello. Consolante.

Andiamoci a guardare delle cartine fisiche, quello con i monti i mari e le pianure. Dicesi Liguria una stretta, strettissima lingua di terra praticamente strappata al  mare, con aspre colline e persino montagne subito alle spalle, e pochissime anguste pianure alluvionali alla foce dei fiumi. Fiumi che peraltro non sono che torrentelli ad andamento stagionale. Ora guardatevi delle immagini di Barcellona, sia cartine sia  foto. Guardatevi immagini di città del Nord Europa. Non notate differenze, nella conformazione del territorio, tipo… che so… ampi spazi… zone pianeggianti… fiumi veri e propri con conseguenti foci …No? Proprio tutto uguale, pare Savona spiccicata? Pare Vado Ligure con Bergeggi subito dietro?

Bene, a questo punto mi chiedo: posto che sulla bellezza intrinseca di certe opere architettoniche si può discutere secondo gusto, posto che sulla logistica portuale e retroportuale si può argomentare a lungo, ma lo spazio, gli spazi, la conformazione del territorio, le caratteristiche dell’ambiente e delle città che vi sorgono, non contano proprio niente, in questa discussione? Si può esportare pari pari tutto quanto da qui a lì, da Dubai a Savona, da Anversa a Vado Ligure,   senza differenze, senza ripercussioni, senza valutazioni?

Bisognerebbe starsene muti solo a sentir invocare i grandi nomi, le grandi città, le grandi compagnie?

Per me il contesto ha una importanza enorme, invece, è la prima cosa da considerare. Sia dal punto di vista estetico, sia da quello pratico, logistico, strategico, sia da quello economico e occupazionale, sia da quello ambientale.

E scelte sbagliate non solo sciupano risorse, ma si ripercuotono sul futuro e ce ne portiamo dietro le conseguenze, amplificate, per molto tempo.

Facendo un esempio estremo, sarebbe come, che so, se per rilanciare il turismo a Cortina si puntasse tutto su scuole di vela,  e a chi protesta si dicesse: ma se abbiamo chiamato addirittura Paul Cayard! Oddio, magari con l’effetto serra sarebbero lungimiranti, ma insomma…

Intanto la torre Bofill è lì. Bella, eh? Per il momento non mi pare serva a qualcuno, ed è piuttosto desolante. Anzi, sembra un pessimo biglietto da visita per ciò che deve ancora venire, con tutti i suoi problemi strutturali, funzionali, ambientali e di acquirenti alquanto riluttanti. Se almeno questo  portasse un po’ di resipiscenza. Lo so, i giochi sono già fatti o quasi, ma insomma… qualcosa  si può ancora evitare.

Fra poco interreremo una baia, ingolferemo un retroterra, impileremo cassoni, come se potessimo moltiplicare gli spazi, come se fra Vado e Savona ci fosse il lungomare di Ipanema. Fatevi dire da chi di porti se ne intende, di quanto spazio dispongono i porti del Nord Europa, di quanto spazio dispone Barcellona per razionalizzare turismo, diporto, spazi commerciali e infrastrutture.

Non aspettiamo a scoprirlo quando sarà tardi per aggiustare i progetti. Arrivar tardi, e male, e fuori contesto sulla scia degli altri non è mai buona politica. Puntare sul futuro e sulle programmazioni alternative e lungimiranti, magari lo è di più.

Fra parentesi, piccolo fuori programma, ma sempre utile per pensare: che cosa  respiriamo noi, se gli alberi cittadini, indeboliti, si ammalano di ogni sorta di parassita? Sarà solo un caso, o un segnale? Sarà slegato da tutti quei dati sulla qualità dell’aria che ci negano o ci forniscono a dubbi spizzichi?

Buona sopravvivenza, e alla prossima.

 Nonna Abelarda