Alassio – Nell’archivio di un
cronista che per oltre 40 anni ha seguito la cronaca savonese (nera, rosa,
bianca, giudiziaria)
c’è di tutto e di più. Almeno diecimila fotografie che “Trucioli”
pubblica a puntate. Eventi che raccontano storie belle, felici, ma anche brutte,
terribili. Con vicende misteriose, mai chiarite e spesso finite nel
dimenticatoio. Molti i personaggi noti o sconosciuti. Molte le foto inedite, mai
pubblicate, a volte per motivi d’opportunità o per scelta.
Non mancano alcuni
protagonisti delle cosiddette istituzioni, ovvero i servitori dello Stato. Ad
esempio nell’Arma dei carabinieri, la foto sopra riprodotta ricorda una
cerimonia, a Savona, presenti anche l’allora comandante provinciale, Col.
Massimo Cetola, con a fianco il comandante provinciale della Guardia di Finanza,
Col. Antonio De Matteis. Quest’ultimo è da qualche tempo in pensione ed ha
scelto l’oasi di Garlenda per la vecchiaia, acquistando e ristrutturando una
casa di campagna.
Massimo Cetola ha raggiunto
il “vertice” della Benemerita, con sede a Roma. Da fine novembre è iscritto
nell’albo d’oro dei vice comandanti generali. Il primo Giovanni Maria Cavasanti,
colonnello, fu designato il primo novembre 1982, in carica fino al dicembre
1830. Il predecessore di Cetola è stato Goffredo Mencagli, generale, nominato il
17 luglio 2006.
L’Arma “nei secoli fedele
allo Stato” ha ricevuto dal Comune di Alassio un riconoscimento e con essa il
suo rappresentante (secondo nella scala gerarchica) Massimo Cetola. Un ufficiale
che da giovane tenente prese servizio nell’estate 1974 ad Alassio e si trovò al
centro del sequestro-Berrino. Un rompicapo. Cetola, con pacatezza e
determinazione, senza preconcetti, senza platealità, finì per farsi un’idea di
come andarono le cose. Una soluzione che non coincideva con la posizione
sostenuta da Mario Berrino e dai suoi difensori.
Ebbi il privilegio – oggi
posso rivelarlo – che uno dei due difensori di Berrino, il maestro del foro
ligure Ernesto Monteverde che era anche il legale storico del Decimonono, e mio
ottimo difensore in diversi processi per diffamazione e soprattutto violazione
del segreto istruttorio (processi sempre andati a buon fine per l’imputato),
espresse più volte un concetto. In sintesi. Quel “giovane” ufficiale (Cetola)
vuole distinguersi, forse far carriera, sostenendo la tesi del “finto sequestro”
oppure “concordato”. Tesi che non sta in piedi, ma è riuscito a farla
condividere anche da pm e giudice istruttore. Con Raimondo Ricci, altro storico
avvocato, difensore <abbiamo anche parlato con procuratore generale… perché
richiami all’ordine lui (Cedola) e i superiori…>.
Cedola non si lasciò
intimorire, dopo aver probabilmente intuito che “aria tirava”, ha proseguito
sulla sua strada. Tanto da non meritare neppure un cenno nel libro dove Mario
Bercino ricostruì la vicenda, raccontando la sua verità che faceva a pugni con
le conclusioni dell’inchiesta giudiziaria.
Non sappiamo se gli
organizzatori della meritata “cittadinanza onoraria” e dei festeggiamenti hanno
voluto rendere onore anche a quell’atto di servizio e fedeltà di Cetola.
Quelle pagine non possono
essere state dimenticate da Cetola, nonostante una carriera di gravosi impegni e
sfide, da Nord a Sud dell’Italia. E neppure rimosse dalla storia alassina,
edizione 2007.
Nel suo legame davvero
speciale con Alassio (dove vivono alcuni ex collaboratori amici) questa pagina
che gli fece onore, forse può far comodo a qualcuno ricoprirla con l’oblio
dell’uomo. Non dalla storia. Ci sono ancora tutti gli atti, una causa civile
senza fine in corso, alcune confidenze (inedite) di uno dei fratelli Galleani.
Mentre molti protagonisti ci hanno lasciato, in qualche caso tragicamente. Altri
vivono con ferite mai saturate.
Le foto della serata di
festa mostrano volti sorridenti, brindisi, calici in mano, difficile credere che
il festeggiato non abbia pensato per un attimo a quel “giallo” che sbatté
Alassio sulle prime pagine dei giornali, non solo in Italia. Se non altro perché
trascorse anche a lui notti insonni, interminabili giornate di lavoro, subissato
dalle telefonate dei giornalisti.
Difficile non ricordare la
scia di dolore, di morte, di mistero che quel giallo si trascina dietro, a 34
anni di distanza.
Serve ancora avere una
“memoria”? Per i vivi e per i morti anche nelle ricorrenze ufficiali? Con il
gonfalone e la fascia tricolore?