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TRUCIOLI  SAVONESI: LA “MONESI STORY”

40 ANNI TRA GLORIA E CONDANNE A MORTE

 

A Luciano Corrado 

Sono un lettore del sito “trucioli savonesi”, e desidero innanzitutto farLe i più sinceri complimenti per i contenuti approfonditi ed il taglio critico, ma anche costruttivo, dei suoi articoli, che permettono di far luce sulle complesse trasformazioni immobiliari che stanno stravolgendo la nostra riviera (sono funzionario del Settore Urbanistica ....... E le questioni relative alla pianificazione del territorio mi interessano abbastanza e credo di conoscere).

Ho letto anche con piacere l’articolo “il buen retiro del vescovo” (ora ex di Savona, Calcagno), dove si parla con affetto delle nostre montagne e dell’antico mestiere del pastore.

Anche i miei vecchi, da Pietrabruna, andavano a fare il fieno a Pian latte, al Garezzo, a Garlenda.........., e anch’io appena posso vado su, estate e inverno, a piedi, in m.bike, con le ciaspole, con gli sci (sarà questione di cromosomi?). Per me sono i posti più belli del mondo!

Un unico appunto (ad integrazione dell’articolo con i nomi dei pastori presenti sulle nostre Alpi): esiste ancora un vero pastore “brigasco”, si chiama Giovanni Lanteri (Giuvanin per gli amici), classe 1935, ha un centinaio di pecore brigasche (due “sciorte”), e una ventina di capre. D’estate sta nel “Ciotto de Giaire” (due chilometri oltre la galleria del Garezzo, verso Triora), e d’inverno sta in Drego (per la strada tra Andagna e il Passo Teglia). E’ un vero saggio!

Poi c’è n’è un altro pastore da ricordare, non è brigasco perché appartiene a Ponti di Pornassio, ma è un personaggio anche lui.

Si chiama Mario Peirano, e con la moglie Gabriella d’estate vivacizza la conca dei Loxi (il bivio tra la Monesi-Limone e la strada per il Saccarello), dove cura un bel po’ di mucche e di pecore (queste sì brigasche).

Scusandomi per il tempo che Le ho fatto perdere, con stima e simpatia, Le porgo i più cordiali saluti, e ... Buon Anno. 

(lettera firmata)

RISPONDE LUCIANO CORRADO

 


 Dove è finita....la vacanza  indimenticabile....?

Chi aveva il dovere politico e sociale di scongiurare la morte di Monesi? Sono state sottovalutate le conseguenze, oppure è soprattutto un problema di incapacità di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica? I politici hanno o non hanno contribuito a provocare gravissimi danni ad un'intera comunità? Eppure nessuno di loro ha mai fatto autocritica. Nessuno ha avuto l'umiltà, il buon senso, di chiedere almeno scusa.

 

Grazie per l’incoraggiamento, a volte serve. Ha ragione il lettore ed ha fatto benissimo a completare l’elenco dei pastori che frequentano la zona delle Alpi Marittime di cui mi sono occupato.

Con questo blog abbiamo deciso di raccontare (per non dimenticare) soprattutto alle giovani generazioni che forse non la conoscono nella loro interezza, la storia di Monesi (un tempo descritta su depliant e pubblicazioni “piccola Svizzera della Liguria” o...”il paradiso verde della Riviera dei Fiori”).

Dava lavoro per l’intero arco dell’anno a centinaia di famiglie, ad aziende e indotto. Si era avviata una fiorente attività turistica (soggiorni estivi ed invernali, investimenti immobiliari in qualche caso anche eccessivi,  con apertura d’alberghi, bar, ristoranti, negozi. Oggi falliti, in rovina, abbandonati o chiusi. Una desolazione, natura stupenda a parte.

La sola seggiovia attirava una media di 40 mila passeggeri l’anno, statistiche tra il 1960 e il 1970. I pullman stranieri e italiani intasavano spesso il parcheggio e strade attigue. Un’intera vallata aveva dei benefici. Creava benessere e ricchezza, senza inquinare.  La cura ideale contro lo spopolamento della montagna tanto sbandierato dai nostri governanti e politici, di destra e di sinistra. Praticata, con successo, solo in Alto Adige.

Quei politici che non erano e non sono tutti uguali. E’ doveroso ricordare la coerenza di Paolo Emilio Taviani che non solo sceglieva Monesi, con parte della famiglia e degli amici, per trascorrere all’albergo Redentore, in estate, alcuni giorni di vacanza (assieme agli inseparabili Paccagnini – segreterio particolare - e Olimpio, capo ufficio stampa), ma con il denaro del Ministero degli Interni finanziò  sistemazione ed allargamento di strade tra Piaggia, Carnino, Upega e zone attigue per 300 milioni, riferiti a fine anni sessanta. Non erano neppure suo feudo elettorale.

 

 

 

 

 

 

 

Un'immagine di Monesi ripresa dal depliant
del Comune di Mendatica, ai tempi d'oro

 


Paolo Emilio Taviani

Cosa hanno saputo fare i successori di Taviani lo racconteremo a puntate nelle prossime settimane, lasciando parlare atti, documenti ufficiali, di cui non da oggi siamo in possesso. Per fortuna la storia “non perdona”, alla fine presenta il conto. Ognuno può trarre le conclusioni.

Leggerete di promesse mancate, di bugie smaccate, d’interviste a professionisti della politica.

Nomi e cognomi e chissà che qualcuno non abbia almeno il pudore di vergognarsi quando cammina, osannato, da un angolo all’altro della nostra Regione.

C’è stata una condanna a morte inflitta ad una popolazione innocente che aveva avuto il solo torto di essere nata ed abitare lungo un’intera vallata. Con grandi potenzialità. Una comunità forse troppo credulona, educata, incapace di alzare le barricate per far sentire la sua voce. Tenacemente attaccata alle origini, tradizioni.  Che ha sempre premiato la “balena bianca o azzurra” dello scenario politico italiano.

E’ vero che grazie agli stessi politici molti “sfrattati” dal boom di Monesi hanno trovato un lavoro all’Autofiori, in enti pubblici (Regione, Provincia, Comuni, Asl, comunità montane, case per anziani), ma non è la stessa cosa.

Basti pensare alla perdita di valore degli immobili e delle aree. A 10 chilometri in linea d’aria il suolo si vende a peso d’oro, in quell’area depressa non si riesce neppure a svendere. Parlano cifre, statistiche, lo stato di fatto. Lo scenario demografico.

Infine sono doverose alcune precisazioni. Oltre a quelle segnalate dal lettore, riferite ai pastori, è utile un chiarimento, seppure non richiesto per la riserva di caccia delle Navette.

Ho scritto in conformità a un vecchio articolo, senza consultare gli appunti storici che conservo. Manfredo Manfredi, dagli appunti, non risulta socio dell’industriale Carli ...vedi il precedente servizio sul vescovo Calcagno e i Galleani... La riserva di caccia alle Navette dell’ex parlamentare ed ex sottosegretario DC, si estende all’incirca per 250 ettari e tra i soci (allora) figuravano il fratello, poi Giribaldi e Damonte (Centro profughi di Pigna). Assai più estesa la riserva di Carlo Carli, mille ettari di proprietà del Comune di Tenda, ma sotto la giurisdizione (dal 1947) di Briga Alta. La concessione con durata 29 anni, è si avvicina alla scadenza e forse non sarà rinnovata. Carli, figura assai benvoluta nell’intera vallata, gran passione per quelle montagne, paga un vecchio canone di 13 milioni di lire all’anno.

Ps: iniziamo con la pubblicazione dei primi due documenti d’archivio per la serie: Chi ha condannato a morte Monesi? Senza un processo....

Il primo articolo, 12 aprile 1986 ...VEDI... porta la firma di Luigi Leone, già redattore del Secolo XIX a Imperia, oggi opinionista da prima pagina dello stesso quotidiano, a Genova.

Il secondo servizio, 4 novembre 1988...VEDI... è firmato da una veterana della redazione imperiese dello stesso giornale, Loredana Grita.

Come vedremo in seguito non si sono mai approfonditi da una parte il seguito della politica degli “annunci” e dall’altra quella che la Gabanelli di Rai 3 chiamerebbe “come è andata a finire?”. Insomma, a completezza dell’informazione, per non dimenticare.

Luciano Corrado