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Vecchie piccole battaglie ambientaliste
di Nonna Abelarda


Parco dell' Adelasia

Nonostante non sia più una giovincella, non soffro di solito della tendenza a indugiare su rimpianti e ricordi. Preferisco pensare sempre al futuro e basta, e credo sarò così anche a novant’anni, se ci arrivo.
Ma pare che il compito delle Nonne sia solo far la calzetta, essere sagge, moderate e soprattutto rassegnate,  

 Ma pare che il compito  delle Nonne sia solo far la calzetta, essere sagge, moderate e soprattutto rassegnate, dare il buon esempio  e raccontar fiabe ai piccini, che non convenga loro scaldarsi e infervorarsi, tanto meno lottare per ciò che credono giusto,  e allora, per questa volta, mi adeguo, riandando con nostalgia a due piccoli episodi del passato. Due microscopiche battaglie vinte. Intendiamoci, non voglio né darmi delle arie, visto che sono stata una pedina come tante, né tanto meno dar lezioni ad alcuno, ma solo raccontarle, sperando che possano essere di spunto ed esempio per chi, ancora adesso, ha battaglie da compiere. Esempio di come spesso, se si crede in qualcosa, se si è disinteressati, senza scoraggiarsi, senza arrendersi, da piccoli particolari trascurati, o non avendo paura di andare oltre certe barriere, usando un po’ di originalità e fantasia, si possano ottenere risultati insperati, da posizioni del tutto marginali.

Certo, i tempi erano diversi, e non so se adesso sarebbero altrettanto efficaci. Adesso il sistema è molto più compatto, gommoso, difficile da bucare con uno spillo. Impermeabile e impassibile, quasi spudorato. D’altra parte, allora non c’era Internet, o era agli inizi… Sto parlando di una decina di anni fa. Comunque ometterò nomi e luoghi, tanto quello che importa è solo l’esempio.

Entrambi gli episodi riguardano  una ridente e verde valle, che inizia alle spalle di Savona. Ci siamo capiti. O comunque l’immediato entroterra. Oddio, ho un po’ di paura a rievocare, magari potrei far venire idee strane a qualcuno, far tornare alla mente i progetti, o suscitare nuove idee. Tipo: che bello, perché non facciamo una fabbrica di napalm a Ciantagalletto? Un grattacielo all’Adelasia? Cose così, adesso van di nuovo di moda. Tra l’altro, proprio alcuni di quei boschi specifici sono andati distrutti di recente in seguito a incendio “accidentale”. Mi è tornato subito alla mente il progetto. Non è che l’incendio era propedeutico, invece? Ma non divaghiamo.

 Primo caso: si parlava di una piattaforma di rifiuti tossico nocivi, con annesso inceneritore. Sembrava si dovesse costruire a tutti i costi, e che dovesse per forza essere individuato un sito nel savonese. Dopo discussioni e dibattiti, si viene a sapere da voci che trapelano che il sito, a forza di discussioni e compromessi, sarebbe già scelto: una zona boscosa e incontaminata. Si parla di due o tre consigli regionali fa: era l’epoca  in cui Genova era padrona, e il ponente ligure, soprattutto il savonese, provincia di rapina, come ai vecchi tempi delle torri mozzate. Le decisioni si prendevano da distante sulla base di accordi politici, di compromessi, che non tenevano in alcun conto il territorio e le sue esigenze. Mica come adesso, per fortuna, che Savona è molto apprezzata e ascoltata, e faro e avanguardia di progresso per tutti. E che progresso.

Il panico si diffonde, e gli ambientalisti le provano tutte, dimostrano da dati geologici che lì sotto ci sono le falde acquifere di Savona, i pericoli di infiltrazione, di smottamento, dati tecnici su questo e altri problemi gravissimi, evidenti, e su dove andrebbe la nuvola di fumo grazie alle potenti correnti d’aria.  Il sindaco del territorio interessato prova a opporsi, con tutti i mezzi, a cercare alleanze.

Niente, pareva che non ci fosse niente da fare, tutto deciso ormai, mancava solo la ratifica. Con i miei colleghi parliamo della cosa, sconfortati, poi uno di loro riesce ad avere, da un suo amico di qualche associazione, un numero personale (non c’erano ancora i cellulari) da chiamare per contattare dei consiglieri in regione.

Da bravi e soprattutto ingenui cittadini, antesignani di Beppe Grillo, pensiamo di avere tutti i diritti di parlare direttamente  e avere spiegazioni dai nostri rappresentanti. Ci risponde uno, cordiale invero, che ci passa il suo collega direttamente interessato alla pratica, uno che di lì a breve cambierà partito, e poi ancora e ancora, negli anni. Partito, sì, ma non poltrone di potere, sempre più ragguardevoli.

E’ sprezzante, infastidito che ci siamo procurati quel numero. La prima obiezione che facciamo, che sorge spontanea è: ma se proprio quella piattaforma s’ha da fare, perché non in una zona già industrializzata, magari da bonificare, così è anche più sotto controllo? Risponde ancor più ostile: non possiamo far ragionamenti del genere, i posti da bonificare van bonificati e basta.

Allora, capisco l’antifona: siccome su certe aree industriali inquinatissime si è già fatto troppo rumore, e biasimo nazionale, ‘sti qui non possono permettersi di approvare insediamenti così devastanti.

E allora, di comune accordo, per pure ragioni di immagine e di compromesso politico, si sono svenduti in cambio i nostri boschi più belli. Gli parlo delle sorgenti d’acqua, degli smottamenti eccetera. Il tizio pare annoiato e irremovibile.

Poi, accenno appena a una cosa che ci era venuta in mente guardando le cartine: ma lo sapete che lì vicino passa l’Alta Via dei Monti Liguri?

Silenzio assoluto dall’altra parte. Improvvisamente, quel tale, che avrebbe dovuto essere di fede più o meno ambientalista, ma che dei fricchettoni  ecologisti idealisti in t-shirt se ne fregava alquanto, che di avvelenare l’acqua della città se ne impipava, doveva essere consapevole di cosa significasse ritrovarsi contro il CAI inferocito, e magari gli Alpini, perché no, e poi quelle associazioni di Trekking, e che so, il Touring Club internazionale, e organismi europei…

Visione orribile.

Be’, ci credereste? Della piattaforma non si parlò più, di lì a poco. Non voglio credere che sia stato merito mio, ma intanto, i sassolini gettati nello stagno giusto servono eccome.

Secondo episodio: si parla con insistenza di costruire una grande pista automobilistica, per gare, collaudi e noleggio auto per sport, anche qui proprio in mezzo a un’altra area boscosa e incontaminata, semplicemente stupenda nella stagione dei funghi, un’oasi di pace e di natura.

Il progetto era esaminato con interesse dai sindaci dei comuni interessati. Eh, certo, lo sviluppo…motori rombanti a tutte le ore, scappamenti a tutto gas, cinghiali col paraorecchi.  E poi, era chiaro che fossero previste nuove e ampie strade d’accesso, a sfregiare i boschi, e  anche insediamenti edilizi lì intorno, no?

Vedo un mio collega, che con la moglie ha da poco acquistato una casetta nel verde  lì vicino, alquanto abbacchiato. Anche qui, sembrava che il progetto fosse destinato ad andare avanti, e che servisse a poco cercare di appellarsi ai politici locali. Tentativi di petizione fra il vicinato sembravano destinati a fallire: troppo pochi gli oppositori, fra quelle casette sparse, e poi, non mancavano i favorevoli. Si sa, in Italia i motori, insieme con il calcio e con un’altra cosa che non nomino per decenza, sono praticamente equiparati a Dio.

In Italia, sì, ma… altrove?

E così, in men che non si dica, scrivemmo una petizione in più lingue, facendoci aiutare dai colleghi stranieri, corredata di piantine, documentazione, valutazione delle qualità ambientali del luogo. La firmammo in tanti, e la spedimmo non ricordo più se a Bruxelles o Strasburgo. Contemporaneamente (erano i primi tempi di Internet) bersagliammo di e-mail e documentazione anche non so quanti parlamentari europei, presidenti di commissioni ambientali, eccetera.

Be’, anche grazie a quel clamore il progetto fu archiviato.

E chi dice che con le buone azioni non si guadagna niente? Oltre alla soddisfazione, ne ricavammo una lauta cena a causa del riconoscente collega, nella sua bella casetta fra i boschi, per il momento salva.

Questa è la morale? (Non manca mai la morale, alla fine delle fiabe delle Nonne).

No, la morale secondo me è che bisogna imparare dagli americani, dalle loro piccole e grandi battaglie civili, dalla parte positiva della loro società.

Se masticate un po’ l’inglese, e se non l'avete ancora letto, andate... qui...Sul prestigioso New York Times in rete, addirittura ripreso dalla prima pagina, un servizio motivato, informato, equilibrato, completo sulla situazione italiana. Vero giornalismo da fare tanto di cappello. Manca solo il punto di vista ambientale, purtroppo, ma in compenso c’è un video ben fatto, con intervista e spezzoni di spettacolo, su Beppe Grillo come nuovo fenomeno politico. Se avete sentito come hanno parlato di questo articolo politici italiani e informazione, con quali grossolane bugie l’hanno commentato,  fatevi un’idea anche della realtà parallela che stiamo vivendo.
Anziché farci insegnare  dubbi sistemi di esportazione delle democrazie, come facciamo ora, proviamo a capire da loro come si lotta con efficacia, tenacia, coerenza in democrazia. Non mancano certo esempi qui da noi, ma ancora troppo pochi.Impariamo da loro ciò che va imparato: basta studiarsi un po’ i film, da Erin Brockovich (una potente azienda battuta da una quasi illetterata!), agli Intoccabili (il boss dei boss fregato da una minuzia fiscale),  a Tutti gli Uomini del Presidente, eccetera.…imparare a ragionare da cittadini e non da sudditi, quali noi italiani tendiamo spesso a essere. Imparare a non trascurare particolari, persone, a cambiare tattiche, ad aggirare i muri.

Solo così Davide può avere qualche speranza con Golia.

  Nonna Abelarda