Grazie a Gad Lerner,
                                                     di Sergio Giuliani    versione stampabile

perché mercoledì sera ha mandato in onda una trasmissione solida e misuratissima sulla strage di Torino.

Ci eravamo scordati le facce dei lavoratori, l’esprimersi dei lavoratori, lo scontare il dolore dei lavoratori, la loro rabbia che fa stridere i denti ed abbassare la testa e la loro paura delle “chiacchere” che, spente le telecamere, lasciano ancora più soli e come sporcati.

Solo fatti, dalle loro voci roche o nervose, perché portano ad espressione un rodìo interiore più esploso che detto, assai più silenzio che ammicchi da portaaporta.

Hanno ragione, e basta! Anche Lerner è stato insolitamente poco conduttore ed ha lasciato tutto lo spazio a dolorosissimi ricordi e considerazioni così vere da togliere il fiato, Segnalazioni di pericolo irrise, ricatti tutti tesi a far risparmiare l’azienda  pena la chiusura, informazione sui fatti finalmente brevissima e pesante come macigni. I rappresentanti sindacali con la testa appoggiata alla mano, silenziosi o quasi; il sindaco Chiamparino come annientato e che poco ha aggiunto alle rivelazioni degli operai; il tutto segnato dai canti ebraici, i più belli che io conosca, di un Moni Ovadia senza spettacolo e senza un sorriso.

Era un terribile canto di lager anche quella trasmissione, col libero fluire di verità fino ad ieri denegate e ignote, in cui entravamo tutti, cittadini frettolosi e “natalizi” che ritengono il soffrire ed il rischiare sul posto di lavoro un qualcosa a cui sfuggire cercando altro per i propri figli (legittimo!), evitando l’informazione (che è un dovere, eccome!) fuggendo nelle lepidezze dei reality: guai a chi ti scassa il presepio!

Abbiamo capito la progressiva, abissale assenza dello Stato dal mondo del lavoro: alzi la mano chi sapeva che nel centro di Torino si laminano acciai speciali e chi sapeva che le ispezioni dell’Ispettorato del lavoro in fabbrica si fanno non a richiesta-denuncia telefonica, ma su compilazione di….fax! (penso su apposita modulistica da richiedere all’Ufficio!)

Abbiamo capito che ci sono giovani nostri simili trattati da niente e che hanno maturato (si sentiva, nel loro breve e compatto parlare: ci vadano a lezione certi cialtroni da tv!) un solido senso dei valori collettivi e di affetto che è alla base di ogni Stato, ma che è lontanissimo da quello che noi chiamiamo tale e che, mentre scrivo, ha già spento i riflettori a Torino e li riaccende dove scandalo o scandaletto richiedono o dove si vendono a iosa le glassature dei politici.

MI ha fatto bene che mi fossero presentati; non è scappata loro una parola di troppo! Storie di vita faticosa e arrischiata in una frase, in uno sguardo disilluso. E’ il loro mondo solido la sanità del nostro sistema, da cui bisogna ripartire, altro che dalle mediazioni su sistemi di voto! Vorremmo imporre ai politici un “patto” di un solo articolo; visto che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, è primo dovere del potere legislativo, esecutivo e giudiziario definire condizioni di assoluta sicurezza per chi lavora e difenderne la dignità. E’ compito dello stato sorvegliare a che non si deroghi mai a questo basilare principio. Chi dei politici non stesse a questo patto, fuori da ogni considerazione!!

Operai di fonderia, di cantieri edili, camionisti chiedono qualcosa cui hanno assolutamente diritto: rispetto della loro vita. Se lo Stato non li ascoltasse, si perderebbe tra le nuvole, perché è nata (o è riapparsa, soltanto sopita) una volontà nuova, forte, concreta, base sicura di ogni patto democratico degno di questo nome. Si chiama solidarietà, che non è più un vocabolo peloso, ma c’è, è molto vicina a noi ed è di sicuro la realtà del futuro prossimo. Va ascoltata, se non si vuol dar retta alle arlecchinate del cambiar nome ai partiti a giorni alterni, del correre da mandria delle telecamere dove occasione porta e di dir cose non vere, ma furbe(!)

A Dusseldorf gli operai torinesi in trasferta hanno visto perfettamente rispettate le regole di sicurezza; ma allora la Thyssen Krupp le conosce e non credo che,applicandole,vada in deficit:è uno dei gruppi più forti del mondo!

In Italia, connivenza di sindacati, forse, e di uffici del lavoro e di politici (ripeto che ho apprezzato il silenzio di Chiamparino), scarso rispetto per la voce dei lavoratori e l’odioso ricatto dell’esiguità dei posti di lavoro hanno prodotto fabbriche da terzo mondo (carta oleata non raccolta, olio infiammabile non aspirato, guanti non disponibili, impianto elettrico non isolato, estintori approssimati, telefoni non funzionanti, cancelli bloccati). Questa non è politica di compromesso; è delinquenza! Torino è almeno Dusseldorf!

Quando ero ragazzo, cinque colleghi di mio padre (uno gli era amico e compaesano) morirono sulla linea La Spezia-Parma per rottura dei freni del convoglio, per fortuna vuoto. Li trovarono abbracciati e dalla tasca di uno, pendeva,tutto insanguinato, il giornale sindacale “In marcia!”

Conservo gli articoli, su questa sciagura. Su questo ricordo mi sono formato e, per quel poco che ormai la mia età mi renderà possibile, voglio formarmi sull’esempio di questi operai: la loro dignità, la loro precisa asciuttezza cancella finalmente nani e ballerine ed apre, vivaddio!, a un futuro deciso.

    Sergio Giuliani