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LA STORIA “SEGRETA”
DEL “CICLONE TEARDO”

 A 26 anni dai primi articoli, quarta puntata della “Teardo story”

QUANDO IL “CAPO” DISSE:

<ECCO CHI MI VUOLE MORTO>

Due storiche interviste a “Oggi” e “Arcobaleno”

 


  Alberto Teardo

SAVONA – L’ultima intervista risale al 29 agosto 1998. “Solo” 10 anni fa. Venne ospitata, in doverosa evidenza e richiamo in prima pagina, dal settimanale ligure “Arcobaleno”, direttore responsabile Roberto Pizzorno. Non è uno sconosciuto, a Savona, soprattutto per il suo impegno in politica con diverse casacche, nel mondo dell’informazione e tra associazioni di categoria.

Poi una seconda intervista, “vuota sacco”, al settimanale “Oggi”, nel 1985, 22 anni fa, scritta da Sergio De Gregorio. 

In questa quarta puntata diamo dunque voce ad Alberto Teardo, per “non dimenticare” e ricordare che “a volte ritornano”. Se non sono le stesse persone, magari allontanate dall’interdizione perpetua dai pubblici uffici, germogliano i “metodi”, i fans, i forti e i pavidi. Nella politica e nell’amministrazione pubblica. Con una fotocopia che si ripete e in qualche caso (museruola all’informazione, autocensura, conflitti di interesse nelle professioni) ha prodotto risultati di vario genere.Il più solare? Plaudere al “salutare” sviluppo edilizio di Savona e provincia, soprattutto in riva al mare. Chiudendo fabbriche, cantieri navali. Osannare, con interviste molto riguardose, i direttori d’orchestra e i loro pifferai. Ignorare le cause reali dell’inesorabile agonia del turismo di qualità, della  strage di alberghi, con strage di posti di lavoro. Dare sistematico risalto a chi annuncia, senza pudore, da dieci anni: qui sorgerà un quattro stelle, là sorgerà un cinque stelle. Dunque posti di lavoro assicurati. Oppure porticcioli e un po’ di cemento nelle immediate vicinanze. Si rilancia il turismo e finalmente arriva benessere e ricchezza per tutti.

La strategia si ripete come ai vecchi tempi: fumo negli occhi. Affari d’oro da una parte (lobby molto riservate), scempio sociale (perdita di posti di lavoro, non precari, per i giovani diplomati, laureati, allievi degli istituti alberghieri) ed ambientale dall’altra. Con scenari idrogeologici da brividi, in caso di calamità.

Forse, anche per questo, è utile rileggere gli stralci più significativi di quelle “storiche”pagine del tipo: vi racconto la mia verità. <Io ho pagato ingiustamente> - titolava il servizio.


Del Gaudio vota al seggio elettorale

Domanda di Roberto Pizzorno: <E’ in grado di dare una motivazione alla ricorrente e periodica aggressività, spesso astiosa, insinuante, di certa stampa nei suoi confronti?>

Risposta di Teardo: <Più che certa stampa il rilievo va diretto nei confronti di pochi e ben individuati

giornalisti (è veramente difficile individuare quei  cattivoni..... sono talmente tanti...n.d.r.), costoro da oltre 15 anni sistematicamente ed anzi ossessivamente, speculano sulla vicenda giudiziaria che mi ha coinvolto manipolando i contenuti e le risultanze nell’evidente intento di portarmi discredito.

In tale intento dimenticano di ricordare che Alberto Teardo è stato oggetto di una sentenza di condanna che reputa fortemente lesiva ed ingiusta perché irrogata in base al principio, quanto mai anomalo nel diritto penale, del cosiddetto “concorso morale”. Ciò significa l’attribuzione di una responsabilità a carattere penale per fatti commessi da altri. Così come l’equivoco richiamo secondo cui la sentenza mi coinvolgerebbe in presunte azioni illecite per 18 miliardi è totalmente falsa e priva di fondamento....Io non ho mai ricevuto, chiesto o fatto richiedere denaro di provenienza illecita. Nessuna parte lesa o presunta tale mi accusa direttamente>.

Ecco come il giornalista pubblicista Alberto Pizzorno esordiva il suo pregnante servizio sul settimanale di informazione indipendente del ponente ligure.

<Alberto Teardo, ex presidente della Regione Liguria, torna a far parlare di sé. Da tempo, vista la sua profonda conoscenza nel campo politico, si sta occupando del movimento di Alpazur, che aspira alla creazione di una macro regione...Teardo da consulenza al movimento, che dopo l’ultima tornata elettorale può contare in Comune di un consigliere, sia pure di minoranza. Abbiamo incontrato l’ex presidente della Regione nel suo ufficio di via Rella, a Savona, dove ha il quartiere generale il movimento Alpazur....>

Teardo stringe la mano a Capello

Domanda – Signor Teardo, è vero che torna in politica?

Risposta: <Non sono mai uscito da questo mondo. Nonostante le mie vicende con la giustizia, che ho pagato ingiustamente, sono sempre stato attento ai problemi socio-economici. Vede, io la politica ce l’ho nel sangue>. 

 Domanda – La stampa locale ha variamente commentato il suo ritorno all’attività politica.

Risposta: <Questi che lei definisce organi di stampa, cioè quei giornalisti di cui parlo, hanno cercato di suggestionare a fini prettamente inconfessabili una situazione che non ha né ragione, né motivo di tanto scalpore in quanto non c’è da parte mia alcun ritorno alla politica intesa quale partecipazione diretta e quindi a prospettive di carattere elettorale....Quindi sono un osservatore e non un operatore della politica. E solo in tale veste deve inquadrarsi il ruolo da me assunto di collaboratore e consulente del Movimento politico Unione del Nord-Ovest- Apzur>.

Domanda – Perché, allora, tanto scalpore giornalistico?

Risposta: <Solo strumentali forzature da malcelati intenti politici...nell’intento di nascondere la preoccupazione per le potenzialità e la forza di penetrazione sociale del neo Movimento, forte di un progetto profondamente innovatore per la nostra Regione e per il Nord Ovest italiano. La cui realizzazione è affidata ad un gruppo di dirigenti, credibili e qualificati, con il supporto e la collaborazione delle forze più illuminate della nostra comunità>.

Non è noto, quantomeno a fini storici e di cronaca, a che punto sia quel grandioso progetto. Saperlo sarebbe di aiuto alla completezza di informazione (e per zittire quelle “cattive coscienze di giornalisti asserviti a disegni oscuri”). Roberto Pizzorno potrebbe scrivere, a futura memoria, nomi e cognomi di quell’illuminato gruppo di dirigenti, “credibili e qualificati”. Anche perché, quei primi della classe, a distanza di 10 anni, potrebbero essere tra gli inediti protagonisti del rilancio edilizio, economico, sociale, culturale di Savona. Capaci a tal punto da aver creato una solida base di consenso trasversale che impone scelte strategiche (giuste o sbagliate che siano) alla città capoluogo, in Provincia e solidi agganci in Regione, o in enti di primo piano.

L'avvocato Federico Barbano

 DOMANDA - .... E le polemiche in ordine alla posizione del consigliere comunale di Savona, avvocato Federico Barbano?

Risposta: <...circa le insinuazioni di un presunto collegamento dell’avvocato Barbano alla maggioranza in seno al consiglio comunale risultano del tutto improprie e fuori luogo. Interpretare maldestramente la disponibilità del consigliere Barbano ad assumere in consiglio posizioni coerenti con la strategia  di Alpazur,

 riguardanti temi essenziali per la comunità savonese, non possono che essere motivo di condanna e censura...>.

L’intervista si sposta su altri temi. Ancora dalle dichiarazioni di Teardo: <Come è ben noto ai settori più qualificati ed attenti delle nostra comunità tra il 1980 ed il 1983 elaborai il progetto SILIPORT 2000, il quale avrebbe dovuto rilanciare il sistema portuale ligure, riqualificare il nostro tessuto produttivo (con la morte delle industrie savonesi, tipo Italsider, Metalmetron...., prevedendo palazzoni in vetrocemento nelle aree più appetibili sul fronte mare n.d.r.), dare assetto definitivo alle infrastrutture e rilanciare l’economia ligure...Così non è stato per l’ottusità e la scarsa intuizione di una partitocrazia locale miope e carente, della quale prima o poi dovranno emergere le responsabilità che ne derivano nell’aver consentito il depauperamento del nostro sistema produttivo, la dequalificazione del ruolo e dell’incidenza economica della nostra Regione....è per questi motivi che ho ritenuto di dover assicurare la mia collaborazione al progetto di cui è portatore Alpazur>.

Per ulteriore completezza nelle stesse pagine dell’Arcobaleno appariva in forma di annuncio a pagamento il bilancio  della “Soc. Coop. Editrice L’Arcobaleno – Sede sociale reg. Bagnoli 39, Albenga”. Capitale sociale, 50 milioni. Registro delle imprese di Savona: 73506/1997.  Dal bilancio al 31 dicembre 1997, nello stato patrimoniale risultava un passivo di 139 milioni. Nella voce “conto economico” un meno 199 milioni.

Che sorte è toccata a quella benemerita coop? Rossa, bianca, verde, gialla... Chi ha ripianato i debiti? Non interessa più a nessuno

 
 

  L’INTERVISTA AL SETTIMANALE OGGI

Sul numero 35, del 28 agosto 1985, tre pagine e quattro grandi foto sul settimanale Oggi. Il titolo: <Esclusivo – Dopo la sua condanna, interroghiamo Alberto Teardo, il “re delle tangenti” di Savona. E’ una sporca storia e io ho pagato per tutti>

Nel sommario: <Hanno colpito me perché facevo paura>, dichiara l’ex presidente della Regione Liguria, giudicato colpevole di associazione a delinquere, concussione, peculato ed estorsione, ma scarcerato dietro cauzione di 40 milioni. Sempre nel sommario: <Sono stato vittima di una macchinazione, però il tribunale ha riconosciuto che non sono un mafioso né un bombarolo. La più grande amarezza me l’ha data Pertini dissociandosi dal nostro gruppo socialista>.

L’intervista-scoop porta la firma di Sergio De Gregorio. Il servizio iniziava così: <Albisola (Savona). Era un uomo che faceva paura. Un uomo di rispetto nel senso che con lui non si riusciva mai a parlare, ma quando diceva una cosa tutti la facevano. I suoi sì e i suoi no erano legge per tutti. Lo chiamavano il capo e da lui dipendevano le sorti di ognuno. Alberto Teardo, veneto d’origine, ....sembra quasi evocare gli inquietanti ritratti dei grandi padrini della mafia. Quando gli misero le manette, il 14 giugno 1983, mancavano 13 giorni alle elezioni politiche e lui....astro emergente del partito socialista savonese e candidato alla Camera dei deputati, vide in un solo attimo crollare ogni progetto di futura escalation che, a suo dire, l’avrebbe portato ben presto alla carica di sottosegretario o addirittura ministro....>.

In primo grado il tribunale di Savona, presidente Gennaro Avolio, giudice relatore ed estensore della motivazione della sentenza, Vincenzo Ferro, l’altro giudice a latere Caterina Fiumanò (la pubblica accusa era rappresentata dal procuratore della Repubblica, Michele Russo), lo condanna a 12 anni e 9 mesi, ridotti a 7 anni dalla Cassazione.


Francantonio Granero e Michele Del Gaudio

Domanda del giornalista - <Come fa, nonostante la condanna pesantissima ad affermare di essere vittima di una macchinazione....>

Risposta: Non ritengo di dover commentare la sentenza...Prendo atto di due cose: il tribunale ha sentenziato che non sono un mafioso....secondo non sono un bombarolo.

 Inoltre venni arrestato con un’accusa che è poi caduta verticalmente....Dopo il mio arresto il Psi subì in Liguria una mazzata storica. Io fui bloccato nel pieno della campagna elettorale che mi avrebbe sicuramente portato alla Camera...avevo avuto assicurazioni di fare il sottosegretario o il ministro...Certo che mi sento perseguitato. Adesso so che tutto era studiato....con una campagna di stampa crudele e violenta, più di tremila articoli che hanno fatto scempio della mia immagine e di tutto quanto avevo costruito...E l’arresto di mia moglie, incarcerata due volte e poi prosciolta con formula piena? C’è una regia diabolica e dietro tutto ciò girano voci inquietanti sulle quali forse un giorno si potrà fare luce. Oggi posso solo ripetere quello che commentai il giorno dell’arresto. Mi compiaccio coi giudici istruttori (Michele Del Gaudio ed il capo dell’ufficio Francantonio Granero n.d.r) hanno fatto un bel colpo. Ma non si inorgogliscano, perché in Cile queste cose le fanno meglio>.

L'aula di giustizia del processo con alcuni imputati

 Domanda – Un suo compagno di partito, Fulvio Cerofolini, sindaco di Genova, riconobbe che <a Savona il partito era finito sotto il controllo di affaristi affamati di potere senza ideali né ideologia>. Durissimo fu il comunicato del presidente della Repubblica, Sandro Pertini che precisò di aver troncato ogni rapporto con i dirigenti del Psi di Savona già due anni e mezzo prima...proprio Pertini che fu, per la Federazione socialista savonese, una gloriosa bandiera...

Risposta: <Cerofolini è un uomo povero di qualità, che tenta di sopperire alla sua impotenza e mediocrità  con una sorta di moralismo gratuito e privo di senso. Di coscienze deboli come lui nel partito ne abbiamo tante....La dissociazione di Pertini mi lasciò amareggiato. Negò perfino che Leo Capello, mio coimputato, figlio di un eroe della resistenza esule in Francia con lo stesso Pertini, fosse suo “figlioccio”. Eppure era stato proprio lui a nominarlo “grande ufficiale” della Repubblica all’indomani dell’elezione a capo dello Stato, in occasione della sua prima visita a Savona. Avrebbe potuto esimersi da giudizi ironici con un po’ di buon gusto, invece comunicò di non avere “figli, né figliocci”. Comunque con me e con il gruppo dirigente del partito si erano già incrinati nel maggio 1981, quando il mio nome spuntò tra i presunti piduisti>.


Licio Gelli

Domanda – Già la P2, come mai si iscrisse alla loggia di Gelli?

Teardo ha sempre negato l’iscrizione, ma in giudizio e alla commissione parlamentare venne esibita la tessera, con tanto di numero, di pagamento e credenziali richieste

A giornalista di “Oggi”, Alberto Teardo, rispose: <Ho già chiarito che non mi sono mai iscritto alla P2. Sono massone dal 1975, m’iscrissi all’ordine del gran maestro Salvini, a Firenze. Fui inserito nell’elenco dei fratelli coperti, quelli che sono “all’orecchio del gran maestro” e che per la loro funzione rimangono sconosciuti agli altri iscritti. Nella massoneria credo, ma nella P2 fui affiliato a mia insaputa da William Rosati, un tizio che conobbi a Genova e che mi aiutò finanziariamente nella campagna elettorale....Poi seppi che era il referente di Gelli in Liguria....Prima di allora Pertini ci aveva sempre seguito. Ci incontravamo spesso, lui ci consigliava e noi lo appoggiavamo nelle campagne elettorali.

DomandaLei è finito in manette per una brutta storia di tangenti ed intrallazzi. Alcuni imprenditori dichiarano di aver versato una quota fissa del 10 per cento sugli appalti della Provincia, altrimenti il suo clan li avrebbe esclusi da ogni lavoro.

Risposta: <Ho precisato che nonostante 13 mandati di cattura contro di me, non c’è nessuno che mi accusi direttamente...tutto in questa vicenda si basa su congetture. Degli otto imprenditori interrogati uno solo dichiara di conoscermi, due dicono di aver dato soldi a Siccardi, già assessore comunale a Finale Ligure...si parla di un fantomatico “capo”, ma nessun imprenditore ha precisato che questo “capo” fosse Teardo......>

Fulvio Cerofolini  ex Sindaco di Genova e Presidente ANPI di Genova

Domanda -  Teardo, suoi conti correnti i giudici hanno trovato un miliardo....

Risposta: <Un’altra storia caduta miseramente sotto il peso della logica. Quei soldi sono stati prelevati e depositati a più riprese dal 1976 in poi.

I giudici hanno pensato bene  di non distinguere entrate ed uscite, ma dopo una perizia dettagliata la cifra è scesa a 290 milioni.

Tanto che la commissione tributaria decise di non intervenire. 290 milioni in otto anni, con quei soldi ho fatto 4 o 5 campagne elettorali e quattro congressi, mentre un politico medio spende un miliardo per una sola campagna elettorale.

Domanda – E i soldi dati a personaggi calabresi in odore di mafia, di ‘ndrangheta più precisamente?

Risposta: <Ho dato soldi a compagni in occasione di tutte le campagne elettorali. Da buon capocorrente Leo Cappello diede 26 milioni e mezzo in assegni a tale Peppino Marcianò che poi si è saputo essere legato a detenuti calabresi. Non posso chiedere il certificato penale a tutti quelli che partecipano alle riunioni politiche. Ma ripeto, il nostro gruppo in quel periodo appoggiava la candidatura di Pertini>.


Sandro Pertini

Domanda – I giudici in aula, pubblicamente, l’hanno accusata di voler strumentalizzare la figura di Pertini...

Risposta: <Falso, io solo a Savona prendevo più voti di quanti lui ne raccoglieva in tutta la provincia. E questa mia forza dava fastidio. Alle elezioni europee del 1979 uscirono 40 mila schede siglate Teardo.
Dopo 6 anni di mio impegno politico, a Savona il partito aveva 400 amministratori pubblici (un tempo ce n’erano 60), 3 mila iscritti e 41 sezioni. Avevo dato spessore a questa provincia, c’erano molti progetti e speranze.

Ma a qualcuno non andava a genio la mia escalation>.

Domanda – Cosa farà adesso ? (Era l’agosto del 1985).

In primo grado i condannati furono 15 (uno nel frattempo era morto). In secondo grado 13 i condannati. In primo grado 10 le assoluzione ampie, con tre posizioni stralciate. In secondo grado nessuna assoluzione. Insufficienza di prove per Caviglia, Buzzi, Bottino e Bovio. In primo grado 10 le condanne per associazione a delinquere, salite a 11 in secondo grado, oltre a tre insufficienze di prove. Analogo responso, con alcune correzioni, venne confermato in Cassazione.

Risposta: <Aspetto la sentenza d’appello con serenità. Sono sospeso dal partito ed è giusto che il Psi si cauteli. Dovrò decidere cosa fare nella vita, la politica per me è solo un ricordo. Ma ho pazienza e tanta voglia di fare. Intanto i giudici lavorano alla Teardo-bis, una nuova montatura. Ma io non mi arrendo perché sono innocente. E ne vedrete delle belle>.

Nella prossima puntata ripubblicheremo il servizio che scrisse Maurizio Parodi su “Il Buongiorno” del 14-15 giugno 1982, dal titolo:  <Tutti gli uomini di Teardo. Chi sono, cosa fanno, quanto contano, dove vogliono arrivare i colonnelli agli ordini del presidente della giunta regionale>. Era esattamente un anno prima del ciclone, ma quando già l’inchiesta era stata avviata (finanziamenti al Savona calcio e Cad 2), con i primi fuochi d’artificio. Con un processo, molto sbandierato, al Secolo XIX  per diffamazione aggravata (imputati il direttore Tommaso Giglio e il redattore di Savona, Luciano Corrado, bersagliato da 14 gli esposti-querela, con richiesta di sospensione dall’Ordine dei giornalisti). In quei mesi furono messe in atto una serie impressionante di misteriose minacce al firmatario dell’esposto-miccia, Renzo Bailini e ad alcuni dei giudici inquirenti (prima fase): Petrella, Maffeo, Del Gaudio. Autori sconosciuti e forse casuali.

Nello stesso servizio de “Il Buongiorno”, con una gigantografia del “capo”, seguiva un’intervista eloquente, col senno del poi, all’allora 32 enne segretario provinciale del partito, Roberto Bordero, <destinato a surrogare Teardo, in Regione>. Il mosaico del “Buongiorno” terminava con un ultimo, perfetto, affresco degli uomini Dc: con un <Manfredo Manfredi che continua a macinare successi>. Recitava il titolo.

Luciano Corrado