FOGLI MOBILI

La rubrica di Gloria Bardi

La City-Humanity

 

Stazione di Sampierdarena

Tempo fa ho notato una cosa che mi ero ripromessa di raccontarvi, poi me ne sono dimenticata e ora proprio ora “mi ritorna in mente”.
Stazione di Sampierdarena, ore 7,30. Da tanto non mi capita di prendere il treno dell’ouverture di giornata: l’ inverno, uno sbadiglio, un tremito di freddo subito contenuto, la nostalgia delle coperte, l’utopia pensionistica (dove sono finiti i miei sogni?).

Così percorro il sottopasso, dicendo: “no grazie”, superandoli in gimkana, ai vari che mi porgono un giornale gratuito: city, metro e non so qual altro. Ho già il mio sottobraccio, pagato un euro tondorotondo, e ci vorrà tutta se riuscirò a leggerlo entro l’arrivo a Savona, intorpidita come mi ritrovo. No, grazie, no, grazie, no, grazie. Sul finale stupisco: grazie, no!  

L’ultimo treno di questo tipo, in questo orario, in questo luogo, l’ho preso giusto vent’anni fa, prima di trasferirmi a ponente.

Binario 6: certe cose non cambiano.

Salgo le scale senza fretta perché, strano a dirsi, sono in leggero anticipo.

“Ma che succede?”

La situazione che mi si presenta ha dell’inverosimile e sembra che nessuno se ne renda conto.

Ve la descrivo a colpi di sguardo:

guardo alla mia sinistra e vedo una donna che legge il giornale ,City,  guardo alla mia destra e vedo, appoggiato alla colonna, un ragazzo che legge il giornale, sempre City,  poi guardo oltre il ragazzo  vedo due uomini corpulenti che, stando in piedi uno di fronte all’altro, leggono il giornale,ancora City,  guardo indietro, verso la ringhiera che chiude a sud lo spazio ferroviario, e vedo seduti sul gradone uomini di varia e straniera fisionomia, dal sudamericano all’afro, tutti che leggono il giornale. A voi indovinare quale. Il mio sguardo si concede rapide zoomate discontinue: una panca: tre persone tre  City aperti. La contro panca sul controbinario: tre contro-persone e tre contro-Cityi aperti. Di qua di là di su di giù, a dritta e a manca: umanità ugualmente cityzzata. Diversa etnia. Diverso abbigliamento. Diversa collocazione. Diverso tutto. Identico giornale. Gratuito. Distribuito da uno dei  tipi a cui ho detto: “no, grazie”.

Mi sento anomala, quasi aliena. Tenterei un recupero ma rischio di perdere il treno. Estrarre La Repubblica mi sa di snob. Evito.

Intanto non credo ai miei occhi: mi sembra di essere atterrata sulla piattaforma di un pianeta sconosciuto, dove vive un nuovo tipo di umanità: la City-humanity.

Devo fermare il colpo d’occhio, per gli amici, per i parenti, per i lettori, per i posteri. Afferro il cellulare, seleziono “fotocamera” e provo a scattare cercando di non farmi sorprendere. Nell’operazione mi diventa immediatamente e definitivamente chiaro perché faccio l’insegnante e non l’agente segreto. Rinuncio prima di cacciarmi nei guai.  

Ora, cari lettori, chiediamoci, e chiediamocelo assieme:

dove ci porta tutto ciò? Da una parte –quella dei pro- sta il fatto che la pratica della lettura si diffonde anche presso chi non leggerebbe il quotidiano prezzato. Dalla stessa parte sta la diffusione trasversale dei fogli gratuiti, che unisce e crea comunità: dal manovale allo studente, dall’albanese all’altoatesino. Dalla parte opposta -quella dei contro-, sta la pericolosa omologazione di una lettura così massiva: vi assicuro che era straniante la visione di circa cento-centocinquanta persone nell’identico atteggiamento. Inoltre, come già è accaduto per la tivù commerciale, si inverte il rapporto notizia-pubblicità, nel senso che è la prima a divenire strumentale alla seconda e non viceversa. Per lo più si tratta di notizie ANSA, ridotte all’osso e uguali per tutti i giornali o poco differenti. L’assemblaggio sembrerebbe innocuo.  Però lo strumento si presta ad usi impropri, se letto nell’ottica dell’analisi della società di massa, all’ Ortega y Gasset per intenderci. Ricorderò sempre un imprenditore televisivo che mi disse, forse in delirio di onnipotenza: “se domani vogliamo scatenare la caccia al nero basta che enfatizziamo un paio di notizie di un certo tipo e la “ggente” si butta”. Non credo che le cose siano proprio così ma certo il problema si pone. 

Del resto, non sono affatto una sostenitrice della censura ma so anche che più uno strumento diventa di massa più diventa pericoloso, salvo non contribuisca alla “crescita” delle persone, con conseguente smentita della “massa” come tale.

Insomma, ve la lascio lì. Certo la diffusione dei “senza prezzo” è un fenomeno su cui spendere qualche considerazione e arrischiare qualche analisi e non mi dispiacerebbe poter ricevere il contributo dei lettori di trucioli.

Immersa in questi pensieri, riesco a trovare tanta lucidità per scendere a Savona e nel passare per lo scompartimento raccolgo al volo un altro “contro”: i fogli aggratis giacciono sui sedili lasciati vuoti dai frettolosi occupanti oppure si “spante gano” in terra, contribuendo pesantemente all’entropia fisica ed estetica, se pure non a quella mentale. Eppoi, la gratuità è buona maestra? 

GLORIA BARDI

L' ESORDIENTE IL PROF E L' EDITORE MANNARO

LUIGI MAIO legge il mio libro

www.gloriabardi.blogspot.com