La rubrica di Gloria Bardi La City-Humanity
Stazione di Sampierdarena Tempo fa ho notato una cosa che
mi ero ripromessa di raccontarvi, poi me ne sono dimenticata e ora
proprio ora “mi ritorna in mente”. Così percorro il sottopasso,
dicendo: “no grazie”, superandoli in gimkana, ai vari che mi porgono
un giornale gratuito: city, metro e non so qual altro. Ho già il mio
sottobraccio, pagato un euro tondorotondo, e ci vorrà tutta se
riuscirò a leggerlo entro l’arrivo a Savona, intorpidita come mi
ritrovo. No, grazie, no, grazie, no, grazie. Sul finale stupisco:
grazie, no! L’ultimo treno di questo tipo,
in questo orario, in questo luogo, l’ho preso giusto vent’anni fa,
prima di trasferirmi a ponente. Binario 6: certe cose non
cambiano. Salgo le scale senza fretta
perché, strano a dirsi, sono in leggero anticipo. “Ma che succede?” La situazione che mi si presenta
ha dell’inverosimile e sembra che nessuno se ne renda conto. Ve la descrivo a colpi di
sguardo: guardo alla mia sinistra e vedo
una donna che legge il giornale ,City, guardo alla mia destra e
vedo, appoggiato alla colonna, un ragazzo che legge il giornale,
sempre City, poi guardo oltre il ragazzo vedo due uomini
corpulenti che, stando in piedi uno di fronte all’altro, leggono il
giornale,ancora City, guardo indietro, verso la ringhiera che
chiude a sud lo spazio ferroviario, e vedo seduti sul gradone uomini
di varia e straniera fisionomia, dal sudamericano all’afro, tutti
che leggono il giornale. A voi indovinare quale. Il mio sguardo si
concede rapide zoomate discontinue: una panca: tre persone tre City
aperti. La contro panca sul controbinario: tre contro-persone e tre
contro-Cityi aperti. Di qua di là di su di giù, a dritta e a manca:
umanità ugualmente cityzzata. Diversa etnia. Diverso abbigliamento.
Diversa collocazione. Diverso tutto. Identico giornale. Gratuito.
Distribuito da uno dei tipi a cui ho detto: “no, grazie”. Mi sento anomala, quasi aliena.
Tenterei un recupero ma rischio di perdere il treno. Estrarre La
Repubblica mi sa di snob. Evito. Intanto non credo ai miei occhi:
mi sembra di essere atterrata sulla piattaforma di un pianeta
sconosciuto, dove vive un nuovo tipo di umanità: la City-humanity. Devo fermare il colpo d’occhio,
per gli amici, per i parenti, per i lettori, per i posteri. Afferro
il cellulare, seleziono “fotocamera” e provo a scattare cercando di
non farmi sorprendere. Nell’operazione mi diventa immediatamente e
definitivamente chiaro perché faccio l’insegnante e non l’agente
segreto. Rinuncio prima di cacciarmi nei guai.
Ora, cari lettori, chiediamoci,
e chiediamocelo assieme: dove ci porta tutto ciò? Da una
parte –quella dei pro- sta il fatto che la pratica della lettura si
diffonde anche presso chi non leggerebbe il quotidiano prezzato.
Dalla stessa parte sta la diffusione trasversale dei fogli gratuiti,
che unisce e crea comunità: dal manovale allo studente,
dall’albanese all’altoatesino. Dalla parte opposta -quella dei
contro-, sta la pericolosa omologazione di una lettura così massiva:
vi assicuro che era straniante la visione di circa
cento-centocinquanta persone nell’identico atteggiamento. Inoltre,
come già è accaduto per la tivù commerciale, si inverte il rapporto
notizia-pubblicità, nel senso che è la prima a divenire strumentale
alla seconda e non viceversa. Per lo più si tratta di notizie ANSA,
ridotte all’osso e uguali per tutti i giornali o poco differenti.
L’assemblaggio sembrerebbe innocuo. Però lo strumento si presta ad
usi impropri, se letto nell’ottica dell’analisi della società di
massa, all’ Ortega y Gasset per intenderci. Ricorderò sempre un
imprenditore televisivo che mi disse, forse in delirio di
onnipotenza: “se domani vogliamo scatenare la caccia al nero basta
che enfatizziamo un paio di notizie di un certo tipo e la “ggente”
si butta”. Non credo che le cose siano proprio così ma certo il
problema si pone. Del resto, non sono affatto una
sostenitrice della censura ma so anche che più uno strumento diventa
di massa più diventa pericoloso, salvo non contribuisca alla
“crescita” delle persone, con conseguente smentita della “massa”
come tale. Insomma, ve la lascio lì. Certo
la diffusione dei “senza prezzo” è un fenomeno su cui spendere
qualche considerazione e arrischiare qualche analisi e non mi
dispiacerebbe poter ricevere il contributo dei lettori di trucioli. Immersa in questi pensieri,
riesco a trovare tanta lucidità per scendere a Savona e nel passare
per lo scompartimento raccolgo al volo un altro “contro”: i fogli
aggratis giacciono sui sedili lasciati vuoti dai frettolosi
occupanti oppure si “spante gano” in terra, contribuendo
pesantemente all’entropia fisica ed estetica, se pure non a quella
mentale. Eppoi, la gratuità è buona maestra? GLORIA BARDIFOGLI MOBILI
Stazione di Sampierdarena,
ore 7,30. Da tanto non mi capita di prendere il treno dell’ouverture di giornata: l’ inverno, uno sbadiglio, un tremito di
freddo subito contenuto, la nostalgia delle coperte, l’utopia
pensionistica (dove sono finiti i miei sogni?).