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Pubblichiamo il ricordo dell'onorevole Carlo Russo che il giornalista Luciano Angelini ha scritto per Repubblica

 

"Andiamo dall'onorevole Russo"

Così Savona ricorda il suo leader 

 

"Andiamo dall'onorevole Russo". Una frase semplice, genuina, quasi familiare. Ma densa di significati. Carlo Russo, che la "sua" Savona ha salutato con totale, intenso forse inusuale affetto, non era (solo) l'avvocato, il partigiano, l'esponente del Cnl, l'ultimo grande rappresentante della vecchia Democrazia cristiana, il parlamentare di lunghissimo corso (dal 1948 al 1979), il ministro, il plurisottosegretario, il giudice della Corte europea di Strasburgo, il presidente del tribunale amministrativo del Consiglio d'Europa, l'esperto e docente di politica estera.

Carlo Russo, che, accanto a Paolo Boselli (deputato dal 1870, più volte ministro, presidente del Consiglio durante la Grande Guerra), entra a pieno titolo nella storia della città come il suo più prestigioso uomo di Stato, era molto, molto di più.

 Era un punto di riferimento costante per l'intera comunità, era l'incarnazione stessa della disponibilità, del rigore, dello spessore morale, della corretta interpretazione del politico. Ma anche della partecipazione e della sensibilità nei confronti di ogni piccolo o grande problema. Attento, comprensivo, sollecito, pronto a capire, mai reticente, energico con i potenti, disponibile con i più deboli, inflessibile, se necessario, anche e soprattutto nella vita politica,  fermo nel dire "no" a proposte indecenti, a manovre poco chiare, a patti trasversali, a giochi correntizi.
"Andiamo dall'onorevole Russo". Sì, così, per quasi 50 anni, ma soprattuto tra il 1950 e il 1980, il singolo cittadino, anche l'avversario politico, magari sottotraccia in una città notoriamente "rossa", guardavano più all'uomo, al confidente che al politico di razza, cresciuto a fianco di Antonio Segni e appena un passo dietro Giulio Andreotti. Se una fabbrica rischiava di chiudere, se c'erano posti di lavoro da difendere, casse integrazione da sollecitare. Se era necessario spingere una pratica di pensione o aiutare una famiglia in difficoltà. Se il sindaco di un piccolo comune aveva bisogno di un contributo per un'opera pubblica, una scuola o una strada. Lui, Carlo Russo, nel suo ufficio in fondo a via Paleocapa, a pochi passi dalla Torretta, ora affidato al fratello Nanni, già parlamentare dell'Ulivo e autorevole membro della Bicamerale, e al nipote Carlo, era il punto di riferimento, il passaggio confortante, l'anello di congiunzione, il cordone ombelicale tra la società civile e le istituzioni, tra la città e il mondo imprenditoriale, il sensore capace di raccogliere ed elaborare segnali, tensioni, sintomi, esigenze, prospettive. Rapido nel fiutare il vento, lui appassionato velista nel mare di Celle Ligure, suo "buen retiro", e prendere le distanze, anche nella sua Dc, da derive poco chiare o non condivisibili.
Carlo Russo, dal primo dopoguerra, ha percorso e attraversato oltre 40 anni di vicende della città e della provincia. Ha vissuto e seguito la crescita industriale, la grande crisi della siderurgia con la devastante crisi dell'Ilva, i duri confronti per le autonomie funzionali, la battaglia per le infrastrutture, l'incredibile vicenda della stazione Mongrifone, inaugurata dal presidente Segni (17 settembre 1962) con lui al fianco, ma rimasta per quasi vent'anni in attesa del primo treno. La sua mano si è rivelata importante se non decisiva nella realizzazione di opere pubbliche vitali per il ponente della Liguria. Si devono alle sollecitazioni e al suo ruolo politico, ma soprattutto alla sinergia con "Peppino" Manzitti, carismatico leader degli Industriali, arterie fondamentali come la  Genova-Savona e l'Autofiori. Così come portano la sua firma, frutto di una grande capacità di tessere la tela con i massimi livelli imprenditoriali, insediamenti importanti come la Esso Chimica e la Fiat a Vado Ligure.
"Andiamo dall'onorevole Russo". Lo disse anche il commendator Stefano Del Buono, presidente del Coni e storico presidentissimo del Savona Fbc, quando, scomparso Fausto Gadolla, non c'erano le risorse per affrontare la serie B. Era il 1966. La città, non solo quella sportiva, era in fermento dopo la sbornia della promozione. Incontri, riunioni su riunioni, appelli. Invano. Del Buono, consigliato dal vescovo Parodi, suo confessore e amico, bussò alla porta di via Paleocapa. Russo, all'epoca ministro delle Poste nel governo presieduto da Emilio Colombo, ascoltò con interesse e pazienza. Non è che avesse particolare interesse per il calcio. Si annotò ogni cosa, cifre comprese. "Vedremo quello che si può fare". Ma sapeva già a chi rivolgersi. Come raccontato da Gianni Brera nella Storia critica del calcio italiano, tirò dentro Aldo Dapelo, presidente della Fulgorcavi "in attesa di un mutuo per costruire un nuovo stabilimento a Latina". Dapelo ottenne il mutuo, il Savona visse una intensa e unica stagione in serie B.
Un uomo di legge, un politico rigoroso, un amico sincero e severo, un consigliere puntuale e mai disponibile a compromessi. A 360 gradi. Ieri mattina, in una gremitissima San Domenico, nel cuore della città Savona gli ha tributato l'ultimo omaggio. Un addio tra gente semplice, ex partigiani, vecchi amici delle intense giornate cellesi, politici di vario ordine e grado, in un piccolo mare di sciarpe tricolori, segno della gratitudine di migliaia di cittadini. Tra i banchi si è anche ritrovata una parte significativa della vecchia Dc: Emilio Colombo, suo presidente quando era alle Poste, Lorenzino Acquarone, Bruno Orsini, Giancarlo Piombino, Lelio Speranza, che lo ha ricordato con toni intensi e toccanti.
Ora Carlo Russo riposa nel piccolo cimitero di Celle Ligure. Non lo vedremo più percorrere a passo deciso la via Aurelia tra Albissola e Savona. Non lo incontreremo più in solitarie, energiche camminate tra corso Italia e il lungomare Matteotti. Non ci incanterà più con le sue mirabili conferenze.
Savona da oggi è più povera. Di idee, di spessore morale, culturale e politico. Ci mancherà.
 
Luciano Angelini         da La Repubblica