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FERRANIA in liquidazione. E' il concreto scenario, paventato
dagli stessi azionisti (Vittorio Malacalza), che si
materializzerà lunedì mattina nel corso dell'assemblea dei
soci dell'azienda, già convocata. Gli azionisti saranno
chiamati a decidere, o meno, la ricapitalizzazione,
appianando un "buco" nell'ultimo anno di gestione di circa 3
milioni di euro.
La chiusura non è più solo un timore o una voce di
corridoio, ma un concreto spauracchio paventato dallo stesso
Vittorio Malacalza, azionista di riferimento che rappresenta
anche i compagni genovesi di cordata Messina, Gambardella e
Gavio, e riferita direttamente ai sindacati che ieri mattina
sono andati a fargli visita nei suoi uffici di Genova. "O si
ricapitalizza, con adeguate garanzie economiche che possono
arrivare soltanto dal ministro Bersani sui progetti da
sostenere a Ferrania in base agli accordi stipulati più di
due anni fa, o l'azienda verrà messa in liquidazione" è il
messaggio dell'imprenditore siderurgico. "Ferrania è a un
bivio". Senza tanti fronzoli. L'ipotesi di messa in
liquidazione è stata rappresentata ieri durante un incontro
"volante" negli uffici di Piccapietra. Ieri infatti era in
programma alle 12 e 30 un confronto con la proprietà a
Ferrania, in Valbormida. Vertice richiesto a gran voce da
tempo dai lavoratori, poi saltato per un disguido all'ultimo
momento. E così i segretari di categoria ("chimici") di
Cgil, Cisl e Uil, insieme alle Rsu, sono saliti in macchina
e insieme all'amministratore delegato e presidente di
Ferrania, Giuseppe Cortesi, sono partiti alla volta di
Genova. Dove sono stati ricevuti un'ora dopo circa. Il
rischio di messa in liquidazione è stato legato
all'intervento o meno del Governo, "al rispetto dei patti",
in particolare il riferimento è al ministro dello sviluppo
economico Pierluigi Bersani. Nodo della questione i
contenuti degli accordi di programma firmati con le
istituzioni su un pacchetto- energia, ormai tramontato. Da
rivisitare in base all'opzione emersa dell'acciaio. Senza il
contributo della mano pubblica (soldi) con l'aggiornamento
degli accordi di programma Â?un laminatoio al posto della
centrale termoelettrica a carbone- il gruppo Malacalza
sembra orientato a non mettere mano, per la terza volta da
quando sono subentrati alla gestione commissariale, al
portafoglio. Il manager genovese ha illustrato il filone di
sviluppo legato all'acciaio. Ovvero un impianto di
laminazione dell'acciaio a freddo, con procedura meccanica,
che porterebbe ad un "volume" di lavoratori da impiegare di
circa 300 persone. Un'idea che ha preso corpo dopo la
cessione delle principali attività nel ramo siderurgico al
colosso mondiale ucraino di Metinvest. La condizione per far
rimanere i "genovesi" a Ferrania è anche lo sblocco dei
piani a supporto dei superconduttori, compresi gli sgravi
fiscali. L'amministratore delegato Giuseppe Cortesi che
lunedì siederà al tavolo dei soci ribadisce il messaggio: "Malacalza
rappresenta tutti i soci di cui ha tutta la piena fiducia.
E'lui l'azionista di riferimento- è la premessa- Le perdite
sono molto elevate anche se meno del passato. Avere
liquidità e voglia di investire è un elemento positivo, ma i
rischi sono concreti. Se non si ricapitalizza dobbiamo
seguire le normative previste dal codice civile".
Alberto Parodi
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