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Il PPA di Savona, ovvero come (non) ti giustifico il cemento 
di Nonna Abelarda

LE PREMESSE

1: Da una ripresa nitida …

Dicevo l’altra volta, da brava cittadina che vuole informarsi, e capire, ed essere partecipe dei meccanismi amministrativi della sua città,  sono disperatamente in cerca di elementi che aiutino in questo immane compito.

Eccone uno: il PPA. Precisamente il Programma Pluriennale di Attuazione 2007-2010 nell’ambito della pianificazione territoriale e ambientale. Il questi giorni è stato agli onori delle cronache locali (come si usa, solo per un semplice dettaglio, trascurando il resto) in quanto da esso è stato stralciato il progetto Margonara, visto che quello di cui si è parlato in consiglio (e approvato, dietro la foglia di fico delle prescrizioni), con torre e annessi, non è più conforme a quanto visto in precedenza.

Ma nessuno si adagi, è stato detto chiaramente: stralciare non vuol dire accantonare. E va be’, restiamo ai fatti attuali, che già bastano e avanzano.

Premessa.  Questo strumento dovrebbe collegare l’edilizia con l’aspetto economico, il bilancio preventivo delle entrate e spese comunali in relazione a oneri di urbanizzazione. Ci si lamenta che sia stato mal utilizzato in passato, non per scopi puramente di contabilità, ma pensate un po’, come pretesto per impedire edificazioni! Una discrezionalità del tutto immotivata, e che diamine.

Purtroppo non si è mai riusciti ad abolirlo, e le prescrizioni per limitarne le funzioni non sono ancora state recepite in regione.

Il fastidio, dunque, rimane.

Per il resto, la pianificazione urbanistica a Savona è collegata con un piano regolatore generale (PRG) che risale addirittura al 1977, sia pure con successive modifiche fino al 1996, e a un progetto preliminare, solo preliminare,  di Piano Urbanistico Generale (PUC) adottato nel  2005. C’è chi ne vorrebbe uno definitivo, o addirittura ripartire nella discussione. Intanto si va avanti a colpi di deroga su deroga. Comunque su PRG e PUC  il PPA non può intervenire. Il precedente PPA era per il triennio 2002-2005, poi prorogato di due anni.

Ma vediamo il quadro generale, che è molto interessante.

La popolazione. 

Raggiunto un picco di circa 80000 abitanti alla fine dei ’70, negli ’80 c’è stata diminuzione, nei ’90 crollo di quasi il 25% dei residenti, per effetto della crisi. Il 25%: mica noccioline. Ora siamo più o meno stabili sui 60000. C’è stato calo delle nascite a partire dai ’70, e conseguente aumento dell’età media. Gli stranieri, quadruplicatisi negli ultimi anni, compensano appena la denatalità. Le famiglie sono sempre più composte da uno o due individui, altro che famiglia tipo: quelle con figli sono meno della metà del totale.

L’evoluzione? Difficile capirla, ma pare di intendere da studi previsionali che, alla faccia di chi minaccia apocalissi, rimarremo sempre più o meno stabili,  sui 60000, figli e immigrati compresi. Attenzione a questo dato: è fondamentale, o dovrebbe esserlo. 

L’occupazione. Qui seguiamo più o meno la situazione nazionale. I numeri, le percentuali in più o in meno, sono poco significativi, per quanto sbandierati, ciò che conta è quello che c’è dietro: imprese sempre più piccole (e ricordiamoci che vi sono compresi anche gli pseudo dipendenti costretti a prendersi partita

 IVA!), contrazione nelle imprese più grandi e nel settore manifatturiero, assunzioni a termine che sono più della metà, cui si aggiungono apprendistato e part time. Insomma, il vecchio lavoro sicuro a tempo indeterminato ormai è ridotto a UN TERZO del totale. Un terzo: calcolando dipendenti pubblici e quant’altro si potrebbe dire che va praticamente scomparendo. Sappiamo che se flessibilità volesse dire maggiore competitività, ma anche maggiori garanzie e compensazioni,  questo non sarebbe un dato drammatico. Purtroppo non è così, e per come è messo vuol dire solo incertezza, insicurezze nella società, preoccupazione per il futuro, difficoltà a pianificare la propria vita, a fare investimenti a lunga scadenza, eccetera. Altro dato da tenere presente.

Il part time prevale nei servizi, e c’è sempre meno richiesta di figure professionali di livello elevato, impiegati specializzati, quadri e dirigenti. Anche questo significa che mancano imprese vive e innovative, segnali di crescita, mentre prevale un’economia di basso profilo. Diminuiscono i disoccupati, siamo al 5% e rotti, ma naturalmente questo  tiene conto non solo dei lavoretti a termine di scarsa durata e spessore, ma anche di chi, rassegnato, il lavoro ha rinunciato a cercarlo.

Le imprese . Altro dato interessante: c’è molta vivacità, imprese che vanno, imprese che vengono, nascite e morti a tutto spiano, con leggerissima prevalenza di nascite, ma con valore di crescita ben inferiore alla media nazionale e regionale. Di per sé anche questo continuo ricambio non mi pare un dato positivo, significa non riuscire a costruire un’economia stabile e solida. Tanto più che, andando a guardare la tipologia, a pesare è soprattutto il settore delle costruzioni (ma va?), in cui immagino siano comprese tutte quelle impresette in sub-subappalto che fioriscono e appassiscono intorno ai cantieri, con il loro corollario di mano d’opera sfruttata. Da segnalare come collegato anche l’aumento di immobiliari, qualcosina nel settore alberghiero-ristorazione, e, autentico boom secondo solo alle costruzioni, le finanziarie. Il che sta a dire, l’economia basata sul commercio di denaro a caro prezzo. (Non sta più bene chiamarlo usura legalizzata). Unico commercio che regge, peraltro, perché per il resto nel settore si registrano flessioni (cioè, i negozi chiudono), così come nell’agricoltura e nell’attività manifatturiera (cioè, si produce meno). Poi aumentano le imprese gestite da stranieri, nell’ordine, albanesi, marocchini, cinesi, ma quando si parla di ditte individuali, anche qui, mi sa spesso di forme di sfruttamento, e non solo di nuovi kebab o spacci di chincaglieria.

Infatti al quarto posto, con quasi il 40%  del totale, abbiamo i romeni. Attenzione, per chi improvvido confonde: ho detto romeni, non c’entrano i rom tanto esecrati. Se non che, si intuiscono forse le radici alla base di certi polveroni strumentali.  Questo picco di imprese  individuali romene, appunto, dato che non vedo in giro negozi di gastronomia o abbigliamento dei Carpazi, mi sa inequivocabilmente di un grande afflusso pilotato e supersfruttato di mano d’opera edile.

Il patrimonio edilizio . Attenzione anche qui, ci sono considerazioni cruciali. E’ complessivamente in buono stato, perché prevalentemente recente e perché la parte più antica è in centro città, immobili di pregio. Gli alloggi non occupati sono arrivati agli inizi degli ’80 al 10% ( uno su dieci!!) , ora sono scesi, complice l’ICI, ma sono comunque alla ragguardevole percentuale del 7,8. Percentuale definita nello studio, chissà perché, confortante. A me non conforta molto.  Comunque, abbiamo mediamente alloggi ampi,  non c’è sovraffollamento o coabitazioni forzate, la percentuale dei senza casa è bassissima. E meno male.  UN TERZO, dicesi 1 su 3, delle famiglie è di una sola persona. Altro che family day, bisogna fare il single day. Insomma, abbiamo tante case grandi e ci stiamo pure belli larghi.

Un dato riportato in grafico ma non evidenziato nelle considerazioni è quello del numero di edifici/abitazioni: cresciuti parecchio dal ’61 al ’71, anni del boom, ancora un pochino dall ‘ 81 al ’91, poi leggera flessione, o meglio, sostanziale stabilità nell’ultimo decennio fino al 2001. Circa 30000 alloggi. Su 60000 abitanti.

Il che significa anche che, con tutti quegli interventi edilizi in progetto o già in corso, questo grafico dovrà avere un’impennata semplicemente MOSTRUOSA negli ultimi anni. Giustificata, secondo voi che leggete? E in base a che cosa?Sono proprio curiosa di saperlo.

Insomma, la domandina a questo punto è: da tutte queste premesse, economiche, demografiche, di densità abitativa, che conclusioni trarreste voi, per la domanda di case nell’immediato futuro? Provate a rispondervi e andiamo avanti.

 

2:…A un finale sfocato

 

Allora, riepilogando, e questo viene ripetuto anche nella parte dedicata alle previsioni abitative, abbiamo una città:

 

- sostanzialmente stabile come numero di abitanti, flussi migratori compresi

 

- sostanzialmente stagnante nei commerci e nelle imprese

 

- con un ingente patrimonio edilizio in buono stato, case ampie, famiglie poco numerose  e un 7-8% di case sfitte

 

Mi sembra già tutto chiaro, no? Non esistono i presupposti per grosse espansioni edilizie.  

 

E invece no! Preparatevi a una bella inversione di logica, come se, da un’autostrada a quattro corsie, vi ritrovaste di colpo sul Pordoi in bicicletta.  Andiamo avanti...
...LA PROSSIMA SETTIMANA... LE PREVISIONI

Nonna Abelarda