...Prima c’erano il per nulla rimpianto, ma efficace centralismo democratico” e l’arruffarsi delle correnti Dc a suon di tessere (non certo di visioni politiche più valide) e di continue concessioni fuori della linea di programma. E ora?
La “coscienza” (o che cosa altro) dei politici
                di Sergio Giuliani    versione stampabile


Lamberto Dini

 Chissà che cosa ha convinto Lamberto Dini ad aprire, in un tempo così ben calcolato, un fronte freddo nella coalizione di governo e, in qualche modo e per ora, a rabberciarlo.
Purtroppo, nel diluvio di informazioni che, una volta o l’altra, come dicevano i surrealisti della risata, ci sommergerà, si capisce sempre di meno il perché di certi avvenimenti.

Un esempio: al di là delle polemiche interessate sull’impiego delle forze dell’ordine (polizia fascista/polizia proletaria/polizia mito dell’ordine un poco “nero”/polizia funzionaria dello stato, con compiti importanti e precisi che vanno saputi assolvere, senza forzature politiche) io non ho capito un accidente di che cosa sia successo domenica all’autogrill di Badia al Pino. Qualcuno mi spiega contro che cosa un agente discretamente esperto spara e viene subito scaricato da colleghi e superiori? Che cosa succedeva da indurre l’inquisito a far fuoco-per-ammazzare? Al di là della compiaciuta escalation delle accuse, tambureggiata con soddisfazione anche dai vertici della polizia (ma al G8 non accadde, caparbiamente, il contrario?), vorrei sapere da chi fa informazione perché un’auto con –pare – persone innocentissime diventa un tiro al bersaglio.

E’ sempre la voglia, il bisogno di sapere che mi porta a chiedermi di Dini e, dato che tutti, nel teatro della politica, vanno in maschera, mi proverò nel gioco delle intuizioni e delle ipotesi.

 a)   Dini non è un “peon”, ovvero un parlamentare straccione. Ottimo esperto internazionale di banche e di finanza, ottimo ministro nel passato, prestato alla politica, non ha bisogno di ambizioni in questo settore. Mi ha molto stupito la creazione di un partitino col suo nome, ma avevo pensato che fosse un’alzata d’ingegno all’interno della coalizione contro pretese, vere o millantate della cosiddetta Sinistra radicale in sede di redazione, sempre faticosa e complessa, della Finanziaria.

b)  Non credo perda le bave per un posto al Senato e non credo sia tutto dedito a manovre di ricerca di potere con pochissimi voti elitari. Posso non condividere la sua linea di politica economica ispirata al buonsenso dei moderati e ai tecnicismi scientifici, ma debbo riconoscerla comunque fondata; se mai, combatterla con argomenti concreti.

c)   Dini è legato mani e piedi ai “poteri forti”, quelli che non compaiono mai in prima persona, ma sono onnipresenti nel dirigere la vita nazionale tramite l’ipocrisia di certi politici che ammiccano ai partners di voler giocare una carta e ne gettano poi sul tavolo un’altra. Lo fanno per opportunismo, per superiore convinzione, per capacità di “vedere” il futuro prossimo? Mah! Fatto si è che in Italia abbiamo decine di vie e di piazze Moro, ma una sola, piccolissima, piazzetta Cuccia. Chi abbia “contato” di più lo sanno…le stelle.

d)  Berlusconi compra pagine di giornali (quelli non suoi!), muri d’affissione (quelli non suoi; ormai pochi e, a quanto dice, senatori. Vedi al punto a): Dini non se la passa certo male a finanze in famiglia e mi pare difficile che abbia un prezzo. Non è Cirami o Cirielli o altri! Vuole un posto da ministro? Credo si possa accomodare benissimo nell’Unione.

e)   Non gli è andata a genio la nascita del PD! E fin qui lo capisco: un “liberal”, leader non di massa ma di opinione si sarà sentito schiacciato, senza poter più incunearsi tra sinistra laica e Margherita. Al meglio che posso pensare, ha percepito il neopartito come una reale impossibilità per lui non a contare, ma a tenere in vita, in quell’area, la propria moderatezza. Se poi non ci sia di peggio…..

f)     Questa volta lo sfasciacarrozze l’ha fatto lui, assai più della sinistra con la quale non va proprio muso a muso. E forse ha manlevato la sinistra da dover essere sempre il polo del contestare (a parte il “pratico” Mastella). Che cosa voleva Dini, in pratica, in queste ore? Pensiamo ancora al meglio (forse, qualche volta, malgrado Andreotti pensi il contrario, ci si potrebbe anche azzeccare); far capire all’Unione che occorre anche la componente liberalsocialista, piccola, ma sapiente in economia, per compilare una Finanziaria che non sia (ma lo è sempre stata, al tempo della vecchia Dc che adesso pare beato, quando il solito mannello di senatori di corrente strappava, all’ultimo quarto d’ora, aumenti per i propri feudi: lo ricordiamo Andreotti che serviva sempre il miglior piatto alla Dirstat?) un coacervo di strappi, ma abbia linea. Ma siamo subito smentiti e ritorniamo, con Andreotti, a pensar peggio perché ci si azzecca: il provvedimento diniano per tener alte le prebende ai managers di stato non ci garba punto: per nulla. E’ vecchia, vecchissima politica!

 Basta con le ipotesi: ognuno si serva. Io penso soltanto alla “linea d’ombra” fra politica del proprio gruppo e fedeltà al patto di coalizione per cui, a un certo punto, la maggioranza vince e la minoranza non pesta i piedi.

Facile a dirsi! Prima c’erano il per nulla rimpianto, ma efficace centralismo democratico” e l’arruffarsi delle correnti Dc a suon di tessere (non certo di visioni politiche più valide) e di continue concessioni fuori della linea di programma. E ora?

Bisogna ridefinire il limite, certo non facile, delle decisioni condivise, maturate in accordi che accolgano le volontà, quando razionali, di tutti ed arricchiscano il tronco di tutte le foglie possibili.

Poi, però, la discussione ha termine e, come un elettore sconfitto riconosce la vittoria del partito avverso, così, ad un certo punto, l’ ”oltranza” deve finire, sciogliersi nel risultato comune.

Ma quando? Ma a che punto? E chi viene meno ai patti, il minoritario che scalcia e non si riconosce in certe decisioni o la maggioranza che s’impone a forza con piani premeditati

Sergio Giuliani