A 26 ANNI DAI PRIMI
ARTICOLI DI STAMPA
LA
STORIA “SEGRETA”
DEL “CICLONE TEARDO”
“Trucioli savonesi” inizia un racconto a
puntate su cosa accadde prima, dopo, durante quei giorni di fuoco e di
clamore a livello nazionale. Tutti i nomi dei protagonisti principali e
secondari, imputati e testimoni. Con una conclusione amara: chi credeva
che Savona e provincia, dopo Teardo, si fossero “purificate” ha
sbagliato. Negli ultimi anni si è creato il “sistema
edilizio-immobiliare” con un fiume di denaro e una cerchia di addetti
che finora ha fatto il bello ed il cattivo tempo. Lasciandosi alle
spalle solo polemiche, mentre la macchina da guerra all’ambiente
continua imperterrita a produrre ingenti, inconfessabili profitti. Tanto
cemento, trasformazioni alberghiere e di industrie in “seconde case”.
Prima vittima l’attività alberghiera con oltre sei mila persone già
“espulse” dal lavoro. Poi il superaffollamento da monolocali e bilocali
che fa a pugni con la sbandierata ed ingannevole propaganda sul “turismo
di qualità”. Il turismo agonizza, muore soffocato. Nessuno ha la forza
di fermare i “killer”della disgregazione sociale. La politica, con rare
eccezioni, abbaia. Il mondo della cultura è latitante. Le professioni
sono al centro di un clamoroso e vergognoso conflitto di interessi.
SAVONA - Prima che vada perduto o
prima che sia troppo tardi. Abbiamo scelto di pubblicare, a puntate,
documenti-testimonianza inediti per la stragrande maggioranza dei
savonesi (e non). Nonostante i fiumi di inchiostro allora consumati e
non poteva mancare l’intervista che Enzo Biagi fece in tivù al big dei
big. Anzi, tutte le “penne” più famose in Italia, gli hanno dedicato
spazio, approfondimenti, strali, riflessioni, analisi. Da anni lui si
tiene lontano, con avvedutezza, da tutti i riflettori.
Il tema e l’archivio sono il “caso
Alberto Teardo”, ex presidente della Regione Liguria, ex sindacalista,
ex segretario provinciale del Psi, professione dichiarata “funzionario
di partito”, iscrizione alla massoneria di Piazza del Gesù, ma anche di
Palazzo Giustiniani, con tessera della P2, dietro regolare versamento di
1 milione. Teardo finito in carcere mentre era candidato alla Camera dei
deputati per i socialisti di Craxi e nonostante il clamore dello
scandalo raccolse oltre 5 mila preferenze.
Alberto Teardo ha compiuto 70 anni il 26
maggio scorso. Ecco come lo descriveva Maurizio Parodi, il 14 giugno
1982, dalle pagine de Il Buongiorno: <Già segretario della Fiom,
presidente dell’Iacp, rifondatore del Psi nella città della Torretta.
Molto attaccato alla famiglia e ai suoi due figli, con la moglie Mirella
coltiva la passione per il tennis e per lo sci, tra i suoi hobby il
cinema, il teatro, la musica sinfonica e lirica. Sul suo tavolo non
manca mai un pacchetto di sigarette e la pipa....>. In origine Teardo
faceva il fattorino (o la maschera) in una sala cinematografica.
Teardo (e la sua fedele “corte”
trascinata nel baratro) che ha pagato il debito con la giustizia umana
e, dopo qualche tentativo fallito, è uscito definitivamente di scena,
pur rimanendo, c’è da scommettere, dietro le quinte. Non sono pochi
coloro che pensano eserciti ancora un potere. Quale e in che misura? La
sua alleanza con alcuni imprenditori del porto di Savona sarebbe una
sorte di assicurazione. Certamente non ha sbagliato chi l’ha consigliato
di non mettere in difficoltà gli amici rimasti, scegliendo il basso
profilo.
PREVISIONI E ATTESE SBAGLIATE
E’ stato sicuramente un errore ritenere
che “via il clan Teardo”, la provincia di Savona e dintorni, fosse
purificata. All’epoca c’era chi sosteneva che, con Teardo al timone,
l’economia savonese tirava. C’era un fervore di opere pubbliche, di
iniziative, finanziamenti statali. Savona che era persino riuscita a
indurre “Genova-matrigna” a miti consigli.
Insomma sotto la lanterna regnava un duro
che non dimenticava la sua città. La sua provincia. Aveva un “peso”.
Vicende, scenari, fatti e misfatti
conosciuti, all’epoca, solo da una stretta cerchia di persone,
soprattutto addetti ai lavori. Per altri i ricordi si perdono col tempo.
E, comunque, molti documenti mai divulgati nella loro completezza.
Oggi è trascorso un quarto di secolo. La
scelta di “aprire” i faldoni dell’archivio è soprattutto rivolta alle
giovani generazioni (molti sono nati proprio in quegli anni settanta e
ottanta). Metterli in condizione di conoscere, di sapere. Farsi
un’opinione su una stagione vivacissima, sui protagonisti, nel bene e
nel male. Un contributo alla conoscenza dei fatti. Magari in attesa di
inserire il tutto in un libro, nel ruolo di cronisti. Testimoni e
spettatori. Ma non solo.
TRE MISTERI ANCORA DA SVELARE
Cercheremo di dare una risposta ad alcuni
interrogativi che avevano suscitato molta curiosità, ad iniziare dagli
stessi artefici dell’”affaire”. E nessuno ha mai potuto svelare.
1) Chi passò a Renzo Bailini le
notizie che in un primo esposto (da chi arrivarono i 100 milioni per il
“Savona Calcio”) ed un successivo “chiarimento”, innestarono la più
grande inchiesta giudiziaria della storia savonese? Causando un
terremoto. Furono alcuni esponenti massonici che lui frequentava nel
ponente savonese e per ultimo ad Imperia? Chi di loro può confermare?
Chi raccolse le confidenze che Bailini non fece neppure agli inquirenti
e ai giudici?
2) Chi passò la notizia al Secolo XIX
(prima pagina, a firma di Luciano Corrado) relativa ai primi clamorosi
sviluppi dell’inchiesta sul Savona Calcio, con i primi 5 avvisi di
garanzia e 4 perquisizioni. Ma anche la falsa notizia che era stata
perquisita la casa di Teardo, ad Albissola Capo. Seguì un processo per
diffamazione, su denuncia di Teardo e Leo Capello, cassiere più o meno
occulto delle tangenti (lamentava che la sua iscrizione sul registro
degli indiziati di reato venne data dal Secolo XIX con un giorno di
anticipo). Il processo per diffamazione durò quasi sette anni tra Genova
e Roma, con un mini risarcimento danni fissato dai giudici (180 e 500
mila lire). Poi arrivò l' assoluzione e solo in parte la prescrizione.
Un mezzo infortunio che costò caro al cronista, nonostante si trasformò
qualche anno dopo in un grande risultato promozionale per il giornale.
Oltre ad una letteraccia-rimprovero dell’allora vice direttore Giulio
Anselmi, oggi direttore de La Stampa di Torino, scattò la punizione mai
pronunciata di sei mesi senza firma e tanta solitudine. Per il riscatto
professionale l’attesa durò 19 mesi, fino al grande “blitz” del 14
giugno 1983.
3) Chi contribuì ad insabbiare il
troncone della “Teardo-bis”? Il giudice Del Gaudio, da parlamentare,
azzardò nei suoi libri qualche nome. Anche colleghi che, a suo dire,
remavano contro e soprattutto dietro le quinte. Andò proprio cosi?
C’era, per caso, una “manina” tra i cosiddetti poteri forti che, invece,
aveva detto basta? Qualcosa di interessante l’abbiamo ricostruito,
grazie anche alla “soffiata” (involontaria, forse) di un ex ministro
degli Interni in pensione.
Una cosa tuttavia vogliamo dire chiara e
forte. Non è un rinvangare per aprire ferite in chi ha già sofferto,
famiglia compresa e soprattutto in gran parte pagato il debito con la
società. In qualche caso poi sono rimasti gli eredi, i congiunti che non
hanno colpe. Semmai hanno rivestito, a loro volta, i panni di vittime.
Non possiamo neppure, almeno è
l’auspicio, essere accusati di voler far cassa. Non sono in ballo
vendite di copie, pubblicità, interessi occulti. La nostra quarantennale
storia professionale (corrispondente e collaboratore della Gazzetta del
Popolo, Il Cittadino, Il Corriere del Pomeriggio, Il Giorno, La
Settimana Ligure, la Nuova Liguria, la Gazzetta del Lunedì e per 34 anni
il Decimonono) e quella di questo giovane ed indipendente blog sono alla
luce del sole.
Negli anni e fino ai giorni nostri sono
rimasti in piedi molti interrogativi ai quali è necessario dare una
risposta, laddove è possibile. Per capire, giudicare, farsi un’idea.
Partiamo proprio dall’esigenza di conoscere i fatti, così come si sono
svolti, con documenti inediti, ricorso a dichiarazioni messe nere su
bianco (atti delle indagini, ma anche lettere “riservate”,
interrogatori, libri, articoli di giornali), per ricostruire alcune
fasi, alcuni capitoli mai scritti, di questa enorme tempesta.
IL LIBRO-VERITA’ DI LUGARO
Ci aiuteranno a capire meglio perché
certe cose accadono e soprattutto si ripetono.
Iniziamo dalle pagine del libro di Bruno Lugaro (accolto da autorevoli e
disinteressati apprezzamenti per il rigore e l’imparzialità nella
ricostruzione dei fatti) per prendere lo spunto da
due considerazioni-pilota sul caso delle
aree Italsider e del fallimento Omsav (1994).
Una vicenda che senza la ventata di
verità di Lugaro nel “Il fallimento perfetto” (Le carte segrete, i
protagonisti, i retroscena dell’inchiesta sulla vendita dell’Italsider,
il crac dello stabilimento Omsav e l’operazione immobiliare della
Darsena), Savona avrebbe definitivamente sepolto nelle fondamenta di
quel complesso in costruzione e dove forse andranno ad abitare alcuni
savonesi che contano.
Pagine che ci hanno spinto ad
approfondire nell’archivio. Con alcune sorprese davvero sconcertanti che
aprono nuovi scenari, soprattutto nella fase finale dell’archiviazione
dell’indagine. Dei loro protagonisti, di chi firmò quegli atti.
Ha scritto Lugaro: <Se, sotto il profilo
giudiziario, questi atti non hanno più alcuna rilevanza, conservano
intatto il loro valore storico. Hanno infatti il merito di aver portato
alla luce l’intreccio tra politica e affari che tornò ad essere in
quegli anni il tratto distintivo, a meno di un decennio di distanza
dallo scandalo Teardo...>.
E subito dopo: <La prospettiva di grandi
speculazioni immobiliari era il collante che teneva insieme gli
interessi di facoltosi imprenditori locali, amministratori pubblici,
partiti (il Pds in prima fila) e cooperative rosse. Tutti uniti in una
specie di rapporto osmotico al quale non si sottrassero neppure i
sindacati. C’era un gruppo di potere che marciava in un’unica direzione
con un unico obiettivo: realizzare affari utilizzando come pretesto la
riqualificazione urbanistica...>.
I PROGETTI DA ANDORA A VARAZZE
Su questo “capitolo” rinviamo
l’approfondimento alla prossima puntata.
Da mesi, e negli ultimi anni, più voci
hanno denunciato un quasi sistematico scempio urbanistico che si consuma
nella nostra provincia, dalla costa alla collina. Purtroppo hanno fatto
notizia solo pochi casi eclatanti, come quello del progetto di
realizzare quattro torri dove sorge ad Albenga il vecchio ospedale. E
pochi altri progetti a Varazze, Celle, Savona, Vado, Spotorno, Finale,
Borgio, Ceriale, Alassio. Tanto per citare quelli di cui le cronache
locali si sono occupati più assiduamente.
Ebbene come all’epoca della vicenda
Teardo furono poche confidenze e timorose (giustificate dal panorama di
quegli anni e dallo scenario che offriva la Procura della Repubblica) di
uno o due imprenditori a fare da apripista.
Oggi la “grande emergenza” edilizia di
questa provincia continua ad essere sottovalutata. Per ora osserviamo
che senza l’intervento di corpi specializzati, come la Guardia di
Finanza, sia impossibile avere il quadro concreto, il puzzle della
situazione.
Chi muove il boom edilizio-immobiliare
(escluso chi costruisce per le proprie esigenze abitative), investe 10
ed ottiene un utile di 100 e come fare una vincita al casinò. Un settore
dove si denuncia 5, ma si ricava 10. Dove circola una massa enorme di
denaro sonante. Con il nero che supera l’ufficiale. Solo nel regno
della camorra e della mafia accade di peggio in materia di evasione. E’
vero, come confidano alcuni notai ed agenti immobiliari, che ora sul
fronte della lotta all’evasione è cambiato qualcosa, e si assiste ad una
frenata.
Restano tutte quelle operazioni
immobiliari, trasformazioni di alberghi, cambi di destinazione d’uso che
hanno messo in moto cifre da capogiro e a soqquadro il tessuto
urbanistico e sociale. Per un’operazione finita nel mirino della
Procura, della Finanza o dell’Ufficio delle Entrate, ce ne sono cento,
duecento, mille che l’hanno fatta franca.
E’ in questo contesto che il cronista,
come era accaduto all’epoca della “Teardo story”, raccoglie segnali
della presenza di un esteso pantano. All’orizzonte sacche trasversali di
malaffare, di illegalità diffusa, di impunità.
LA SFIDA ALLO STATO
Le istituzioni, si dice, possono muoversi
solo in presenza di denunce, esposti. Certamente, ma non tutti i giorni
si incontrano dei Renzo Bailini (il firmatario dell’esposto che diede
l’avvio all’inchiesta su Teardo e soci). Non si può chiedere ai
cittadini di fare i “martiri” in uno scenario dove neppure gli “onesti”
servitori dello Stato hanno vita facile. Preferendo il quieto vivere.
Sarebbe sufficiente chiedersi ma a chi
sono andati gli ingenti profitti della vendita di migliaia di monolocali
e bilocali che hanno raggiunto anche i 15 mila euro il metro quadrato e
comunque una media, negli ultimi anni, tra i 4 e gli 8 mila euro?
Lo Stato, se vuole, ha gli strumenti,
come li aveva allora (quando non si voleva neppure capire il significato
degli attentati nei cantieri), per tracciare la mappa degli interventi
edilizi più significativi che hanno interessato la provincia negli
ultimi 5-10 anni. Partendo dalla catena: venditori, acquirenti,
intermediari, progettisti, costruttori e subappalti, fornitori. Ma anche
controllo diretto dei fabbricati, con molti vani tecnici abitabili,
sottotetti abitabili (pur in assenza di altezza regolari), vecchie
cubature truccate per ottenere maggiori ampliamenti, dislivelli
taroccati, stessa sorte in molti condoni. Pollai, baracche, cumuli di
lamiere spacciati per ruderi-dimora da ricostruire. Dietro ogni storia
c’è una catena di Sant’Antonio che lucra, trae profitti leciti ed
illeciti. Sa ungere. Sa fare squadra.
Chi pensava che l’esplodere a scoppio
ritardato del “caso Italsider”, con la presa di posizione del
procuratore della Repubblica, Vincenzo Scolastico, facesse suonare un
nuovo campanello d’allarme si è sbagliato.
Da Savona a Varazze è all’opera la
confraternita che continua a puntare sulla speculazione immobiliare e
non ha interesse a cambiare aria. Come non c’è interesse a divulgare i
dati (accertati e non presunti o denunciati) dei vani abitabili
realmente realizzati in questa provincia. Non bastano le statistiche dei
contatori Enel o del gas. Questo per capire che sono fasulli, irreali,
gli standard urbanistici, il loro rispetto, le proiezioni di sviluppo e
crescita.
E proprio dai massimi rappresentanti del
potere politico, si continui a parlare di cubature e non di insediamenti
abitativi messi a confronto con le infrastrutture esistenti, ad iniziare
dalla rete stradale, ai servizi.
LE MAZZETTE FUORI MODA?
All’epoca della “Teardo story” emersero
più fronti, tangenti sugli appalti pubblici, sulle forniture e le prime
avvisaglie della speculazione immobiliare, delle aree edificabili o
potenzialmente tali con varianti ad hoc, con revisioni pilotate del
piano regolatore. Ora si scelgono altre strade, più tortuose. Allora era
soprattutto un problema di mazzette. Oggi, come è stato accennato anche
in assemblee pubbliche, il “sistema” è più elaborato. Passa attraverso
quella che si può definire “purificazione” finale del denaro. E solo uno
“screening” alla filiera potrebbe far esplodere il bubbone. In qualche
caso, come a Toirano (guardia di Finanza) per aree rese edificabili è
iniziato. Oppure attraverso la consulenza di tecnici comunali con la
schiena dritta, come succede ad Albisola Mare (un caso sconcertante che
solo la tenacia di Dario Freccero de Il Secolo XIX ha portato alla
ribalta, con l’intervento diretto del procuratore Scolastico, dopo due
esposti archiviati) ed entroterra di Finale.
Siamo da troppo tempo di fronte ad una
piovra che fa imbestialire, ma rende felicissimi certi banchieri, anche
oltre confine.
A meno che faccia comodo non voler
sapere. Molte operazioni edilizie, soprattutto ai danni del turismo
alberghiero e di qualità, gridano vendetta e vengono attuate nella
convinzione di farla franca. Difficile trovare altre spiegazioni.
Operazioni che in molti casi sono presentate, pure ai giornali, come
unico strumento per risolvere problemi di interesse pubblico. Basta
indagare su chi c’è dietro ed attorno per capire la portata di quella
beneficienza. E il danno sul piano urbanistico. Un allarme che pochi
esponenti politici hanno preso a cuore e si capisce la ragione della
solitudine, della emarginazione di chi lotta invano.
Eppure un filo di speranza esiste. Ai
tempi di Teardo c’era la convinzione che nessuno un giorno sarebbe stato
chiamato a pagare, forti di un’impunità diffusa, del “tam-tam” che
indicava a chi bisognava rivolgersi in caso di necessità.
COSA SCRIVEVA SERGIO TURONE
Sergio Turone (giornalista, scrittore,
docente universitario morto nel ’95) nel suo libro “Partiti e mafia,
dalla P2...” scriveva sul caso Teardo: <Basti qua ricordare – per
limitarci a due testate storiche ma relativamente periferiche rispetto
alla grande stampa nazionale – il ruolo sostenuto dall’”Ora” di Palermo
in tutte le inchieste di mafia ed il peso che ha avuto il “Secolo XIX”
nel far esplodere il bubbone del caso Teardo in Liguria>.
Direttore del giornale era Tommaso
Giglio, capo della redazione di Savona, Luciano Angelini, suo vice
Sergio Del Santo, cronista di giudiziaria Luciano Corrado.
Altro passaggio significativo del libro
(si può mettere a confronto con lo scenario degli anni duemila): <Fin
dal 1981 Sandro Pertini informato dell’appartenenza di molti esponenti
ad inquinanti logge massoniche, sia di certi intrighi affaristici, su
cui documentate indiscrezioni erano state fornite dal Secolo XIX, aveva
ostentatamente reciso ogni rapporto col Psi di Savona. Un deputato
ligure del Psi, Paolo Caviglia, nel corso di un’assemblea dei socialisti
savonesi – densa di concitato sdegno verso i magistrati impegnati
nell’inchiesta – dichiarò con veemenza che gli arrestati dovevano essere
considerati prigionieri politici>.
Più avanti, sempre Sergio Turone: <Nel
novembre 1981, quando Teardo era stato nominato (nonostante la sua
appartenenza alla P2) presidente della giunta regionale ligure con i
voti del Psi- Dc- Psdi-Pli, prese avvio l’inchiesta sui finanziamenti
illeciti della squadra di calcio>. Due anni dopo (14 giugno 1983) scattò
la maxi retata in tutta la provincia con arresti eccellenti. Scriveva
Turone: <L’episodio del 1981 aveva l’aspetto della parte emergente di un
abuso più ampio. Il Secolo XIX, a firma di Luciano Corrado, fornì alcune
caute ma precise informazioni e Teardo querelò il giornale, dichiarando
: <Sono al centro di una campagna calunniosa e denigratoria...C’è un
superpartito in Italia, e quindi in Liguria, che comprende gruppi,
partiti, poteri diversi e da cui dipende anche questa ignobile
macchinazione, che mira a colpire un Psi che cresce>.
Turone raccolse la testimonianza di
Tommaso Giglio a Giampaolo Pansa: <All’inizio, quando abbiamo cominciato
a raccontare ciò che si scopriva su Teardo c’è stata tanta incredulità.
E molti accusavano il giornale e i suoi giornalisti più impegnati di
comportarci da giornale scandalistico...>
Commentò Sergio Turone: <Negli elenchi di
Gelli, sequestrati di Castiglion Fibocchi nel marzo 1981, c’era anche il
nome di Alberto Teardo (tessera n. 2022) con l’indicazione del
versamento di un milione fatto al “Venerabile”. Teardo ha sempre negato
quell’appartenenza, sia alla commissione parlamentare di inchiesta sulla
P 2 (Tina Anselmi), sia ai giudici inquirenti.
Contro Teardo ed il suo clan rimasero
attivi solo alcuni giornali, in primo luogo il Secolo XIX e soprattutto
rimase l’ostilità dichiarata dell’onesto ed amato presidente Pertini.
Alla curiosità dei giornali, Teardo contrappose lo sdegno dell’innocente
calunniato. Al disprezzo di Pertini, il Psi di Savona tolse il ritratto
del presidente dalla parete della sede ed il premio internazionale di
disegno infantile “Sandro Pertini”, giunto alla sua undicesima edizione,
ebbe un nome nuovo, fu ribattezzato “Premio EdmondoDe Amicis”> (chi era
allora segretario provinciale? da chi era composta la maggioranza del
direttivo? n.d.r.)
TESTIMONIANZE DI DEL GAUDIO
Ecco cosa scrisse la “Voce di Montanelli”
il 7 dicembre del ’94. Dichiarazioni di Michele Del Gaudio titolare
dell’inchiesta che scoperchiò la “tangentopoli savonese” : <Ci misero i
bastoni tra le ruote in tutti i modi. Riuscimmo a far condannare Teardo,
ma quando si trattò di passare al livello superiore del Psi ed entrarono
in ballo De Michelis e Manca (tessera P2), ci trovammo davanti un muro.
Ci tolsero la segretaria, poi l’auto di servizio con la scorta, poi ci
caricarono duemila processi arretrati contro ignoti>.
Altra dichiarazione di Del Gaudio,
questa volta a “L’Europeo”, di cui è stato direttore Lanfranco Vaccari,
oggi responsabile de “Il Secolo XIX” di Genova: <Ma il processo Teardo
bis che puntava a scoperchiare il pentolone del malaffare di via del
Corso a Roma, un decennio prima di Mani pulite, è stato insabbiato. In
un anno abbiamo accertato 368 reati. Si pagavano tangenti per i grandi
appalti e le forniture di salame all’ospedale. Da Savona stavamo per
arrivare a Roma. Hanno iniziato ad intimidirmi. Un avvocato mi disse:
“lo sa quanto vale la sua vita” Non più di dieci milioni. E il
sottosegretario alla giustizia, Gaetano Scamarcio, mi accusò di fare
politica per aiutare Ciriaco De Mita. Sono stato anche denunciato da due
massoni vicini al Psi che sostenevano che mi ero comprato un attico dal
Pci. Sono stato costretto a difendermi, ovviamente non era vero>.
Come funzionava in quegli anni la
giustizia a Savona, chiese a Del Gaudio una giornalista svizzera: <I
magistrati inquirenti facevano parte di un unico compattamento assieme a
politici, professionisti e vertici delle forze dell’ordine. Per cui se
sorgeva un problema a carico di un pubblico amministratore, di un medico
o di un avvocato, si tendeva a coprire>.
Un episodio. Vittorio Sgarbi (siamo nel
marzo 1995) nel suo programma televisivo “Sgarbi quotidiani”, su Canale
5, ha sostenuto: <Il giudice Del Gaudio, oggi deputato comunista,
arrestò Alberto Teardo perché suo nemico politico>. Del Gaudio rispose
nel libro “Due anni nel Palazzo” (prefazione di Franco Astengo che
faceva parte della sua segreteria): <Quando fu arrestato Teardo ero
giudice istruttore a Savona e non facevo politica nè in modo diretto, nè
indiretto... Per questa ragione ho querelato Sgarbi....>.
La parabola Del Gaudio, a pagina 135 del
suo libro, annovera altri spaccati: <Intanto una fetta del Pds di Savona
mi impedisce all’ultimo momento di tenere un dibattito alla locale festa
dell’Unità con Petrini, Bodrato, Bonsanti e Garavini sul centro
sinistra....cominciano ad apparire articoletti sui giornali che
evidenziano la diffidenza di una parte del Pds contro di me. La
solidarietà espressami dal segretario provinciale non è condivisa da
coloro che un tempo erano politicamente alleati di Teardo>.
ARRIVA IL COLONNELLO BOZZO
Altre testimonianze di addetti ai lavori
scritte e raccontate in un libro (“Nei secoli fedele allo Stato” di
Michele Ruggiero, giornalista) dal generale in pensione Nicolò Bozzo,
già braccio destro del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa : <Nel 1982,
Savona conservava negli uffici della Procura della Repubblica i
fascicoli di un caso giudiziario destinato a far epoca. L’indagine su
Alberto Teardo, allora presidente della Regione Liguria, indagato per
corruzione. In verità, l’inchiesta segnava il passo da mesi e nessuno
avrebbe scommesso una lira sul ritorno di fiamma delle indagini. Anzi,
non aveva proprio sbocchi. Questo fu il quadro della situazione che mi
tracciò con schiettezza il maresciallo della squadra di polizia
giudiziaria Pietro Moretti, a qualche giorno dal mio arrivo. Moretti,
distaccato presso il tribunale di Savona, aveva preso molto a cuore la
faccenda. Ne intravedeva le potenzialità, riconosceva la volontà e la
determinazione dei magistrati di Savona, il giudice istruttore Michele
Del Gaudio e il capo dell’Ufficio Istruzione, Francantonio Granero, ma
con la stessa lucidità aveva riconosciuti i limiti, i ritardi e gli
errori sul piano investigativo, l’impreparazione al compito degli uomini
chiamati ad effettuare le indagini...era evidente che il maresciallo
desiderasse proseguire l’inchiesta...decisi di leggere tutto ciò che
riguardava il potentissimo presidente della Regione, documenti,
testimonianze, indizi, fino a quando la mia attenzione fu richiamata da
un appunto: Teardo, tessera n. 2022 d’iscrizione alla P2....Con una mole
di lavoro enorme e la preoccupazione di assicurare l’incolumità ai
magistrati, si decise di ospitare Del Gaudio e Granero in caserma>.
Altra annotazione del generale Bozzo: <A
Del Gaudio, uomo perbene e magistrato straordinario, non l’hanno mai
perdonata. Ha subito un primo trasferimento alla Sezione civile del
tribunale, successivamente è stato “promosso” da Savona a Genova, infine
alla sezione Lavoro del tribunale di Napoli. Messo nelle migliori
condizioni di non nuocere, ha preferito levarsi la toga. Oggi compone
poesie e scrive libri per ragazzi.>
TRIVELLONI SCRISSE A TEARDO
Un’altra figura fu Carlo Trivelloni, già
funzionario d’industria e consigliere comunale di sinistra. Ebbe un
ruolo, non sempre messo nel giusto risalto (scrisse una lettera aperta a
Teardo con 10 domande, tra cui spiccava i proventi dell’asserita
ricchezza accumulata e delle proprietà, lettera pubblicata in cronaca
nazionale da Il Secolo XIX, innestando il successivo esposto firmato da
Renzo Bailini).
Ecco il giudizio di Del Gaudio ripreso da
“La toga strappata” (oltre 100 mila copie vendute): <...l’avvocato
Trivelloni, una delle poche figure di galantuomo, che stava venendo
fuori dall’inchiesta. Ha avuto il coraggio di accusare pubblicamente e
giudiziariamente Teardo, ha citato nomi e fatti. Ha stigmatizzato i
rapporti amichevoli fra il procuratore della Repubblica Boccia e il
presidente della Regione finito in manette>.
Sempre dalle testimonianze editoriali di
Del Gaudio: <Mi è dispiaciuto per un commissario di polizia, venuto da
Genova con un gruppo di agenti per aiutarci nelle indagini. Granero lo
ha sorpreso mentre parlava al telefono delle indagini con un altro
personaggio, iscritto alla P2. Qualcuno voleva controllarci. Lo abbiamo
allontanato. Peccato perché era un bravo investigatore>. In precedenza
era già stata allontanata la segretaria dello stesso Del Gaudio,
scoperta mentre passava notizie riservatissime ad un avvocato degli
indagati nell’inchiesta.
IL DOPPIO GIOCO DI MOLINARI
L’uomo piduista in questione era il
questore, diventato anche dirigente per il Nord Italia, Arrigo Molinari,
ucciso due anni fa nell’albergo di famiglia, ad Andora, per mano di un
disgraziato con problemi di droga. Un balordo di piccolo cabotaggio,
secondo la tesi prevalente. Arrigo Molinari era anche il personaggio
che aveva, quando “regnava” a Genova, libero accesso al Secolo XIX e non
solo. Con qualche tappa negli anni successivi anche nella redazione di
Savona. E uno degli hobby da “investigatore” era di registrare (di
nascosto, ovviamente) quando parlava con i “capi” del giornale.
Materiale che poi avrebbe consegnato a persona di fiducia.
Torniamo ad una pagina, questa volta di
cronaca, del libro di Del Gaudio, nel capitolo riservato a
collaboratori. <Il successo del nostro lavoro non si sarebbe verificato
se non ci fosse stata la presenza a Savona di tante persone perbene. Il
colonnello Bozzo dei carabinieri, il generale Biscaglia della guardia di
Finanza, il questore Sgarra. E poi, la base, come la chiamo io: Travisi,
Troisi, Pasquinelli, Previ, Mandati, Caiazzo, Piedalumbo, Moretti,
Rimicci, Lombardelli, Corrado, Reina e tanti altri. Ma anche il
personale di cancelleria: Alfonsina, Filomena, Clara, Armanda>.
Altro spunto, altro capitolo. Scrive Del
Gaudio: <Ho rilasciato un’intervista a Marcello Zinola del Secolo XIX.
In confidenza il principale motivo che ha portato me a Genova e
Francantonio Granero a Roma, è l’impossibilità di far fronte ad un
carico di lavoro enorme, che ci impediva di curare l’istruttoria della
Teardo-bis. Con il presidente del tribunale Gatti che ci richiamava
continuamente a sbrigare i procedimenti contro ignoti. Si preoccupava
più degli ignoti che degli stralci della tangenti>.
Più avanti Del Gaudio ricorda come gli
amici gli hanno fatto notare che <Il Secolo XIX ha attaccato duramente
il presidente Guido Gatti (articolo firmato da Luciano Corrado n.d.r.)
per le sue implicazioni nel processo Teardo>.
Tralasciamo alla prossima puntata altri
capitoli della “Del Gaudio story” e che riguardavano quei giudici che,
al momento di dargli man forte nelle indagini, gli avrebbero a suo dire
voltato inspiegabilmente le spalle. E purtroppo, non furono solo i
giudici. E quanto racconteremo in futuro.
Luciano Corrado
NOMI E COGNOMI
SOLO PER LA STORIA
Riportiamo un documento custodito per
anni con <l’indice alfabetico delle copie fotostatiche degli
interrogatori ed esami testimoniali relativi al caso Teardo>. Così
riporta l’intestazione. Si tratta di persone interrogate a vario titolo,
come imputati o testimoni che sono in grandissima maggioranza. Un elenco
da consegnare alla storia.
Abrate Domenico, primo
interrogatorio il 10 ottobre ’83.
Aonzo Giuliana,
primo interrogatorio il 18 luglio ‘83
Acerbi Giovanni Battista,
primo interrogatorio il 6 marzo ‘84
Alluto Renato,
unico interrogatorio il 17 maggio ‘82
Amandola Tommaso, primo interrogatorio il 11 marzo 1982
Ansaldi Margherita, 21 dicembre ‘83
Aprosio Sergio,
17 luglio ‘83
Arioli Antonio,
21 ottobre ‘83
Aschero Augusto,
13 luglio ‘83
Baciadonne Marco, 24 novembre ‘81
Baccaglioni Giorgio, 28 luglio ‘83
Badano Giancarlo, 10 agosto ‘83
Bagnasco Giuseppe, 6 ottobre ‘83
Bailini Renzo,
9 novembre ‘81
Balbo Giorgio,
15 dicembre ’81
Barbieri Pierluigi, 28 ottobre ‘83
Bardini Mario,
6 febbraio ‘84
Basso Gabriella,
24 gennaio ‘84
Bazzano Luciano,
12 novembre ‘82
Benazzo Angelo,
16 dicembre ‘81
Benelli Maria Costanza,
2 gennaio ‘84
Beneereri Franca,2 gennaio ‘84
Berretta Sergio,
7 ottobre ‘83
Boggi Enrico,
21 maggio ‘82
Bogliolo Brosito, 4 novembre ’82 (7 interrogatori come testimone)
Bertone Federico, 27 agosto ‘83
Bolognini Gemma,
11 febbraio ‘83
Bolognini Nicoletta, 11 febbraio ‘84
Bolzoni Giuseppe, 24 giugno ‘83
Bonato Franco,
24 gennaio ‘84
Bongiorni Nicolino, 2 maggio ‘83
Bonicatti Giovan Battista,
4 giugno ‘82
Bordero Roberto,
25 giugno ‘83
Borghi Marcello,
14 dicembre ‘81
Bortolazzi Giampaolo, 4 febbraio ‘84
Bottino Lorenzo,
12 settembre ‘83
Bovio Pierluigi,
14 dicembre ‘84
Bovero Pietro,
18 luglio ‘83
Bovone Vito,
6 novembre ‘82
Bozzo Nicolò,
16 marzo ‘84
Bracali Luigi,
16 gennaio ‘84
Bramante Renato,
21 marzo ‘84
Briano Pietro,
4 agosto ‘83
Bruno Euro,
6 dicembre ‘83
Bruno Roberto,
27 marzo ‘84
Bruzzone Luigi,
7 luglio ‘83
Buosi Giorgio,
8 febbraio ‘83
Burastero Giacomo, 31 marzo ‘82
Bussino Candidato, 24 marzo ‘84
Buzzi Bruno,
31 agosto ‘83
Calleri Pietro,
14 maggio ‘82
Cane Luigi,
20 marzo ‘84
Caneto Armando,
8 novembre ‘82
Canestro Vincenzo, 26 marzo ‘84
Canovi Vittorio,
11 ottobre ‘83
Capella Anna in Calvi,
11 ottobre ‘83
Capello Leo,
2 novembre ’81 (9 interrogatori)
Caramelli Stefano, 8 novembre ‘82
Carboni Giancarlo, 30 marzo ‘84
Carega Giovanni,
24 settembre ‘82
Carlevarino Lorenzo, 19 agosto ’83 (5 interrogatori da testimone)
Carlevarino Riccardo, 23 agostop ‘83
Carrera Marco,
4 febbraio ‘84
Carretto Laura,
19 agosto ‘83
Casanova Angela,
6 novembre ’82 (7 interrogatori come teste)
Casella Mariolo,
4 aprile ‘84
Castiglioni Giancarlo,21
ottobre ‘83
Cattaneo Adorno Giacomo,
3 agosto ‘83
Cauli Fernando,
18 gennaio ‘84
Cavalli Valerio,
18 febbraio ‘84
Caviglia Andrea,
16 gennaio ‘84
Caviglia Paolo,
17 settembre ‘83
Centi Carlo,
7 dicembre ‘83
Cerdini Floriano, 26 marzo ‘84
Cerisola Giovanni, 10 agosto ‘83
Ceroni Franco,
21 febbraio ‘84
Cerruti Tomaso,
6 febbraio 84
Chiarenza Gaetano, 11 novembre ‘81
Chiesa Ismaele,
3 febbraio ‘84
Ciacci Ernesto,
21 maggio ‘82
Cipriani Giuseppe, 7 aprile ‘83
Codino Rosanna,
16 novembre ‘84
Ciceri Santino,
17 gennaio ‘84
Cognein Rudi,
15 settembre ‘83
Colucci Renato,
2 marzo ‘84
Concon Teresio,
25 gennaio ‘84
Coniglio Carlo,
27 luglio ‘83
Craviotto Tomaso, 10 aprile ‘84
Cutino Stefano,
12 novembre ‘82
(prosegue la prossima settimana)
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