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Il “modello Savona”?

Pellizzetti: "Non è Montecarlo,

semmai copio Barcellona

e non sono massone"

I trucioli di Corrado

Caro Corrado, leggo la Sua articolessa e comprendo che Lei ha molto sofferto nella vita. Ma la pietas non può arrivare al punto di avallare stupidaggini o lasciar trasformare in oro il princisbecco del falso. Capisco che una lettura molo frettolosa e risentita della mia cosuccia in questione (l'opinione sul XIX) può averLe indotto l'impressione che io propugni per Savona il "modello Montecarlo"; mentre - in realtà - la mia tesi è l'opposto esatto: semmai il "modello Barcellona" (pianificazione strategica dello sviluppo in un contesto di democrazia deliberativa). E lo faccio dalle Vostre parti come in tutte le sedi in cui mi è dato esprimermi. Non solo quelle delle varie committenze locali che ho indicato, ma anche nelle istituzioni regionali e nazionali con cui ho collaborato e collaboro per strategie di sviluppo territoriale.

Ho stentato a farlo l'altra sera nel Vostro Comune visto lo sgradevole clima da curva nord che vigeva in sala. Comunque la mia l'ho detta: siete prigionieri di un cerchio stregato di risentimenti e sospetti che appanna la lettua critica degli accadimenti. E sono pronto a ripeterlo argomentandolo in tutte le sedi in cui sarete disponibili a confrontarVi con me. Naturamente pubbliche e a Vostro piacere. Sono sempre raggiungibile all'indirizzo mail che legge in testa.

Pierfranco Pellizzetti

PS per quanto riguarda i grembiulini massonici si informi meglio: chi li indossa è un mio omonimo (l'unica associazione cui ho aderito è il mio circolo di tennis, oltre che - nella prima gioventù - il PLI e il PRI)

 



il Professor Pellizzetti

SAVONA – Una risposta esauriente? I lettori sono i “giudici”. Ringraziamo il professor Pellizzetti perché, a differenza di altre persone chiamate in causa, in questo e altri servizi di “Trucioli Savonesi “ e “Uomini Liberi”, ha ritenuto doveroso spiegare, chiarire, precisare, magari ironizzare con un linguaggio forse non comprensibile a tutti. O sbagliamo? 

Come insegnava Piero Ottone, il direttore de Il Secolo XIX che nel lontano novembre 1969 aveva voluto arruolarmi nel più diffuso quotidiano ligure, il bravo giornalista-cronista deve utilizzare frasi brevi e di facile lettura, tutti devono capire, bisogna separare la cronaca dal commento, dai giudizi personali; evitare l’ironia e la prosopopea.

Pellizzetti è opinionista, di talento. E’ libero di ironizzare. Io sono soltanto un cronista. Un testimone che racconta.  E per una volta, spero sia perdonata la falsariga dell’opinionista, prendendo uno spunto.

Pellizzetti sostiene di comprendere quanto ho scritto, a seguito del dibattito e degli strascichi sul libro di Bruno Lugaro e la serata alla Sala Rossa (vedi precedenti servizi su Trucioli) perché ha intuito che sono un giornalista che <ha molto sofferto nella vita>.

Pellizzetti, spero di non sbagliare, intendeva sofferenza nella “vita professionale”, di giornalista di provincia, da gavetta, forse scomodo, ribelle. Con l’obiettivo di essere più vicino agli “umili” che ai “potenti”, alle “minoranze” che alle “maggioranze”. Ai troppi dimenticati che non hanno “voce in capitolo”. Che per 25 anni ha avuto il “privilegio” di seguire le vicende dai “palazzi” del potere giudiziario, ma non solo. Trovarsi addentro, sempre da cronista, nel mondo della giustizia e dintorni. Con le sue storie, i personaggi, i protagonisti. Storie a volte raccontate a 360 gradi, a volte sofferte, oppure “silenziate” per una serie di ragioni. Uomini delle istituzioni, avvocati, periti, commercialisti. Tantissime conoscenze di persone e di fatti.

Se è così, ha ragione Pellizzetti nel suo giudizio sul giornalista. E’ un opinionista che pur senza conoscere la mia quasi quarantennale storia professionale ha saputo che:


commemorazione delle stragi e tentate stragi degli anni Settanta

BOMBE DI SAVONA
AUTORE CERCASI

Ho seguito la seconda fase, quella più tormentata e delicata, delle indagini sulle “Bombe di Savona (anni ’74-75). Per motivi di lavoro sono stato il cronista che più ha scritto e scavato in quella vicenda.

  E forse per questo il solo cronista chiamato dal Consiglio Superiore della Magistratura, a Roma, a chiarire, dalla visuale di cronista, il ruolo di alcuni magistrati che all’epoca si occuparono delle indagini (prima fase). Nei mesi scorsi quelle istituzioni locali e regionali, caro Pellizzetti, a lui vicine, hanno contribuito ad organizzare una figuraccia da dimenticare. Convegni, conferenze stampa, dichiarazioni, lancio di iniziative. Peccato che abbiano ignorato tutte le persone (magistrati, giudici, inquirenti soprattutto della prima ora e in parte negli anni successivi) che potrebbero indicare una chiave di lettura...  sugli attentati di Savona. Non per scoprire i colpevoli, compito degli organi istituzionali preposti, bensì per raccontare ai cittadini l’evolversi dei fatti, delle indagini, delle inchieste giudiziarie. I limiti, gli ostacoli, i silenzi. Si è dato, insomma, voce a molti “tromboni” (con poche eccezioni, generale Bozzo in primis), o figure marginali, ignorando chi si è trovato a svolgere un ruolo primario, dovendosi alla fine arrendere. Qualche nome  di chi non ha mai voluto “prendere la parola”? Il maresciallo dei carabinieri (da anni in pensione) Piero Moretti, l’allora pubblico ministero Tiziana Parenti, il maresciallo dei carabinieri (in pensione) Angelo Piccolo, l’allora giudice istruttore del “processo Teardo” Francantonio Granero, l’allora giudice istruttore Leonardo Frisani, l’allora giudice istruttore, Fiorenza Giorgi che mantiene un doveroso silenzio ed ha  solo “parlato” con atti sottoscritti. Ammetto, ho sofferto nel constatare che solo un insegnante sta cercando con pazienza e scrupolo, lontano dai riflettori, di ripercorrere quelle pagine di storia. Per rendere più comprensibili alcuni interrogativi sul dopo attentati. Altri, a cominciare dal Comune di Savona e “consigliori” vari, hanno fatto pena? Ci sono i ritagli stampa.

 


 

 MASSONERIA E POTERI
PROCURATORI DELLA REPUBBLICA

 Altra grande sofferenza. Da giorni l’opinione pubblica, attraverso i “media” la tivù, è bombardata dalle vicende legate alla magistratura calabrese. Storie di lotte interne, ma anche di “poteri forti”, massoneria, politica, deviazioni varie.

A Savona, dopo i procuratori Tartuffo e Boccia (quest’ultimo fu oggetto di indagine disciplinare proprio per come furono portate avanti le attività investigative sulle bombe di Savona), arrivò Michele Russo, messo al tappeto perché si scontrò dapprima con una loggia massonica (fece arrestare e in parte processare alcuni suoi esponenti albenganesi), poi fu accusato di avere un’amante (si trattava invece di una conoscente dove in montagna si recava a mangiare nel ristorante dei genitori) che ingenuamente segnalò ad una finanziaria che faceva capo allo stesso gruppo massonico di Albenga. E ancora, si scontrò con quei carabinieri del Ros (allora anticrimine) dell’allora mitico capitano Riccio. Si ripete in gran parte ciò che è accaduto al Pm. De Magistris. Anche se in campo non ci sono calibri come un ministro di Giustizia e il Presidente del Consiglio dei ministri. Ma certi copioni .... Mentre Russo svolgeva indagini sull’operato dei carabinieri del Ros, gli stessi carabinieri erano stati autorizzati, dai Pm di Milano, a mettere sotto controllo il telefono del suo ufficio di procuratore della Repubblica a Savona. Russo voleva ascoltare, ma era ascoltato. Russo, magistrato senza etichetta, battitore libero, scomodo alle istituzioni che governavano a Savona e non solo. Scivolato su una buccia di banana al punto da essere condannato e scegliere la pensione anticipata. Sempre per battaglie interne alla magistratura, fece le valige da Savona, Renato Acquarone, che osò indagare su certi santuari (cooperative, appalti delle giunte rosse di Savona, consulenze). Depuratore consortile, pagato a peso d’oro e pieno di difetti (allora). Discariche di rifiuti pubbliche e private. Le inchieste scagionarono gran parte degli inquisiti. Ma l’“Acquarone story” merita un capitolo a parte. Con la pubblicazione di tutti gli atti dei vari procedimenti penali, civili e al Consiglio superiore della magistratura. Tutte vicende che per il cronista, come sostiene Pellizzetti, hanno provocato “sofferenze” umane e morali. Anche perché, ultima annotazione, Russo e Acquarone non erano come quel bonanima di procuratore della Repubblica che con l’avvicinarsi del Natale doveva far fronte ad una processione. Abbondavano i regali, al punto che un anno, mi rivelò un suo autista, si dovette utilizzare una stanza del carcere Sant’Agostino.  E che tristezza quando al Consiglio superiore della magistratura, tra i tanti testi illustri di Savona, solo un “grande avvocato” (Giuseppe Aglietto) e un cronista esposero un quadro desolante. Osarono!
ANNUNCI A SORPRESA
64 NUOVI ALBERGHI

E ancora, ha ragione a parlare di “sofferenza” quando pochi giorni fa è uscito l’ultimo servizio della serie: si annuncia in questa o quella località l’apertura di nuovi alberghi, sempre a quattro, cinque stelle.

Mentre assistiamo all’agonia dell’attività alberghiera. Se non ci fossero i ritagli stampa, si passerebbe per visionari. Negli ultimi dieci anni (avremo lo spazio e il tempo per rivisitare tutti i ritagli e riprodurli) è stata annunciata l’apertura di 63-64 nuovi hotel. Non si parla, sia chiaro, di ristrutturazioni. In tutti i grandi progetti edilizi da Andora a Varazze, ed immediato entroterra, non manca mai il nuovo albergo. Per ora l’unico ricostruito ex novo (come hotel e non residence, c’è una bella differenza) è il Grand Hotel di Alassio. In ritardo di due anni sugli annunci ufficiali di apertura. Ci sono alcuni particolari significativi. Gli annunci di nuovi alberghi arrivano spesso in concomitanza con nuove colate di cemento. O peggio in prossimità di chiusure di alberghi esistenti e non pensioncine ospitate in palazzi. Un giochino che va avanti da anni, nell’indifferenza e nella complicità più totale. Prima responsabilità, direbbe Beppe Grillo, è quella dell’informazione. Al danno della chiusura di alberghi, perdita di posti lavoro (come le industrie sono aziende produttive, da sempre penalizzate) c’è la beffa dei giullari del coro che suonano la tromba per annunciare il prossimo “fiocco”. Il motivo per cui nessuno gruppo alberghiero nazionale ha finora deciso di investire in questa provincia e che solo grazie a pochi volenterosi albergatori resta in vita uno zoccolo duro, sta nel mancato ritorno dell’investimento o del capitale. L’urbanizzazione selvaggia ha arricchito gli speculatori, impoverito il territorio ed i veri imprenditori alberghieri che, caso strano, sono sempre assenti nelle immancabili interviste sull’andamento turistico e sui problemi di cui è afflitto. A proposito, le dimissioni di Mantellassi, ad Alassio, arrivano quando tutti i buoi sono scappati dalle stalle. Anche ad Alassio. E non si dica che è colpa del sindaco Melgrati perché la “compagnia delle opere” merita ben altro!


prof. Luigi Bruni

OCCUPAZIONE MILITARE

 SANITA’ VITTIMA DEI PARTITI

Grandissima sofferenza (sempre Pellizzetti, permettendo) per lo stato delle Asl, degli ospedali, dei bisogni dei cittadini in tema di salute, anche nella nostra provincia. L’unica cosa certa sono alcuni dati alla luce del sole

Il ricorso dei cittadini alle cure, agli specialisti privati. Prima e dopo, quando necessario, il ricorso alla struttura pubblica o convenzionata. C’è stata un’esplosione – denunciata da Trucioli con l’intervista al prof. Luigi Bruni e lo stato della sanità nel ponente ligure – degli studi polispecialistici privati. Affari d’oro non per colpa di centinaia di professionisti che fanno il loro mestiere, ma della politica (partiti) di sinistra e di destra che ha occupato militarmente la sanità pubblica. Si parla dei “tempi di attesa” per certi esami, non si parla delle migliaia di cittadini che devono ricorrere alla visita specialistica a pagamento. Migliaia e migliaia, dopo la quale si accede negli ospedali, nei reparti. Sempre sotto tutela dello specialista pagato privatamente che, sia chiaro, da una parte è vittima, dall’altra trae vantaggio, come in nessun altro paese europeo, da questa situazione scandalosa, taciuta. Non solo, non ci sono più concorsi pubblici negli ospedali, la meritocrazia è stata sepolta dalla politocrazia del raccomandato di ferro e di turno. In corsia, in reparto, come ai vertici della struttura amministrativa. Povero Veltroni che ha osato: <Via la politica dalle Asl>. E’ rimasto col cero in mano ed il tappo in bocca.

 E si  potrebbe continuare.... 

Luciano Corrado