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IL DRAMMA ACQUA
            NEL MONDO
nona parte

L' acqua e l' industria

 

In ambito planetario, l' utilizzo dell' acqua dolce, per scopi industriali ed  energetici, è progressivamente cresciuto dal 1700 all' anno 2000, come è dimostrato dalla seguente tabella


Tuttavia, occorre doverosamente evidenziare che l' impiego dell' acqua nel settore industriale è stato ben lungi dall' essere equo ed omogeneo nelle diverse parti del Mondo; infatti, le percentuali, sopra riportate, riguardano, quasi esclusivamente, il Nord Planetario, mentre le percentuali, riferite al Terzo Mondo (Africa - Sud America - Gran parte dell' Asia) si aggirano tra lo Zero  Assoluto ed il Cinque per cento (rapportate, ovviamente, all' anno 2000).

Tali differenze sono, in effetti, da collegarsi direttamente con l' entità del reddito nazionale e pro-capite di ogni singolo Stato; i redditi, sopra citati, infatti, incidono in modo determinante sui prelevamenti idrici nei diversi settori produttivi.

In proposito i dettagliati dati forniti dalla Banca Mondiale nel 1992 (RAPPORT SUR LE DEVELOPPEMENT DANS LE MONDE, A PARTIRE DAI DATI DEL WRI) dimostrano chiaramente che i prelevamenti idrici per uso agricolo sono particolarmente significativi nei Paesi a basso reddito, mentre quelli relativi ai settori industriale e domestico diventano prevalenti nei Paesi a reddito medio ed elevato.

- Secondo i dati forniti, in data 30 giugno 2005, da Giorgio Nebbia, l' Italia (componente del Mondo altamente industrializzato) ha utilizzato, negli anni intercorrenti tra il 2000 ed il 2005, una percentuale di acqua dolce, per scopi industriali, oscillante tra il 25 e il  27 per cento, corrispondente, in cifra assoluta, a circa 20 Miliardi di metri cubi all' anno, su un totale di 75 miliardi di metri cubi all' anno, teoricamente disponibili.

- Peraltro, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (con propria Deliberazione, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della R.I., in data 30-10-2002) ha testualmente scritto:

 "Non si dispone di dati relativi all' andamento dei consumi per uso industriale, ma la tendenza sembra essere ancora quella avviata negli anni '70 di una progressiva riduzione: tra il '72 e l' 86 vi sono state forti riduzioni nel settore cartario (-4%), nella gomma e nelle fibre sintetiche (-80%), negli zuccherifici (-56%); nella chimica, fra il '94 ed il '97, si è registrata una diminuzione del 5%, a fronte di aumenti di produzione del 10%".

 - Proprio in questi giorni (3 settembre 2007), Flavia Amabile, in un' intervista giornalistica rivolta a Fulco Pratesi, giunge sinteticamente ad affermare che: " le industrie consumano il 15% dell' acqua disponibile".

- Dovremmo, quindi, dedurre da queste dichiarazioni, che, nell' arco temporale di pochi anni, le industrie italiane hanno ridotto la loro captazione idrica dal 25 per cento al 15 per cento, rispetto al totale teoricamente disponibile.

Francamente, mi sembra  una riduzione troppo forte per poter essere ritenuta credibile; d'altra parte, l'incertezza dei dati ufficiosi ed il reiterato utilizzo del termine "circa" non può certamente tranquillizzare nessuno; saranno, ancora una volta, i futuri dati ufficiali (e non ufficiosi) a far emergere la verità.

- Resta, comunque, inconfutabile il fatto che l' intero settore industriale ha tuttora bisogno di un significativo apporto idrico; a titolo puramente indicativo, riporto i dati elaborati, in proposito, dal Prof. Mario Mangano (Università "La Sapienza" di Roma):

- per una tonnellata d' Acciaio occorrono 250.000 litri d'acqua;

- per una tonnellata d' Alluminio 125.000  litri;

- per una tonnellata di Carta  1.000.000  di litri;

- per una tonnellata di Filo di Cotone 200.000 litri;

- per una tonnellata di Gomma Sintetica 2.750.000 litri;

- per una tonnellata di Frutta Conservata 25.000 litri;

- per una tonnellata di Zucchero 20.000 litri.

Debbo doverosamente precisare che i dati, sopra riportati, non sono condivisi da altri Scienziati ed Economisti, perchè considerati sorpassati (essi risalgono, infatti, al 1974); ma, anche i dati più recenti (vedi: Enciclopedia della Scienza - Volume 5: L' ambiente) oltre che incerti e confusi, lasciano comunque intendere che il fabbisogno idrico, per finalità industriali, continua, tuttora, ad assestarsi su livelli medio - alti.

D' altra parte, ancora recentemente (Aprile 2007), il Presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, di fronte al pericolo di un' imminente insorgenza di eventi siccitosi, ha testualmente dichiarato:

"Se  non piove, nei prossimi mesi, rischiamo di dover fermare il lavoro.
Se non c'è acqua sufficiente, le fabbriche  non possono produrre.
Se i fiumi sono in secca, non solo non ci sono fonti alternative: non c'è neppure un modo per limitare gli sprechi ed evitare le dispersioni.
La rete di distribuzione è un colabrodo e nonostante le denunce degli scorsi anni non si è ancora provveduto a rinnovarla.
La responsabilità è politica; come sempre corriamo ai ripari quando, ormai, il danno è fatto. Ogni estate, il problema si ripresenta ed ogni estate si cerca di mettere una toppa in maniera superficiale, senza mai affrontare il problema di fondo, che è strutturale."

Anche nel settore industriale, dunque, è necessaria (anzi, urgente) una INNOVATIVA POLITICA IDRICA RIVOLTA AL FUTURO.

Essa dovrà, a mio modo di vedere, fondarsi sui seguenti presupposti:

1) Incentivare ed estendere, su scala planetaria, le tecnologie più avanzate, sul piano scientifico, che consentano di addivenire a consistenti risparmi idrici.

Già oggi, è possibile pervenire a significative riduzioni dell' apporto idrico nei settori dell' industria chimica, cartaria, della gomma e delle fibre sintetiche, non soltanto per la creazione dei prodotti tradizionali, ma anche per l' innovativa nascita di sostanze altamente sofisticate e tecnologicamente avanzate e, per di più, armoniche con una auspicata tutela ambientale.

2) Ripristinare e riordinare il sistema di canalizzazione della distribuzione idrica.

Ho già avuto modo di scrivere che "l' attuale inefficienza dei sistemi di distribuzione è generalmente determinato da una cattiva manutenzione degli impianti e delle tubature; il fenomeno è certamente rilevante, anche se non sono a disposizione dati che quantifichino l' incidenza complessiva sul consumo mondiale delle risorse idriche; possiamo, tuttavia, affermare, con assoluta certezza, che esso non interessa, soltanto, le enormi e disordinate megalopoli del Mondo economicamente sottosviluppato ma, anche, molte città (apparentemente molto ordinate) del Nord del Mondo, ivi comprese alcune italiane."

A tutto questo, aggiungo che il raccordo di canalizzazione tra gli impianti idrici urbani ed i complessi industriali è, almeno per quanto riguarda l' Italia, palesemente inadeguato; infine, gran parte di questi complessi non è dotato di un autonomo approvvigionamento idrico, per cui essi sono fatalmente soggetti a subire le disfunzioni che possono avvenire a monte.

3) Potenziare la ricerca tecnologica, rivolta alla scoperta di fonti alternative all' acqua dolce.

Mi riferisco, ovviamente, alla trasformazione dell' acqua marina in acqua dolce, già auspicata, nel 1961, da John Fritzgerald Kennedy (in allora, Presidente degli Stati Uniti); come potranno facilmente comprendere gli affezionati lettori di "Trucioli Savonesi", si tratta di un argomento assai complesso ed impegnativo, che non può essere liquidato in poche righe; mi riservo, pertanto, di ritornare su di esso in una delle prossime puntate.

4) Programmare ed attuare un' efficace opera di disinquinamento delle acque impiegate a scopi industriali.

E' necessario evidenziare, in proposito, che esistono, già attualmente, processi tecnologici industriali, moderni e sofisticati, che possono condurre non solo ad un minore consumo quantitativo d'acqua, ma, anche, ad un ridotto inquinamento; a tutto questo, si deve  aggiungere il fatto che sono state introdotte, in molti Paesi altamente industrializzati, normative legislative assai severe e maggiormente vincolanti.
Queste notizie ci dovrebbero condurre ad un sereno ottimismo; purtroppo, così non è e non può essere, per almeno due motivi fondamentali:

A) Nei Paesi sottosviluppati del Sud del Mondo, queste nuove tecnologie o non sono conosciute o non vengono adottate o, peggio, non vengono trasferite.
Infatti, da recenti ricerche, risulta che Imprese Multinazionali, operanti nelle Nazioni  sottosviluppate, tendono ad impiegare, nelle loro sussidiarie locali, tecnologie obsolete, dal punto di vista della tutela ambientale; il risultato finale risiede, dunque, in un lento, ma progressivo, spostamento dell' inquinamento idrico, indotto da fattori industriali, dal Nord al Sud del Pianeta.
Occorre, inoltre, aggiungere che, negli ultimi decenni, la struttura economica ed industriale dei Paesi in via di sviluppo ha subito un profondo cambiamento, che mostra analogie con l' evoluzione post - bellica delle economie occidentali.
Alessandro Lanza, nella sua recente pubblicazione "Lo sviluppo Sostenibile" (pag. 95) ha evidenziato che:

"Sembra esistere un modello di sviluppo comune ai Paesi in via di sviluppo. Il modello è caratterizzato da un uso intenso di energia per unità di prodotto, che deriva direttamente dall' assenza di tecnologie efficienti; ciò comporta, in particolare, un elevato uso di acqua e materie prime minerali, in prevalenza non rinnovabili, ed implica significative emissioni inquinanti nell' atmosfera, nell' acqua e nel suolo."

B) Nella nostra Italia ed, in particolare, nella nostra piccola provincia savonese, si è fatto molto poco in tema di innovazione tecnologica, rivolta a condurre ad un ridotto impatto ambientale.
A Luca Cordero di Montezemolo ed a tutto l' Universo Confindustriale, vorrei ricordare che se è giusto richiamare il potere politico ai propri doveri ed alle proprie responsabilità, è altrettanto doveroso ed eticamente corretto riconoscere i propri ritardi, i propri difetti e i propri errori.

Confido, da sempre, nel futuro, ma non posso cancellare dalla  mia memoria i casi della Stoppani di Cogoleto, dell' Acna di Cengio e gli inquinamenti, da scarichi industriali, dei nostri Torrenti (dal Letimbro, al Lavanestro, al Sansobbia) e delle Valli di Vado Ligure e Quiliano.

Ai nostri Economisti ed ai nostri Industriali, vorrei consigliare semplicemente  di andarsi a leggere, ogni tanto, queste poche righe, scritte da Beppe Fenoglio, agli inizi degli anni '50, nel suo racconto "Un giorno di fuoco":

"Hai mai visto il Bormida?

Ha l'acqua color del sangue raggrumato, perchè porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle sue rive non cresce più un filo d' erba.

Un' acqua più porca e avvelenata, che ti mette freddo nel midollo, specie a vederla di notte sotto la luna."

 6 Settembre 2007                                    ALDO PASTORE