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Dal 12 novembre in vigore una nuova circolare per le esumazioni cimiteriali

 

DA ROMA TROPPE TASSE PER I VIVI MA A LOANO “TASSANO” i MORTI

di Luciano Corrado

 

Nel camposanto ci vogliono 258 euro solo per recuperare le ossa, prima non si pagava. Mentre a Pietra Ligure è richiesto un contributo di 105 euro, ad Albenga scende a 100. Alle stelle i prezzi delle cellette ossario. A Loano si arriva a 454 euro contro le 386 di Pietra e 233 di Albenga. Tutte le contraddizioni della giunta di centro destra, capeggiata da Angelo Vaccarezza,  lanciatissimo big  regionale di Forza Italia, che non perde occasione per polemizzare contro il governo di Romano Prodi per l’eccessiva tassazione e la riduzione dei trasferimenti al Comune. Ma non sono le uniche “perle” nella città che non conosce il ruolo delle commissioni consiliari, nè dibattito-confronto con i cittadini e gode non da oggi di buona stampa. Con un “leitmotiv” imperante: tutto va bene, solo una piccola minoranza si lamenta.


LOANO

LOANO – Benvenuti nella città che ha deciso di far cassa anche con i morti. Non è una burla o un pesce d’aprile posticipato, ma la cronaca di una scelta orfana del buon senso da parte di chi, a Loano, amministra la cosa pubblica.

L’annuncio “choc” è contenuto in una circolare del Comune con la quale si informano i cittadini (residenti e non) che dal prossimo 12 novembre chi ha un defunto nel campo comune (spesso scelto per scarse disponibilità finanziarie) ed è stato sepolto entro il 31 dicembre 1993, dovrà essere esumato. A caro prezzo.

Cinque le possibilità di nuova tumulazione.

E qui iniziano i dolori. Un presunto ladrocinio legalizzato? Per la sola esumazione (fino a qualche anno fa non si pagava) è stata decisa una stangata: 258 euro, mezzo milione delle vecchie lire. Per un lavoro, con l’ausilio di un miniscavatore che al massimo ha un costo orario, di mercato, di 50 euro. Abbiamo interpellato tre ditte ed i loro prezzi oscillano tra 40-45 euro l’ora. Per l’intervento in questione, sempre a detta di chi ha pratica, non occorre più di mezzora. Ma nell’ipotesi ci fosse personale particolarmente lento, si può arrivare ad un’ora di lavoro.

Una somma, per la sola esumazione dei poveri resti (ossa), sproporzionata ai costi. E, come se non bastasse, non tiene in alcun conto le regole non scritte che riguardano i meno abbienti. Non c’entra il pietismo e la demagogia del tutto a tutti. Ci vuole poco a capire che chi ha scelto di tumulare il proprio congiunto, o parente nel campo comune difficilmente è un contribuente benestante. O un poverello solo per il fisco.

Ecco, nel linguaggio burocratese, quali alternative e relativi costi, il Comune di Loano offre a chi deve esumare i propri cari dal campo comune.

1)    Essere tumulati in una celletta ossario in uno dei cimiteri comunali (quello centrale, quello nuovo delle Berbene o della frazione Verzi).  I parenti sono invitati a presentare istanza all’ufficio comunale competente, compilando appositi moduli. Con i seguenti costi:  258 euro, come detto, per diritti di esumazione. E se non si vuole finire nell’ossario comune, c’è la possibilità di acquisire la concessione di una celletta ossario che varia da un minimo di 258 euro ad un massimo di 454, a seconda, è precisato, della fila assegnata (si paga insomma non per il costo effettivo, ma la posizione, come si fa con le case). Per procedere a questa possibilità occorre munirsi di tre marche da bollo da 14, 62 euro, cadauna, una per l’istanza, due per il contratto di concessione.  Infine 30 euro per la cassetta di zinco dove collocare i poveri resti da acquistarsi presso un’azienda di pompe funebri. Arrivando complessivamente a spendere la bella somma di 786 euro. Un milione e mezzo delle vecchie lire.

2)    Essere collocati in una sepoltura privata (tomba di famiglia o loculi) già esistente in uno dei cimiteri. Costo: sempre 258 euro per l’esumazione, 30 euro per la cassetta di zinco, 46 per diritti di tumulazione.

3)    Essere collocati nell’ossario comune. Occorre la richiesta scritta del parente più prossimo. Costi: una marca da bollo e 258 euro per l’esumazione.

4)    Se invece si vuole trasferire i resti nel cimitero di un altro comune. E’ fatto carico al congiunto il trasporto.  Si deve presentare istanza con i seguenti costi: 258 per l’esumazione, due marche da bollo. Una per l’istanza, l’altra per il decreto di trasferimento.

5)    Ultima alternativa: essere cremati con deposito dell’urna di ceneri in una celletta o in sepoltura privata presso tomba di famiglia o loculo. La spesa: 258 per l’esumazione, 330 euro per la cremazione presso l’Ara Crematoria del  Comune di Savona. Due marche da bollo.

Esistono, infine, disparità di trattamento nei prezzi tra camposanto centrale (più caro), le Berbene e Verzi. Essere tumulati nell’area privata ha un costo di entrata pari a 77 euro, oltre a 413 euro per la fossa.


ANGELO VACCAREZZA

Ciò che balza evidente è il costo assolutamente esagerato dell’esumazione che si pretende dai cittadini-contribuenti proprio da una giunta di centro-destra che, a torto o ragione, non perde occasione di rimarcare, polemizzare soprattutto dal megafono del suo sindaco, Angelo Vaccarezza (Forza Italia), quanto sia scandalosa, vergognosa la politica fiscale del governo di centro sinistra.
Anche se il Comune di Loano si è ben guardato dal dare il buon esempio riducendo o eliminando quantomeno l’Ici per la prima casa. Iniziando dagli anziani meno facoltosi, alle coppie giovani con figli e bassi redditi, alle attività produttive in crisi come gli albergatori. Anzi, ha finito per aumentare l’addizionale comunale che si assomma al rincaro regionale, colpendo tutti i redditi anche quelli da lavoro meno retribuito, comprese le famiglie (neppure a Loano sono poche) che faticano ad arrivare alla fine del mese. Costrette a ricorrere a prestiti e agli usurai.

Non è giustificabile neppure il taglio dei trasferimenti dallo Stato ai Comuni, con la necessità di far quadrare i conti. L’ingiustizia fiscale e l’illegalità diffusa non sono né di destra, né di sinistra, ma un dramma, un’emergenza della nostra società, come gli assurdi costi della politica (e Loano non da certo il buon esempio), della bassa produttività dei dipendenti pubblici in genere.

Ecco perché non può passare sotto silenzio l’ingiustizia perpetrata con la “tassa” sull’esumazione dei morti in una città dove gli introiti da oneri di urbanizzazione da anni creano “voci di attivo” che nessun predecessore di Cenere (ex sindaco) e Vaccarezza si era mai sognato. Milioni di euro, miliardi di lire.

Se ci fosse qualche dubbio in proposito, lo si chieda ad un ex sindaco vivente, l’avvocato Mario Rembado. La sua testimonianza sugli introiti comunali, da oneri di urbanizzazione ed Ici, potrà essere di aiuto a chiarire i dubbi.

Un bilancio talmente florido che l’amministrazione Vaccarezza può permettersi un ritardo di quasi due anni nella contabilizzazione ed incassi degli stessi oneri di urbanizzazione. Lasciando, tra l’altro, la macchina comunale, con un bilancio da grande azienda e numero di dipendenti, senza completare l’organico dei dirigenti. Oggi ridotti a 4, in realtà solo due effettivi.

Con un ufficio tecnico ingolfato di pratiche e impiegati, ma privo di un dirigente (fino a poco tempo fa mansione affidata ad un geometra, in precedenza un funzionario amministrativo). Ora ad una supplenza subito contestata dall’interessato, mentre in quasi tutti gli altri comuni tale ruolo, per la sua delicatezza ed importanza, vede in campo un architetto o un ingegnere.

Del resto la scelta di depotenziare un ufficio pubblico per meglio “comandare”, “pilotare” influire da parte del potere politico non è una novità. A Loano c’è stato a lungo l’esempio del comandante dei vigili urbani. Meglio un agnello che un graduato di elevata professionalità, intraprendenza, indipendenza.

E non c’è da stupirsi, tra gli esempi più significativi, se poi la città si trova con una nuova zona artigianale in piena espansione dove prima si lasciano realizzare ed insediare le aziende, poi si provvederà alla rete viaria (ancora tutta da realizzare). E’ come se si volesse costruire un edificio iniziando dal tetto.

Sta di fatto che oggi chi opera e frequenta quella zona, verso Verzi, i Meceti, via Bulasce, si trova ogni giorno a superare difficoltà, intralci alla circolazione, blocchi, spesso litigi tra camionisti e cittadini, serio stato di pericolo per i pedoni.

E non c’è neppure da stupirsi se la cosiddetta diga soffolta, decantata da decine di articoli e fotografie, senza neppure invecchiare, comincia ad evidenziare tutte quelle falle e pecche che, a suo tempo, erano state ignorate se non addirittura derise, mettendo a tacere chi osava avanzare dei dubbi, soprattutto sul lungo periodo, in mancanza di prove scientifiche certe.

Ora i nodi vengono al pettine. Il più esteso stabilimento balneare della città, i Bagni Kursaal, ha perso nella stagione 2007 ben 9 metri di arenile in profondità. Un pò meno i bagni Perelli. Ai bagni Virginia la presenza di massi (piccoli) vicino a riva crea non da oggi seri  problemi ai bagnanti ed invano è stato segnalato l’inconveniente. Anche un intervento più recente, a ponente (Bagni Varesina), crea problemi ai bagnanti per la presenza vicino a riva di scogli e pietre.

Lavori non eseguiti a regola d’arte, oppure le inevitabili conseguenze di una scelta, quella delle dighe soffolte realizzate con massi, con molti interrogativi sotto il profilo tecnico-scientifico e dei risultati, dei limiti, col passare degli anni?

C’è un tecnico loanese che è difficile ascrivere al partito dei disfattisti, l’architetto Angelo De Francesco, che ha sempre sostenuto pur non essendo un esperto di dinamica marina: “Ogni opera in mare è un passo al buio, il mare per una sorta di legge non scritta si vendica ad ogni violenza dell’uomo”.

Sta di fatto che per rimediare ai problemi ora occorrono nuovi interventi. Altre spese. Chi paga? La ditta esecutrice i lavori, già collaudati? I progettisti? No, saranno tutti i contribuenti loanesi e forse gli stessi Bagni Marini.

Non è più corretto, più cristiano (per i credenti) aiutare i meno fortunati con parenti sepolti nel campo comune, anziché gravarli di nuove assurde gabelle?

Non si dica che Loano si è adeguata alle altre città del comprensorio. A Pietra Ligure l’esumazione costa 105 euro (a Loano 258), ad Albenga 100. A Loano una celletta ossario varia da 258 a 454 euro, a Pietra prezzo unico di 386 euro, ad Albenga 233, oppure due a 466 euro. Che dire del fatto che Loano impone ancora il contratto di concessione, con la conseguente registrazione e spese all’Ufficio delle Entrate, mentre a Pietra e non solo, è stato soppresso l’obbligo per non gravare i cittadini di ulteriori spese? E ancora Pietra Ligure prevede, in caso di cremazione, un contributo fisso per residenti di 125 euro. Insomma, morire, farsi cremare non è un lusso e non può diventare, per una certa casistica, un modo per far quadrare gli incassi comunali.

A questo si aggiunga che la legge dello Stato, n. 26 del 28 febbraio 2001, consente ai Comuni di far pagare le esumazioni, ma non li obbliga. Come dire, non confondete chi realizza una cappella mortuaria da migliaia di euro, tra marmi ed ornamenti costosi, e chi finisce la sua vita terrena lasciando in eredità solo i soldi per il funerale, a volte neppure quelli.

Insomma, nonostante l’ottimismo imperante (tutto va bene, tutti felici e contenti, consensi elettorali per la giunta Vaccarezza oltre il 60 per cento, un fiume di lodi dal bollettino comunale e dalla Gazzetta di Loano, poche critiche dalle cronache dei quotidiani locali, al punto che non c’è cittadinanza per le commissioni consiliari, né per incontri-dibattito), una parte della città, dei loanesi non naviga nell’oro. Campa tra sacrifici, rinunce e ristrettezze economiche. Con l’aspirazione di dare ai figli un futuro migliore, non precario. A costoro, difficile imporre il detto del Vangelo che gli ultimi saranno i primi.

 

Luciano Corrado