Tutte le volte ch' io leggo questa
elementare, ma profonda, riflessione di Lao- Tzu, quasi inconsciamente,
tornano alla mia mente i meravigliosi laghi, che rendono piacevole ogni
angolo della Terra, ove, essi, sono collocati.
Ricompaiono, davanti ai miei occhi, le acque e le sponde del Laghi
Prealpini Lombardi, del Trasimeno e, soprattutto, del Laghetto di
Massaciuccoli e riecheggiano, nella mia anima, i versi e le note
musicali di tutti coloro (da Manzoni, a Čajkovskij,
a Puccini) che hanno onorato, attraverso la loro più alta ispirazione
artistica, l' esistenza e la bellezza di questi irripetibili doni della
Natura.
Ma, ancora una volta, sono costretto a guardare in
faccia una ben triste realtà: i laghi stanno
riducendo notevolmente la loro portata idrica ed, in alcuni casi,
rischiano, addirittura, la loro esistenza.
Le cause di un tale impoverimento quantitativo sono
ben note e risiedono, in parte, nella diminuzione delle precipitazioni
atmosferiche, con conseguente riduzione della portata idrica dei
torrenti e dei fiumi che li alimentano; a queste cause, impropriamente
definite "naturali", si aggiungono, inoltre, devastanti errori umani,
quale l' errata o eccessiva captazione delle acque ed, addirittura,
l'alterazione dell' innata idrodinamica dei corsi d' acqua, che, con i
laghi, convivono.
Possono essere riportati, in tal senso, esempi assai
significativi e cito, tra essi, quello che mi appare il più importante:
Nell'Asia Centrale, l' Amu Darya (uno dei fiumi che
alimentano il lago di Aral) è stato, in gran parte, prosciugato dalle
coltivazioni di cotone dell' Uzbekistan e del Turkmenistan.
Poichè questo fiume, a volte, non riesce a raggiungere
il Lago e dato che anche l' altro affluente, il Syr Darya è ridotto
"all' ombra della sua passata imponenza", l' estensione del Lago d' Aral
si sta riducendo, sotto il sole ardente
di questa regione semiarida. Dal 1960, il livello dell' acqua è sceso di
12 metri, la superficie è calata del 40% ed il volume del 66%; quelle
che, un tempo, erano città costiere si trovano, ora, 50 chilometri all'
interno.
Di questo passo, il Lago
scomparirà entro uno o due decenni, lasciando memoria di sè, solo su
vecchie carte, ovvero nella memoria geografica.
Inoltre, attraverso la
riduzione dello specchio lacustre, la concentrazione salina delle acque
è aumentata ad un livello, che non permette alla popolazione, che vive
sulla pesca, di poter sopravvivere: l' industria della pesca, che, nel
1960, produceva 60.000 tonnellate all' anno, ora può definirsi defunta.
Gli esempi, in ambito
planetario, potrebbero moltiplicarsi; mi sembra doveroso, in
particolare, fare un cenno anche alla situazione dei Laghi Italiani, i
quali, sia pure in misura meno drammatica rispetto alla condizione
generale, stanno subendo un' analoga sorte; ad esempio: il lago Maggiore
presenta attualmente un abbassamento di meno 193 centimetri sullo zero
idrometrico, per cui si corre il rischio reale di vedere questo Lago non
più navigabile; a sua volta, il Lago di Garda presenta attualmente un
livello di 63 cm. sullo zero idrometrico (rispetto ad una media di 90
cm.)
Esiste, inoltre, un' ulteriore
causa dell' attuale disarmonia biologica lacustre, la quale conduce, a
sua volta, ad un decadimento qualitativo delle acque di superficie;
mi riferisco alle sempre più crescenti immissioni di sostanze inquinanti
nei laghi.
Il fenomeno che maggiormente
preoccupa è rappresentato dagli scarichi fognari e da quelli connessi
alle attività agricole; questi conducono ad un abnorme aumento della
concentrazione di azoto e fosforo, responsabile, a sua volta, del
fenomeno dell' EUTROFIZZAZIONE, vale a dire della crescita (spesse
volte, sfrenata) di Piante Acquatiche e di Alghe.
Si tratta di una grave anomalia
biologica, dalla quale derivano, spesso, notevoli cambiamenti nella vita
degli animali acquatici, i quali si vedono sottrarre l' ossigeno
indispensabile alla loro esistenza;, in casi estremi, si è raggiunta la
morte per asfissia degli animali.
John Mc Neill, sul suo
trattato: " Qualcosa di nuovo sotto il sole" ha riportato, su questo
specifico tema, alcuni illuminanti esempi:
- " Nel Lago Mendota ( a
Madison, capitale del Wisconsin) fioriture algali, pressochè annue,
hanno avuto inizio dal 1850;
- Il lago di Zurigo è
saltuariamente afflitto da eutrofizzazione sin dal 1898;
regolarmente dal 1930;
- I Laghi Alpini Italiani
mostrano sintomi di eutrofizzazione dal 1946 e negli anni Sessanta
si sono talvolta ricoperti di fioriture algali."
A tutto questo, occorre
aggiungere che, a decorrere dal 1945, i fosfati aggiunti nei detersivi
hanno aggravato la situazione ed anche laghi di grandi dimensioni,
quali, per esempio, il Lago Erie, sono stati vittime dell'
eutrofizzazione.
In conclusione:
i Laghi, purtroppo, stanno
progressivamente perdendo la loro straordinaria specificità (dettata
dalla natura) e, con essa, la loro immagine di regno fiabesco dei
nostri sogni e della nostra interiorità più elevata.
Ma, come cercherò di illustrare
nelle Parti successive, è ancora possibile porre rimedio a questo
autolesionistico sovvertimento ambientale.
Analogo discorso va fatto a
proposito delle DIGHE.
Utilizzando una terminologia
molto sintetica, possiamo dire che la concezione creativa delle Dighe è
sorta per coniugare le esigenze (sempre più intense ed impellenti) dello
SVILUPPO INDUSTRIALE e della RIVOLUZIONE VERDE IN AGRICOLTURA
(comportanti, entrambi, un crescente consumo idrico) con le LEGGI DELLA
NATURA; occorre ricordare che queste Leggi non sono scritte in nessun
codice, ma esistono, da tempo immemorabile, ed hanno condizionato, da
millenni, l' esistenza di tutti gli essere viventi.
Inoltre, ma in netto subordine,
le Dighe dovevano servire per venire incontro ai bisogni d' acqua delle
popolazioni, dando vita, parallelamente, a processi di profonda
riorganizzazione del suo uso.
Non a caso, dunque, abbiamo
assistito, nel corso del XX° Secolo ed ancora attualmente, ad un
autentico boom edificatorio in molte parti del Mondo.
La sola Cina ( che detiene l' 8% delle riserve
mondiali di acqua dolce ed ospita il 22 % della popolazione del Pianeta)
ne ha costruite ben 22.000, seguita dagli USA (6.390), dall' India
(4.000) e poi, in misura più contenuta, da altri Paesi.
Il 20 maggio 2006, sono terminati in Cina i lavori
della Diga delle Tre Gole, dotata di un bacino idrico, lungo 570
chilometri e vasto 670 chilometri quadrati, con una portata idrica pari
a 39 Miliardi e 300 Milioni di metri cubi d' acqua ( per avere un' idea,
si ricordi che la Diga del Vajont, in Italia, al momento del disastro,
ne ospitava 168 Milioni di metri cubi).
Occorre, peraltro, aggiungere che, per arrivare alla
sua completa edificazione, sono state abbattute 75 città (alcune di
esse, dotate di importanti siti archeologici) e circa 1.500 villaggi;
inoltre, 1,2 milioni di persone sono già state "rilocalizzate" ed,
entro il 2008, altre 80.000 verranno trasferite.
Per quanto riguarda l' Italia, occorre pensare che,
nell' intero nostro territorio, si contano circa 8.000 Bacini
Artificiali, di cui almeno 1.600 più alti di 10 metri; non dobbiamo
dimenticare, inoltre, che la metà di questi Bacini non ha subito alcun
collaudo e, dunque, sono formalmente a rischio.
Quale giudizio possiamo noi, oggi, esprimere sul
CONCETTO DI DIGA e sulla loro straordinaria diffusione planetaria?
Possiamo tranquillamente affermare che mai, nella
nostra storia più recente dell' umanità, vi è stato un argomento così
controverso e fonte di perenni polemiche, come quello rappresentato
dalla nascita e dalla moltiplicazione vertiginosa delle dighe.
A titolo di esempio, riporto DUE GIUDIZI, nettamente
contrapposti, espressi, peraltro, da due eccezionali personalità, dotate
di grande ricchezza culturale e scientifica:
1) GIUDIZIO DI ALY SHADY
(Vice-Presidente dell' International Water Resources Association e
Presidente della International Commission on Irrigation and Drainage):
" La sopravvivenza della specie umana, nel
prossimo millennio, sarà legata al successo nella gestione delle
acque dolci.
Non si può isolare il problema delle grandi dighe dall'
amministrazione complessiva delle acque del Pianeta.
Le dighe esistenti e quelle nuove continueranno a svolgere un ruolo
importante e decisivo in quel sistema di gestione."
2) GIUDIZIO
DI ARUNDHATI ROY ( Estratto dal Suo Scritto: The Greater Common
Good in "FRONTLINE - Aprile 1999):
" - Le grandi dighe sono per lo sviluppo di una
Nazione quello che le bombe nucleari sono per il suo arsenale
militare.
- Entrambe sono armi di distruzione di
massa.
- Entrambe sono strumenti che i governi
usano per controllare il proprio popolo.
- Entrambe sono emblemi del Ventesimo
Secolo, che segnano il momento in cui l' intelligenza umana ha
scavalcato il proprio istinto di sopravvivenza.
- Entrambe sono maligne indicazioni di una
civiltà che si rivolta contro se stessa.
- Rappresentano la rottura del legame (non
soltanto del legame, dell' intesa) tra gli esseri umani ed il
Pianeta, in cui vivono.
- Sconvolgono la logica che connette le uova
alle galline, il latte alle vacche, il cibo alle foreste, l' acqua
ai fiumi, l' aria alla vita e la terra all' esistenza umana."
Di fronte a questi giudizi, risulta, per me, assai
difficile esprimere un oggettivo parere; cercherò, comunque, di farlo,
ripetendo integralmente quanto da me già scritto nella Pubblicazione "
Scienza e Utopia" pagina 217:
"Non esistono dubbi sul
fatto che le dighe sono state e sono tuttora decisive per la
produzione di energia idroelettrica e sono altrettanto importanti
per il controllo delle piene, per la navigazione fluviale e per la
creazione, nei periodi di pioggia, di scorte d'acqua da impiegare,
nei momenti di siccità, per il consumo umano diretto e per irrigare
i campi. E' altrettanto vero, però, che, in molti casi,
l'imbrigliamento dei fiumi mediante dighe, per adattarli alle
esigenze dell'uomo, ha trasformato l'habitat; non esistono, oggi,
dubbi sul fatto che i cambiamenti morfologici del ciclo idrologico
hanno avuto, spesse volte, ripercussioni negative sulle condizioni
di vita delle popolazioni, sulla fauna stanziale e migratoria, sulla
fertilità dei campi e, più in generale, sugli equilibri sociali ed
economici di interi popoli; è forse opportuno sottolineare che, in
molte occasioni, per liberarsi dalle costrizioni di un'atavica
miseria, è stato ipotecato un futuro assai precario per la
posterità.
Il problema delle dighe va pertanto inquadrato nel contesto
della "Politica idrica del futuro" e, quindi, va inserito nella
ricerca di un corretto rapporto tra uomo planetario e natura,
avendo, come obiettivo finale e determinante, la riduzione
dell'impatto umano sull'ambiente."
11 luglio 2007
ALDO PASTORE |