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La cronaca (non documentata) di furboni, di peccati e peccatori

LA CORRUZIONE NEL SAVONESE? NON VEDO, NON SENTO, NON PARLO

 di Luciano Corrado

Un allarme che si estende ormai a macchia d’olio. La speculazione immobiliare ha creato una casta che si autoprotegge, forte dei formidabili guadagni di un mercato con poche regole e molta illegalità. A cominciare dall’evasione fiscale. Chi compra un alloggio paga dieci, al fisco si denuncia meno della metà. Dunque soldi in nero, mentre le categorie commerciali ed artigianali continuano ad essere pressate da studi di settore e verifiche fiscali, balzelli vari.

Giustissimo scoprire gli evasori, ma non si cominci dai nani. A questo si aggiungano i cattivi esempi di certi politici, della loro coerenza con la legalità, del crescente inquinamento della vita pubblica, delle contiguità e connivenze inconfessabili, direbbe Giancarlo Funari.

Dei sempre più esorbitanti costi della politica, con le dovute eccezioni.

Infine abbiamo stralciato un brano assai significativo da un libro che tutti dovremmo leggere. Il titolo “Oltre l’Orizzonte”. Un giornalista de Il Giornale, Rino Di Stefano, racconta l’avventura politica di Claudio Scajola, il big dei big liguri, ma non si dica erede di Paolo Emilio Taviani. Tra i due personaggi c’è l’abisso, intanto perchè Taviani era un antiberlusconiano di ferro.

Erminia Mazzoni

SAVONA- “In Italia esiste ormai un problema di etica e di morale che si è aperto da tempo e coinvolge le stesse istituzioni. Non solo la politica, non solo il partito di cui faccio parte”. E’ la frase che Erminia Mazzoni, 41 anni, avvocato  di Benevento,  ha pronunciato per commentare le sue dimissioni da vice segretario nazionale dell’Udc, il partito di Pier Ferdinando Casini

Dimissioni scaturite dopo che il segretario nazionale del partito Lorenzo Cesa è stato chiamato pesantemente in causa da un’inchiesta in quel di Catanzaro sulla società Global Media, riconducibile a Cesa come cassaforte illecita del partito.

La notizia del gesto di Erminia Mazzoni l’ha data con un certo risalto e foto Il Sole 24Ore del 22 giugno scorso.

Lo stesso giornale, in precedenza, il 2 marzo, pubblicava a tre colonne, bene in evidenza, l’allarme di Edoardo Garrone, industriale genovese, presidente di Erg e presidente del Comitato tecnico per le riforme istituzionali e il federalismo di Confindustria, sulla corruzione in Italia.

Queste le sue parole: “Non solo sta tornando, ma ha raggiunto livelli insopportabili. Dopo la stagione di Tangentopoli – iniziata con gli arresti a Milano nel febbraio ’91, mentre a Savona  ebbe inizio addirittura dieci anni prima, ndr-, la corruzione si ripropone oggi come fenomeno molto diffuso. E trova terreno fertile in una macchina burocratica lenta e faragginosa”.

 

 

COSA ACCADE NEL SAVONESE

Un tema che in Liguria e noi ci occupiamo del ponente, è stato ripetutamente riproposto in dibattiti e convegni – assai meno sui quotidiani  – dove si è parlato di boom edilizio, legato al cosiddetto “mattone sporco”, di appalti pubblici nei Comuni, nelle Asl, ma non solo.

E non appare solo un problema nell’ambito del sistema di finanziamento alla politica, con i suoi costi e debiti, ma sempre più radicato per chi occupa posti di responsabilità negli enti pubblici e nelle istituzioni.

Ciò non vuole dire tutti corrotti, tutti mafiosi, c’è solo del marcio. Il nodo che si pone in tutta la sua evidenza è quello che Gianfranco Funari, uomo tivù, in una trasmissione del 29 gennaio (Rai Uno) ha definito “palese sensazione di un’impunità diffusa, di sottovalutazione dello stato di inquinamento della vita pubblica, di contiguità e connivenze inconfessabili, anche nel mondo del giornalismo”.

La provincia di Savona, il ponente ligure rappresentano un’area felice di legalità, di etica e di morale?

A leggere certi interventi, interviste, dichiarazioni, prese di posizione – oppure silenzi anche istituzionali – sembrerebbe di sì.

In Liguria non si utilizzerebbe la politica, il partito per i propri affari, per quelli di parenti ed affini, amici di cordata o di gruppo. Cosi si compie ogni sforzo per far prevalere la “scomunica” contro le solitarie voci critiche, definendole “spazzatura”, qualunquismo, opera dei soliti qualunquisti di professione, magari girotondini.

Macchè corruzione ed inefficienza, macche leggi per non farsi condannare,  per non farsi pubblicare le intercettazioni,  per farsi prescrivere i reati, autoprocurarsi l’indulto (tutti d’accordo o quasi, escluso il gruppo di Di Pietro e di An)!

 

PAGO CENTO E DENUNCIO DIECI

Legalità, si diceva. Come è possibile che in un provincia dove un alloggio al mare si paga anche 12 – 15 mila euro al mq. (vedi recenti interviste pubbliche su Rai 3 da Alassio), con una media è di 6-8 mila euro, non ci si chieda a quanto ammonti e dove si annidi l’evasione fiscale, visto che ufficialmente si denuncia meno della metà del valore di acquisto?

Chi sono gli acquirenti che dispongono di grosse somme in nero? Chi sono i signori del club ristretto che hanno fatto di questo lembo di Liguria il loro bottino prediletto? Cosa è stato fatto finora da parte delle istituzione preposte per ripristinare la legalità? L’evasione di grande spessore, non dei poveracci, si fa per dire, che ricorrono a mezzucci per sbarcare il lunario e con i debiti in banca.

L’edilizia si è trasformata in modo plateale  in una maxi sacca di furto fiscale, e non si venga a dire che è difficile controllarla perchè il numero dei cosiddetti palazzinari non è formato da migliaia di persone, semmai è facilmente individuabile visto che ci sono le concessioni edilizie, nuove costruzioni o ristrutturazioni, dunque opere e forniture. Ma chi ha interesse a coprire peccati e peccatori?

 

QUANDO SCAJOLA DISSE...

Una grosso bubbone che finisce per coinvolgere e chiama in causa quanti hanno responsabilità pubbliche, politiche. A cominciare dal buon esempio, dalla coerenza.

Forse vale la pena ricopiare un passaggio, assai significativo, del libro “Oltre L’Orizzonte – Dal passato al futuro nell’avventura politica di Claudio Scajola” scritto da Rino Di Stefano, caposervizio nella redazione genovese de “Il Giornale” (di proprietà del fratello di Berlusconi, Paolo).

Ecco il capoverso: “Ma Claudio Scajola non è l’uomo da ricoprire una carica pubblica se solo sfiorato dal sospetto di aver fatto qualcosa di illecito.  E così ringrazia tutti e si ritira a vita privata. Solo quando tutto sarà chiarito, e nessuna ombra potrà in alcun modo oscurare la mia persona potrò tornare a testa alta a far politica, non prima”.

Claudio Scajola, oggi definito a ragion veduta il “reuccio della Liguria”, il più ossequiato anche nel campo dei media (vien da dire, onore al merito!), pronunciò quelle parole inequivocabili, tuttavia indigeste e per nulla messe in pratica dall’attuale confraternita politica LIGURE E NON, dopo essere finito nello scandalo della casinò di Sanremo.

 Il 6 dicembre 1983, tra gli arrestati l’attuale presidente della Provincia di Imperia, avvocato Gianni Giuliano, allora assessore al turismo Dc ed il 12 dello stesso mese toccò a Claudio Scajola, all’epoca sindaco di Imperia. L’arresto fu ordinato dalla procura della Repubblica di Milano con l’accusa di tentata concussione in concorso con l’allora sindaco di Sanremo, Osvaldo Vento, ai danni del conte Borletti che partecipava alla gara d’appalto per la gestione del casinò.

Per Claudio Scajola, con un futuro da ministro degli Interni, il dicastero di maggior peso e potere in Italia, seguirono 71 giorni da recluso a San Vittore, in cella con un giovane spacciatore di droga e il ritorno in libertà provvisoria dietro pagamento di una cauzione da venti milioni.

Cinque anni dopo il grande giorno, quello della “verità processuale”. Su richiesta della stessa procura, Scajola venne  prosciolto con la formula più ampia “il fatto non sussiste” e il 6 maggio 1990 tornò alla politica attiva. Stessa sorte per Giuliano.

Non sono molti i parlamentari, gli uomini politici, gli amministratori pubblici che in Liguria e in Italia hanno seguito l’esempio di Scajola. Anzi molti esempi proprio in questa regione, di ieri  e di oggi, dimostrano che certe cariche sono utilizzate come paracadute, o peggio per evitare le manette.

Gianpaolo Pansa, dal suo bestiario su L’Espresso direbbe “abbasso i furboni, con i loro peccati e peccatori”.

 

I COSTI DELLA POLITICA

Se ai costi della corruzione, aggiungiamo i costi della politica il quadro è allarmante. Anche dalle nostre parti si parla tanto del contenimento della spesa pubblica, delle difficoltà di bilancio degli enti locali, di Ici da abolire sulla prima casa.

Intanto nessuno Comune riduce gli assessori, i compensi di sindaci ed assessori, Anzi, si aumentano le poltrone (come è accaduto a Savona, in giunta  e in altri Comuni,  oppure i posti di sottogoverno nei vari  enti. Unica eccezione è stata la Sar che, per il primo anno, ha anche un bilancio in attivo. Nessuno elenca gli sprechi pubblici, iniziando dai mancati risparmi energetici, per finire alle opere pubbliche spesso malfatte, da rifare dopo pochi anni dalla loro ultimazione.

Nella Sicilia “azzurra e berlusconiana”, nella “capitale” Palermo, il libro di Gian Antonio Stella (La Casta) segnala che i presidenti dei consigli di circoscrizione anzichè  gli abituali rimborsi spese, percepiscono 4.750 euro al mese e viaggiano sull’auto blu pagata dai cittadini contribuenti. Per contro a palazzo Madama, dove lavorano i senatori della Repubblica, compresi i savonesi, lo stato paga un barbiere ogni 36 eletti dal popolo.

LE COMUNITA’ MONTANE

C’è un disegno di legge, fresco fresco, del governo Prodi che prevede molte novità proprio sul taglio dei costi della politica. La Provincia di Savona, con i suoi enti, vedrebbe salutari benefici. A cominciare dalla riduzione dei posti di sottogoverno. La riduzione del numero di consiglieri provinciali e comunali.

E soprattutto novità per le Comunità Montane (tre in provincia).  Il requisito per essere inseriti giuridicamente nelle comunità, con i numerosi benefici che ne consegue, scatterà al di sopra dei 600 metri sul livello del mare. Oggi tutti i centri della nostra costa sono invece considerati a pieno titolo “Comunità Montana”, seppure in riva al mare. Magari in “aree depresse”, alla stregua di piccoli comuni davvero montani dove il sindaco, per risparmiare, a volte pulisce anche le strade o fa il cantoniere improvvisato.

Infine i bilanci e le consulenze dovranno essere rese pubbliche anche tramite internet.

Luciano Corrado