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RACCONTO SAVONA 2037: “LA GRANDE CONCATENAZIONE”  
di Massimo Bianco

QUESTO RACCONTO PER L’ESTATE IN TRE PUNTATE VUOLE CRITICARE L’ONDATA SPECULATIVA MINACCIATA NEL SAVONESE E CHE RISCHIA D’ESSERE ANCHE PIÙ DEVASTANTE DI QUELLA ANNI ’50-’70, TANTO DA METTERE A RISCHIO PERFINO L’OSPEDALE SANTA CORONA DI PIETRA.

COME SI ARGUISCE DAL TITOLO, SAVONA 2037 È UN RACCONTO FANTASCIENTIFICO. PER SCRIVERLO HO UTILIZZATO LA CLASSICA TECNICA (GIÀ DA ME SEGUITA NEGLI SCORSI MESI PER TRUCIOLI IN “NOI ULTRAS COMBATTENTI”) DI PRENDERE SITUAZIONI PRESENTI NELLA REALTÀ CONTEMPORANEA E TRASPORTARLE NEL FUTURO ESASPERANDOLE PER EVIDENZIARNE I LATI NEGATIVI. SVOLGENDOSI LA STORIA TRA TRENT’ANNI, PER RENDERE L’AMBIENTAZIONE CREDIBILE MI SONO DOVUTO IMMAGINARE L’EVOLUZIONE DELLA SOCIETÀ IN QUESTI DECENNI.  HO EVITATO TUTTAVIA DI SBIZZARRIRMI TROPPO PER NON APPESANTIRE LA NARRAZIONE AGLI OCCHI DI CHI NON MASTICA ABITUALMENTE QUESTO GENERE LETTERARIO. 

 IO NON HO NULLA CONTRO L’EDILIZIA, A PATTO CHE NON DANNEGGI L’AMBIENTE, IL PAESAGGIO E IL NOSTRO PASSATO. MI PIACE, AD ESEMPIO, L’IDEA D’UN NUOVO ELEGANTE GRATTACIELO VICINO ALLA TORRE SAN MICHELE (IL MATITINO), DOVE GLI EDIFICI SONO GIÀ  TUTTI MODERNI. LA STESSA TORRE ORSERO, PUR LASCIANDOMI PIÙ PERPLESSO, LA DIGERISCO SENZA PROBLEMI, POICHÈ SORGE PUR SEMPRE ALL’INTERNO D’UNA CITTÀ. NON HANNO INVECE RAGIONE D’ESSERE NÈ IL PORTO TURISTICO DI ALBISOLA, PRIVO DI VERI RITORNI ECONOMICI E DESTINATO A RESTARE CON GLI ORMEGGI VUOTI,  PROSSIMO COM’È AL GIÀ SOTTO UTILIZZATO PORTO DI VARAZZE E A QUELLO DI SAVONA, NÈ L’IMPATTANTE TORRE FUKSAS. NON SI DEVE RIPETERE IL DISASTRO DI ZONE DEL PONENTE COME BORGHETTO SANTO SPIRITO, I CUI ORRIDI PALAZZONI IN RIVA AL MARE ANDREBBERO TUTTI DEMOLITI. ANDATE A VEDERLI SE VI CAPITA E DITEMI SE NON HO RAGIONE. PUTROPPO AL CATTIVO GUSTO NON C’È MAI FINE, BASTI PENSARE CHE A FINE ‘800, QUANDO VENNE APERTA VIA PALEOCAPA, QUALCUNO AVEVA PROPOSTO ADDIRITTURA DI ABBATTERE LA TORRETTA, PERCHÈ CON LA SUA PRESENZA PRECLUDEVA LA VISUALE DELLA DARSENA!

BUONA LETTURA A TUTTI. (N.d.A.)

                PRIMA PARTE
Riccardo Rosso osservava il panorama visibile dalla finestra della sua nuova abitazione. Da quando era andato a convivere, aveva lasciato il vecchio appartamento alla cosiddetta Rocca di Legino per trasmigrare sulle colline dall’altra parte della città, laddove un tempo vivevano i suoi nonni. Una scelta per lui senza molte alternative.

  Odiava, infatti, i quartieri ipermoderni emersi in centro e lungo la linea costiera e le uniche zone cittadine rimaste intatte erano quelle collinari.

Non che da lassù ci fosse più molto da vedere, purtroppo. Un tempo lo sguardo spaziava per chilometri lungo il litorale offrendo uno spettacolo meraviglioso. Invece ormai si scorgeva soltanto un’interminabile serie di monumentali edifici, fuoriuscenti direttamente da piattaforme sul mare fino a raggiungere svariate centinaia di metri d’altezza ed estesi lungo l’intera fascia costiera.

Si trattava della “Grande Concatenazione”, un futuristico sistema integrato misto di attività portuali turistiche e decine e decine di grattacieli alti da un minimo di 120 metri a un massimo, fino a quel momento, di 480. Era un’impresa assolutamente rivoluzionaria che aveva suscitato un clamore mondiale enorme, nel bene come nel male, con feroci contestazioni alternate ad applausi entusiasti e ai primi tentativi di imitazione in Cina e in Giappone.

La Concatenazione era cominciata a sorgere a cavallo tra il primo e il secondo decennio del nuovo millennio ed era ancora in costruzione. Quando l’opera complessiva sarebbe stata terminata si sarebbe estesa lungo l’intera provincia, dalle porte di Cogoleto fino a Capo Mele, oltre Andora. La Concatenazione Est, ormai completa, andava dal confine con la provincia di Genova fino alle porte di Savona, i cui edifici ne avrebbero rappresentato l’ideale completamento e centro nevralgico. Da Porto Vado si dipartiva invece, fino a quel momento ancora a spizzichi e bocconi, la Concatenazione Ovest.

Quando quest’ultima sarebbe stata completata allora il complesso sarebbe stato ufficialmente battezzato con il nome di “GRACERSA” acronimo per “Grande Concatenazione Edilizia Rivierasca Savonese” nota più semplicemente come “La Grande Concatenazione”.

Le due Concatenazioni sorgevano direttamente sul mare dinanzi alla linea costiera ed erano frutto della santa alleanza tra i due poli politici locali, la “Sinistra destra per la Liguria”, ufficialmente al potere con la presidenza dell’avvocato Claudio Nerone e la “Destra sinistra per la Liguria” formalmente all’opposizione ma il cui segretario Attila Timur concordava in tutto e per tutto con il rivale. Grazie all’abilità diplomatica dei leader di partito i progetti avevano superato positivamente ogni vincolo, compreso le valutazioni di impatto ambientale, sollevando infiniti ma indimostrabili sospetti di corruzione e vincendo ogni opposizione degli ecologisti.

I prodromi erano stati costituiti da un unico e allora avveniristico grattacielo di 120 metri d’ altezza sorto sul mare, un ecomostro detto “Torre Fuksas” dal nome del suo progettista, e dal nuovo porticciolo turistico circostante, sorto nella località denominata la Margonara. Solo quando questo complesso era già in costruzione era nata la folle idea di ampliare il progetto per convogliare sul savonese tutte le attività del Mediterraneo e gli interessi economici sia del nord Italia sia della mitteleuropa. A tale scopo erano stati ottenuti perfino fondi dell’Unione Europea. Una dopo l’altra si erano così aggiunte alla prima le Torri Fuksas numero 2, 3, 4, 5 e 6, di cui la quarta e la quinta dette le Norvegesi perché acquistate da una grande compagnia di quel paese, le 4 torri di Renzo Piano, le 3 di Kengo Kuma e via citando tutte le altre create dai cervelloni dell’architettura di quella e della generazione successiva. Costruzioni ardite e dalle forme estrose e innovative, in cui gli architetti davano fondo alla propria fantasia. Il non plus ultra fino a quel momento lo si raggiungeva con l’opera magna, il “Veliero Latino Est” inaugurato sei mesi prima, smisurato complesso a forma di trialbero, che con i suoi 300 metri d’altezza massima e i 500 di lunghezza apriva la Concatenazione alle porte di Cogoleto con impressionante imponenza e rappresentava fino a quel momento il massimo capolavoro della geniale Irene Latino, regina dell’architettura nazionale e non solo. Ad esso naturalmente si sarebbe presto aggiunto il gemello “Veliero Latino Ovest”, ancora in realizzazione subito prima di Capo Mele e con cui si sarebbe conclusa la Concatenazione.

Sul lato mare dei vari grattacieli e in alcune apposite intercapedini attrezzate c’erano gli attracchi per barche a vela e yacht privati, uno a fianco all’altro lungo l’intera riviera, formando nel loro insieme un unico immenso porto turistico capace di centomila nuovi posti barca oltre a quelli preesistenti. Posti per lo più destinati a rimanere inutilizzati, perché l’offerta eccedeva di gran lunga la domanda. D’altronde pure gli appartamenti erano sfitti per una buona metà e nonostante ciò le colate di cemento e le armature in vetro e acciaio o altri materiali si estendevano sempre più, in pura frenesia speculativa. Quanto al lato interno, ad esso erano incorporate, attraverso enormi arcate in fibra di carbonio e plexiglas trasparente, tutte le spiagge e le scogliere della costa, protette dall’inclemenze meteorologiche e dai rigori invernali. L’accesso, possibile ormai dodici mesi l’anno, era riservato esclusivamente agli inquilini delle torri e ai loro ospiti previo pagamento di un salato biglietto d’ingresso. Esistevano anche, obbligatori per legge, alcuni limitatissimi tratti fruibili all’intera cittadinanza ma talmente sovraffollati da far passare la voglia di frequentarli.

Gli edifici erano connessi tra loro attraverso le geniali strutture di collegamento ideate dal grande Rem Koolhaas, l’architetto olandese autore anche dell’edificio in assoluto più avveniristico, il Bergeggi Work Of Art, che con un’ardita soluzione inglobava al suo interno l’isolotto di Bergeggi. Nelle piattaforme di collegamento venivano installate piscine private, scivoli e ogni altra sorte di divertimenti.

Sui terrazzi degli edifici e sulle superfici delle strutture di collegamento si aprivano, come enormi ventagli, gli impianti di sfruttamento dell’energia solare. Più sopra ancora strani “aquiloni” e bracci meccanici catturavano i venti di media e alta quota, mentre al largo sorgevano i colossali impianti per lo sfruttamento energetico del moto ondoso, direttamente connessi ai grattacieli. In pratica lungo la costa le attività umane invadevano, nascondevano e sfruttavano l’aria e il mare per oltre un chilometro, causando un totale mutamento del clima nella regione. Nonostante ciò la Concatenazione era talmente abnorme da non riuscire a raggiungere l’autosufficienza e suscitava numerose preoccupazioni circa futuri black out energetici.

La grandiosa opera non aveva fatto trascurare la terraferma. Era ad esempio in piena ristrutturazione il cosiddetto “Bopillobos” cioè l’abnorme agglomerato urbano formato dalle un tempo orrende località di Borgio, Pietra Ligure, Loano e Borghetto Santo Spirito. Si era cominciato con la chiusura del superfluo ospedale Santa Corona, le cui competenze erano state trasferite ad Albenga. Esso era stato sostituito da moderni grattacieli e da mille luoghi di divertimento. Poco per volta l’attività speculativa si era estesa all’intero comprensorio, sostituendo parte delle vecchie e sorpassate palazzine e sopraelevandone altre. Gli unici edifici conservati intatti erano quelli, magnifici, costruiti sul fronte mare lungo Borghetto Santo Spirito. L’agglomerato urbano, così trasfigurato, era in grado di ospitare adesso almeno un milione di turisti.

E un giorno, in base ai sogni grandiosi dei suoi progettisti, l’intera provincia di Savona sarebbe diventata un'unica immensa megalopoli slegata dai fenomeni naturali, straordinario progetto guida per analoghe trasformazioni in altre parti del mondo.

Riccardo, ancora immobile dietro i vetri, ripensava con rabbia all’intera storia. Come odiava quell’enorme complesso che gli precludeva la visuale della costa. Ecco, abitando in cima a una qualsiasi delle torri più elevate sì che si godeva uno spettacolo straordinario. Dalle suite miliardarie installate agli ultimi piani delle maestose torri, nelle giornate più limpide si potevano di certo riconoscere la Corsica e le Alpi Apuane da una parte e un tratto di arco alpino dall’altra. Per di più premendo un apposito tasto i vetri delle finestre si combinavano in maniera da amplificare le immagini ottenendo un ingrandimento del paesaggio visibile. A quella maniera le Alpi Apuane pareva quasi di toccarle.

Purtroppo gli appartamenti erano costosissimi e potevano essere acquistati solamente dalla gente più danarosa, spesso proveniente non solo dall’Italia ma da oltralpe e dal mondo arabo. Molti edifici rientravano nell’orbita dei paesi grandi produttori di petrolio o delle compagnie petrolifere e delle energie alternative, i cui ras reinvestivano i propri guadagni ormai prossimi all’esaurimento. In particolare la ligure Erg aveva ingentemente cofinanziato l’operazione ottenendo in cambio la proprietà di ben otto grattacieli.

Per ammirare un panorama analogo Riccardo era costretto ad accontentarsi di peraltro perfette immagini tridimensionali applicate alle pareti, riproduzioni video della durata di dieci minuti e ritrasmesse all’infinito. Oltre a quelle contemporanee, riprese dalla cima di qualche palazzone, ne possedeva anche di risalenti a oltre venti anni prima, quando la tecnica era appena nata. Queste ultime, le sue preferite, illustravano un lungo tratto di costa ancora privo di quelle svettanti mostruosità visibili da decine di chilometri di distanza.

La Grande Concatenazione nascondeva la vista della linea costiera a chiunque la osservasse dall’esterno ed era tanto imponente da essere individuabile perfino dallo spazio, unica creazione umana insieme alla Grande Muraglia.

Osservando le fila di grattacieli  si stupì per l’ennesima volta di come potesse essersi verificato un tale suicidio civile. Purtroppo, come gli aveva spiegato suo padre, quando un trentina d’anni prima era stato assestato il primo duro colpo all’integrità ambientale della riviera con l’inutile porto della Margonara e l’annessa Torre Fuksas, la gente non ne aveva intuito le implicazioni. Invece di dare battaglia unita per combattere quell’orrore, che tra l’altro aveva comportato anche l’estinzione di una rarissima microbarriera corallina mediterranea, si era limitata a criticare i lavori in privato, accettando di fatto la novità passivamente e lasciando il wwf solo nella sua battaglia. E questo primo orrore aveva scatenato la creatività e l’avidità degli speculatori, aprendo la strada a ulteriori e ben più devastanti operazioni edilizie.

In seguito, infatti, grazie a una sapiente campagna promozionale, la riviera ligure era entrata in piena bolla speculativa e sembrava divenuta una nuova mecca: tutti in Europa e nei paesi arabi si sentivano in obbligo di possedere la seconda o la terza casa lì e intere file di smisurati grattacieli avevano cominciato a sorgere a ritmo frenetico. Così per gli “indigeni” viverci era diventato un inferno e Riccardo era sempre più tentato di trasferirsi altrove, magari lungo la costa francese, assai meglio custodita dalle autorità transalpine. Se non lo faceva era solo perché desiderava combattere almeno la nuova fase speculativa rivolta all’entroterra.

Sconsolato Riccardo andò a sedersi nella sua comoda ed ergonomica poltrona preferita. L’appartamento doppio in cui abitava aveva un’ottantina d’anni sul groppone ma era spazioso, elegante e fornito di ogni possibile gadget tecnologico. D’altronde il progetto era suo: Riccardo era uno dei migliori arredatori e progettisti d’interni sulla piazza. In effetti con i suoi elevati guadagni avrebbe ampiamente potuto permettersi di prender casa nei moderni e ambiti grattacieli della “Concatenazione Est”. Non lo faceva per puro livore: mai si sarebbe trasferito in uno degli edifici che avevano fatto scempio della su amata riviera ancora così bella quando era ragazzino. Eppure, con una contraddizione tipica della società moderna, erano proprio gli appartamenti delle odiate torri a permettergli di fare la bella vita. Fino a quel momento ne aveva allestiti a decine e i compensi da lui richiesti erano assai salati.

Intanto nella stanza a fianco la sua compagna preparava la cena. Per quella sera attendevano ospiti. Alcuni si sarebbero seduti a tavola con lui, altri li avrebbero raggiunti dopo. In realtà non avrebbero avuto alcuna necessità di sbattersi. La tecnologia moderna avrebbe potuto preparare pasti degni del miglior ristorante in pochi minuti, ma lei era una ragazza all’antica e amava spignattare. Forse anche per questo motivo Riccardo se ne era innamorato. E poi lui era un tradizionalista. A suo parere nessun piatto moderno poteva davvero eguagliare la cucina umana, pur con tutte le sue inadeguatezze.

Annoiato dall’attesa, Riccardo mise in funzione lo schermo sulla parete, desideroso di trovare qualche programma piacevole da seguire per distrarsi fino all’arrivo dei primi ospiti.

 

Il giovane neolaureato in architettura Andrea Briano digitò Rete Concatenazione Liguria Sky, la principale emittente regionale satellitare. Apparve la schermata dell’home page. Nel riquadro in alto a destra si distingueva la figura di qualcuno intento a parlare in diretta. Chi sarà stato? Incuriosito Andrea allargò l’immagine e riconobbe il volto del noto agitatore Raffaele Guidoponte. Trasmettevano in diretta il comizio che stava tenendo nel vicino centro ottocentesco. Alle sue spalle si riconosceva il monumento ai caduti.

“…Cittadini Liguri,  NON SE NE PUÒ PIÙ . Voi tutti dovete aiutarci a fermare la spaventosa speculazione edilizia che mira a distruggere il vostro ricco e boscoso entroterra dopo che ha già azzannato la riviera. Noi grilli promettiamo che ci impegneremo con tutte le nostre forze per sventare il piano malvagio ordito dalla scellerata alleanza politica regionale, ma per ottenere risultati efficaci voi tutti…” Clic.

Con un gesto rabbioso Andrea spense la “finestra videonet” e subito la parete si richiuse facendo sparire l’immagine. La cosiddetta finestra videonet era chiamata così perché veniva installata sulle pareti rivolte verso l’esterno degli appartamenti e quando era accesa sembrava diventare davvero una finestra in più della casa. Era l’evoluzione moderna della tv e dei collegamenti a internet via computer.

Il tizio intento a declamare a suo parere era solo un demagogo, nemico dello sviluppo e impegnato da anni a cercare di bloccare gli appalti sulla costa. Andrea non lo aveva mai potuto sopportare, perché se fosse stato per gente del genere l’uomo sarebbe ancora vissuto nelle caverne. Ultimamente poi i “grilli parlanti” di cui quell’uomo faceva da portavoce, retrivi rappresentanti dei cosiddetti Comitati Per La Salvaguardia Della Terra, stavano davvero picchiando duro, con queste loro aprioristiche difese dello status quo.

“Perché hai spento Andrea, io volevo sentire.” Brontolò invece suo padre.

“Se ci tenevi tanto potevi andarci di persona.”

“Non posso uscire, lo sai, ho ancora dei capogiri, però m’interessava, riapri, per favore.”

“Ma questa gente dice solo fesserie, non lo capisci? Sono retrogradi, vogliono arrestare lo sviluppo, non capisco perché Liguria Sky gli concede la parola. Se dipendesse da loro smantellerebbero l’emittente, ne sono certo.”

“Guarda che a furia di svilupparsi la Liguria sta diventando invivibile e poi non è vero che i grilli sono dei neo luddisti come dicono i loro detrattori. Non sono contro lo sviluppo tecnologico ma contro i suoi eccessi. I grilli hanno ragione. È venuto il momento di dire basta a nuovi orrori.”

“Orrori? Papà, sei diventato vecchio, non capisci proprio più niente. La Grande Concatenazione ci rende primi al mondo e l’espansione nell’entroterra ne è la logica conseguenza. Quanto a quei benedetti alberi è l’effetto serra a distruggerli, non ci si può far niente. Qualunque progetto abbiano in mente per me è il benvenuto.”

“Parola mia, Andrea, quando parli così mi vergogno di averti per figlio, sul serio.”

“Ma va al diavolo.”

Andrea Briano uscì dal soggiorno sbattendo la porta e si chiuse in camera, in preda a un’ira cocente.

Il padre invece riaccese lo schermo e si risintonizzò sul comizio. La sovrimpressione indicava che Guidoponte stava parlando da 18 minuti. Poco male, al termine avrebbe pigiato il replay e si sarebbe ascoltato tutto dall’inizio.

 

“…Ordito dalla scellerata alleanza politica regionale, ma per ottenere risultati efficaci voi tutti vi dovrete unire. Perché solo uniti, cari cittadini di Savona e della Liguria tutta, riusciremo a arrestare lo scempio. Dobbiamo abbattere questo sistema politico locale ormai estraneo ai desideri dei suoi elettori e interessato esclusivamente all’accrescimento del proprio potere. Ne va, cari cittadini della Liguria, non solo del vostro futuro ma anche del futuro dell’intero pianeta. Distruggendo uno dei pochi polmoni verdi superstiti al mondo si provocherà, infatti,  un ulteriore rafforzamento dell’effetto serra…”

Riccardo Rosso ascoltava interessato le affermazioni del capo dei Grilli parlanti Raffaele Guidoponte. Se non avesse organizzato una riunione proprio per quella sera sarebbe andato volentieri ad applaudirlo di persona. Sullo schermo apparve un primissimo piano del suo volto, dominato da quegli intensi e famosi occhi blu che parevano letteralmente capaci di scannerizzare gli spettatori. Lui ricordava bene come di persona Guidoponte sapesse suscitare la sconcertante impressione di starsi rivolgendo direttamente a ogni singolo partecipante dei suoi comizi.

Quella in onda era peraltro solo l’ennesima di una serie di conferenze che il noto agitatore emiliano aveva in programma in Liguria. Negli ultimi tempi stava dando parecchio spazio ai problemi della regione e indubbiamente aveva ragione, a parere di Riccardo. Gli speculatori andavano fermati, perché stavano distruggendo la Liguria e il savonese in particolare o, almeno, quel poco che ne restava.

Certo la sua amata città era peggiorata molto, nei secoli. Come suo padre amava sempre raccontargli con profondo rammarico, nel medio evo Savona era considerata uno dei più bei centri abitati d’Europa. Purtroppo secolo dopo secolo la storia aveva duramente infierito su di lei. Prima di tutto attraverso la peste, che aveva spazzato via il 40% dei suoi allora 50.000 abitanti. Quindi per mano dei genovesi, colpevoli di tanti misfatti ma soprattutto di avere raso al suolo l’antico quartiere sorto sul colle del Priamar, non inferiore per bellezza all’odierna Bergamo alta, sbancando addirittura una parte del colle stesso ed edificando nella sezione superstite l’attuale fortezza. Poi c’era stata la seconda guerra mondiale, con i bombardamenti aerei causa della sparizione di un altro intero rione medioevale.

Si era giunti così in anni più vicini a noi, durante i quali era arrivato il turno dei torinesi e dei milanesi, principali responsabili, con il loro desiderio di una seconda casa per le vacanze, di avere esteso la rovina dal capoluogo all’intera provincia, almeno per quanto riguardava la linea costiera. Lo spaventoso agglomerato urbano sviluppatosi intorno ai centri storici dei comuni di Borgio, Pietra, Loano e Borghetto ne era il risultato più eclatante. Inoltre ci si erano messi gli stessi savonesi. A testimonianza degli scempi da loro direttamente perpetrati sarebbe bastato ricordare la duecentesca torre Ghibellina, peraltro demolita nel 2029 durante la ricostruzione del centro storico. Ebbene, negli anni ‘50 del ventesimo secolo essa era stata costretta a un raccapricciante amplesso, unita per sempre alla moderna palazzina a cui era stata irrimediabilmente fusa.

Buona ultima era infine arrivata l’ondata speculativa del XXI secolo, decisa ad assestare il colpo mortale alla bellezza di Savona e dell’intera provincia.

L’arredatore aveva convocato persone fidate o direttamente a cena o nel dopo cena proprio per concordare sul da farsi circa i nuovi attacchi alla natura augurandosi di ottenere consensi immediati, perché se non si agiva subito sarebbe stato troppo tardi.

Tra gli ospiti presenti fin dalla cena, cioè tutti coloro a cui si sentiva più legato, ci sarebbe stato il suo giovane amico Andrea Briano. Era affezionato a quel ragazzo. Inoltre, pur essendo conscio di avere rispetto a lui punti di vista diversi, sapeva leggergli nell’animo e si era accorto di come egli fosse per la prima volta in vita sua preda del dubbio. Doveva approfittarne per aprirgli definitivamente gli occhi e ottenerne l’aiuto, perché per la realizzazione del suo piano ne aveva bisogno.

In quel momento la sua compagna lo raggiunse. Vedendolo immalinconito gli chiese cosa avesse, distogliendolo dai suoi pensieri. Riccardo allora si volse verso di lei e si sforzò di sorriderle.

“Niente, Ilaria. Vieni, mettiti un attimo qui.” Le disse indicandole il proprio grembo.

La giovane donna gli sorrise di rimando e si sedette sulle sue gambe, accondiscendente.

“Due minuti solo, eh però, perché devo ancora finire di cucinare.” Specificò con allegria.

Lui allora l’abbracciò e la baciò.

“Sono pazzo di te, lo sai?”

Stava preparandosi a combattere la speculazione con ogni mezzo, anche con l’uso della violenza, e a tal scopo aveva organizzato la serata, ma almeno per un poco voleva soltanto rasserenarsi in sua compagnia. Per la battaglia ci sarebbe stato tempo più avanti.

 

Tre quarti d’ora dopo la discussione con il padre, la rabbia ormai sbollita, in attesa di vedere giungere l’ora di un appuntamento, come ogni sabato pomeriggio Andrea stava compiendo la sua tradizionale passeggiata per le strade della conglomerazione Savona-Vado-Albisola. Lungo il percorso si tergeva di continuo il sudore. Nonostante si fosse ancora ad aprile, era sabato 20 del 2037, per l’esattezza, c’era un caldo terribile. I termometri segnavano 37° all’ombra con una percentuale di umidità di circa il 70%. Peraltro Andrea c’era abituato, lui aveva ventisei anni e da quanto poteva ricordare era sempre stato così. I suoi genitori gli dicevano sempre che ai loro tempi il clima era molto più fresco e piacevole, ma si riferivano a quando lui non aveva ancora l’età della ragione o addirittura non era neppure nato. La colpa era dell’effetto serra provocato dalle attività industriali umane, si diceva, ma nonostante nessuno sembrasse più nutrire dubbi in proposito, certezze assolute sull’effettiva responsabilità umana in fondo non ne erano mai esistite per cui lui, tipo per natura assai pragmatico, in mancanza di prove circostanziate preferiva considerare la situazione presente come se fosse una normale evoluzione del clima, giunto alla naturale conclusione della precedente era glaciale.

Adesso però si minacciava un intervento su uno degli ultimi polmoni verdi d’Europa. Andrea non aveva notizie precise in proposito, ma secondo voci incontrollate il progetto avrebbe causato la morte delle peraltro già sofferenti foreste savonesi. Si trattava, a quanto pareva, d’un progetto ancora in fase sperimentale che se fosse riuscito avrebbe reso Savona all’avanguardia mondiale in campo energetico. In base alla ragione sembrava davvero un occasione da non perdere. Avrebbe dunque dovuto esserne entusiasta, eppure in cuor suo doveva riconoscere che gli allarmi lanciati dagli ecologisti cominciavano a fare breccia pure su di lui.

Si trattava di una verità difficile da ammettere e rappresentava il reale motivo della recente arrabbiatura con il padre. Ebbene sì, proprio lui, progressista da sempre convinto fautore dello sviluppo industriale, edilizio ed economico, non era affatto persuaso circa la bontà dei progetti riguardanti l’entroterra e questa dicotomia gli causava una sorda irritazione.

Continua la prossima settimana

Massimo Bianco 14/7/07