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Lettera a Giovanni Lunardon

di Domenico Maglio

 

Caviglia

 

 

Caro Giovanni, Evito di anteporre la parola “compagno”, non per svilire il tuo ruolo attuale o per mancanza di delicatezza, ma non vorrei che la pubblicazione di queste righe Ti creassero qualche difficoltà nel cammino in itinere del PD.
Se di quest’aggettivo qualcuno ne travisasse la generalità della consuetudine che da tanti anni sottolinea una differenziazione che ci accompagna e si trasformasse in condizione espressamente qualificativa, probabilmente saresti pressato verso una rinnegazione più o meno pubblica, una situazione che probabilmente andrà affrontata, ma diciamo che ogni passo va fatto nei tempi opportuni.

Vorrei saltare però ogni preambolo dato che la mia opinione generale sul nascente Partito Democratico l’hai già ricevuta tempo fa, privatamente, e arrivare al punto oggetto di queste righe, cercando di entrare subito nel cuore del tema.

Avverto che in questa mia troverai qualche asprezza e qualche durezza, delle lacune o più semplicemente delle vistose assenze su temi e motivi correnti, però confido nella chiarezza della sintesi che esporrò, anche se la condensazione dei concetti non è la mia dote principale, spesso preferisco essere interminabile ma sicuro di essere inteso.

Credo che ciò che di buono, al di là dei possibili sviluppi, abbia innescato il terremoto politico in corso nel nostro paese sia riassumibile in poche parole : finalmente si ricomincia a discutere di politica e non solo di problemi locali, escono allo scoperto idee mimetizzate per anni, alcune condivisibili altre meno.

Si è aperta nella nostra società una fase di confronto tra opposte concezioni ideologiche all’interno della sinistra, due filosofie che però anziché confrontarsi si scontrano, ma in realtà proprio opposte non appaiono, a parte alcuni temi che certamente non possono essere considerate sfumature in un discorso complessivo.

Esiste nel nostro paese una necessità che probabilmente ne fa passare in secondo piano altre altrettanto importanti, ed è la necessità di costruire una società nuova, o meglio una società che riesca a mettersi al passo con i tempi moderni di Chaplin, tempi fatti di nuove professioni, di problemi ambientali da risolvere, di sicurezza e non solo sociale, di nuovi diritti e nuovi doveri, insomma tutte quelle condizioni nuove che si pongono di fronte ad una nazione come l’Italia che deve riprendere a correre.

Come però prendere la spinta, come vincere la forza d’inerzia che ci ha inchiodato a terra negli ultimi anni non è cosa che si possa superare solo aggregando qualche forza politica, proposito meritevole ma non credo esaustivo e risolutorio delle questioni che sono sul tavolo.

Francamente credo che qui entri in gioco una collocazione sul terreno del confronto che penso debba essere preventiva, non lasciata all’immediatezza di una sua ricerca nella necessità aggregazionale di una tornata elettorale che può capitare inaspettata.

Sai delle mie convinzioni sull’irrinunciabilità di una formazione politica socialista e democratica, che esca dalla nicchia delle percentuali, che abbia una visione del modo adeguata e che diventi una vera forza di governo, radicata e consistente, in grado di allearsi alle forze democratiche del centro democratico, in pratica quello che avrei voluto diventassero i DS, ma le cose non pare vadano così, certo vedo che il PD non è ancora nato, ma non nascondo che la nascente Sinistra Democratica sembra prendere strade attualmente non proprio affini al socialismo democratico e quello che più conta la destra sta sulla sponda del fiume ad aspettare che il nostro cadavere passi.

Non mi piace per niente.

Se tornerà il governo precedente questa volta non farà prigionieri.

Sarebbe quindi bene per tutto il centro sinistra riuscire a costruire programmi condivisi per il futuro, che accolgano tutte le istanze del lavoro, quelle di un nuovo welfare, della laicità dello Stato e tante altre e il tempo sembrerebbe aiutarci in questo, ma non Ti nascondo che la discesa in campo di Walter Veltroni un po mi preoccupa, e non certamente per lo spessore del personaggio.

Sono le tempistiche che mi hanno lasciato perplesso, mi sembra abbastanza strano che l’esperienza maturata da Veltroni in tanti anni di politica sia venuta meno all’improvviso, e abbia deciso di restare sulla graticola per quattro lunghi anni ricoprendo contemporaneamente una carica istituzionale di grande spessore come la sua attuale, assolutamente incompatibile con la promozione del PD che si appresterà a mettere in atto.

Qualche ragionamento bisogna farlo e soprattutto sarebbe bene iniziare a parlare di quello che potrà essere il nostro paese già da subito, come farlo evolvere, come farlo crescere, l’assetto interno e internazionale che si andrà a proporre, bisogna iniziare a discuterne ora e non fra tre anni in prossimità delle nuove elezioni politiche, proprio per la preoccupazione che sopra Ti indicavo, non vorrei che il termine “fra quattro anni” fosse ottimistico, e bisogna avere sempre una soluzione di riserva.

Le occasioni per discutere e confrontare le opinioni in questa che sarà un’estate bollente non solo dal punto di vista ambientale non credo manchino, forse si riuscirà a fare chiarezza anche nelle situazioni politicamente più confuse, dove quadri globali e unitari, di unioni larghe, che dovevano essere ben chiari invece sembrerebbero rivelarsi fuorvianti e nebulosi.

Io ti dirò la mia opinione e Tu mi esporrai la Tua, e chissà che gli aggettivi non passino in secondo piano.

 

  Maglio Domenico