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Dopo l’inchiesta dell’Espresso sull’edilizia in Liguria, una lettera-risposta che è un vero poema!

E IL PRESIDENTE BURLANDO DISSE: “E’ TUTTO SOTTO CONTROLLO”

 di Luciano Corrado

LE TORRI DI ALBENGA? IL PROGETTO GIA’ ACCANTONATO. IL GRATTACIELO FUKSAS, LE CAVE GHIGLIAZZA? CI PRONUNCEREMO IN MODO PRECISO. LE AREE PIAGGIO? TERREMO IN DEBITO CONTO IL DESTINO DELL’AZIENDA CHE DA LAVORO A MOLTI LIGURI. IL PORTO DI LOANO? ERA GIA’TUTTO FATTO. IL PORTO DI SPOTORNO? BOCCIATO PER LA PRATERIA DI POSIDONIA. IL SANTA CORONA: TANTO CHIASSO PER NULLA, NON PERDERA’ IL DEA, NE’ L’OSTETRICIA. SEMMAI VOGLIAMO SOLO ABBASSARE I COSTI AMMINISTRATIVI ACCENTRANDO L’APPARATO BUROCRATICO. L’EMERGENZA AMBIENTALE? TUTELEREMO L’AMBIENTE, MA ANCHE I PROGETTI DI SVILUPPO ECOLOGICAMENTE COMPATIBILI.

E PER GIUDICARE OCCORRE UNA CONOSCENZA CIRCOSTANZIATA DEI FATTI.  

SAVONA – Allegria! Gioite! Esultate! L’edilizia, in provincia di Savona e in Liguria, è sotto controllo. Niente dissesto idrogeologico e tantomeno allarmismo ingiustificato. Solo fantasie di pochi, disinformati komeinisti. Niente inquinamento da traffico, da CO2, da rumori, da superaffollamento per le seconde case

Ma quante sono? Mistero! Si può dunque continuare a costruire, con giudizio. Quale? Quello dei “signori del cemento” che ovviamente (NON) pagano le tasse, (NON) inquinano la vita pubblica con le bustarelle, ( NON) arricchiscono paesaggio e turismo alberghiero. Sullo sfondo un “mister coccobello” che tutto vede, tutto sente e tutto controlla.

E’ grazie a questa politica piena di ideali che sinora ha prevalso il buon senso. E’ per queste ragioni che la Liguria “resiste” con le amministrazioni di sinistra in tutte le province, tranne Imperia.

E ora parliamo del presidente della giunta regionale, Claudio Burlando, ex ministro, ex sindaco di Genova, diessino, che ha risposto con una lettera al settimanale L’Espresso (gruppo De Benedetti), per controbattere, dare la sua versione ad un documentato servizio apparso il 21 giugno scorso. A noi interessa occuparci di vicende savonesi, almeno quelle affrontate dall’inviato del giornale Peter Gomez, con la cronaca dei fatti.

LE TORRI DI ALBENGA-

Il presidente della Regione conferma una notizia che farà piacere a molti. Scrive Burlando: “Il progetto delle Torri di Albenga è già accontonato”. Si tranquilizzi, dunque, Alessandro Chirirvì, presidente del comitato civico per la difesa del centro storico di Albenga. I cementieri amici del progresso sociale e della tutela delle bellezze architettoniche sono stati sconfitti. Chirivi aveva detto: “Le intenzione dei proponenti (Arte, ex Iacp ed il gruppo Nucera ndr) sono tutt’altro che morte e sepolte...”. E il battagliero consigliere dei Verdi, Carlo Tonarelli, medico, aveva rincarato: “Siamo stati i primi a dire no al progetto dei grattacieli e adesso vogliamo spostare l’attenzione sul resto della città. Quando i circa ottocento nuovi appartamenti, in maggioranza bilocali, saranno abitati il traffico cittadino  diventerà caotico, insostenibile”.

C’E’ ANCORA SPAZIO PER IL CEMENTO?

E qui è il vero nodo dell’emergenza, della sciagura EDILIZIA savonese, dalla Riviera al primo entroterra. L’Espresso domandava: “In Liguria non c’è più spazio nemmeno per uno spillo?”. Burlando, con le cattive abitudini da vecchio politico collaudato, si guarda bene da riferire i dati del disastro ambientale, della distruzione sistematica del territorio, della cementificazione.

Dati che continuano a restare nascosti, riservati, segreti. Burlando non rivela – è quanto ci interessa – quanti vani sono stati realizzati in Liguria nell’ultimo decennio e qual è il patrimonio complessivo nelle varie province.

Quali eventuali controlli incrociati siano stati fatti per accertarne la veridicità,  anche dopo il susseguirsi di condoni, visto i trucchi messi in atto: dalle mansarde abitabili, alle pertinenze (abitabili), ai vani tecnici (abitabili). Si dia dei dati veritieri, reali e non taroccati come è spesso accaduto. E si dica attraverso quale metodologia sono stati raccolti e a quando sono aggiornati.

Come si fa a parlare di sviluppo sostenibile quando mancano i presupposti (banca dati)  per decidere, giudicare, varare interventi conseguenti?

IL CASO PIAGGIO E  CAVE GIGLIAZZA DI FINALE -

Il Burlando-pensiero nella lettera di precisazioni all’Espresso, dice ancora: “Per la grande maggioranza dei casi – leggi operazioni immobiliari -, dal grattacielo Fuksas alla cava Gigliazza, e altri, quando i progetti arriveranno in Regione ci pronunceremo in modo preciso. Posso anticipare che per quanto riguarda la Piaggio di Finale terremo in debito conto il destino di un’azienda qualificata che da lavoro a molti liguri”.

Burlando tace su un altro aspetto cruciale della “caso Piaggio”: benissimo tutelare l’azienda, dunque proprietà e lavoratori, ma lo stesso assessore all’urbanistica e vice sindaco, Giovanni Ferrari, avvocato, aveva posto un quesito non marginale. Il nuovo stabilimento a Villanova costerà 100 milioni di euro, dallo sfruttamento edilizio-residenziale la Piaggio ne ricaverà 300, il Comune non può rinunciare a 50 milioni di oneri di urbanizzazione, ma tutti dobbiamo sapere che tra insediamenti alla Piaggio e alle Cave Ghigliazza è come se creassimo una nuova Spotorno, con i suoi residenti . E compatibile con la rete viaria? E’ compatibile con gli standard urbanistici di una città che ha già grossi problemi in quanto infrastrutture primarie e secondarie, vivibilità non solo nella stagione turistica?

IL “BUCO NERO” CHE NESSUNO SVELA

Già: infrastrutture e sovraffollamento da seconde case. Rendere noti dati le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti porterebbe a scoprire che gli standard urbanistici – infrastrutture primarie e secondarie - soffrono di carenze paurose ai danni della comunità e della qualità della vita, della salute.

Standard rimasti scritti solo sulla carta degli strumenti urbanistici e mai attuati. Si scoprirebbe che il peso degli insediamenti abitativi ha ormai raggiunto livelli tali da mettere in crisi la viabilità, i servizi (fognature, depurazione dove esiste, rete idrica, raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani e differenziata).

Alcuni casi  significativi, ma non isolati. Albenga, poco più di 20 mila residenti , ma con 80 mila alloggi. Ceriale, meno di 5 mila residenti, ma oltre 11 mila seconde case, capaci di ospitare 80 mila persone e molte altre in arrivo.

Spieghiamoci meglio. Il sovraffollamento delle nostre cittadine, come conseguenza di un disennato sviluppo, non è più un’eccezione, ma la regola taciuta dai più.

LE COLPE DI REGIONE, PROVINCIA, COMUNI

Cosa dovrebbero fare i Comuni, la Regione, la Provincia? Quello che in pochissime altre zone d’Italia hanno già avuto il buon senso ed il coraggio di fare, NEI FATTI. Ovvero stop ad ogni nuova costruzione residenziale, ma anche ristrutturazione (se si tratta di aumentare il peso abitativo).  Facciamo un esempio, assai frequente. Un imprenditore compra una villa unifamigliare, chiede di ristrutturarla. Spesso il volume aumenta di poco, ma si moltiplicano i vani abitabili, con la pratica dei monoalloggi e bilocali. Cosi in quella casa dove prima abitava una famiglia, oggi possono diventare persino dieci. E qui ci troviamo di fronte ad una drammatica realtà che finisce per rendere invivibili molte zone a causa di infrastrutture (rete viaria, parcheggi, verde pubblico attrezzato) rimaste praticamente quelle di 20-30-40 anni fa.

A Burlando che sia ormai un problema di civiltà, di cultura esistenziale, di progresso armonico e sostenibile interessa solo come principio. E’ pura retorica, sfacciata demagogia – per la sua esperienza, per il ruolo istituzionale che occupa sarebbe grave se non sapesse – limitarsi a rispondere che: “Il rilancio della Liguria (mai parola è stata tanto abusata ndr) sarà assicurato da un intelligente equilibrio tra tutela ambientale e progetti di sviluppo ecologicamente compatibili. Siamo la prima giunta ad avere approvato una legge che blocca la trasformazione degli alberghi in seconde case. Abbiamo appena istituito il nuovo parco nell’imperiese”.

LA GRANDE BUGIA SUGLI ALBERGHI

In nessun stato di diritto potrà avere risultati positivi l’obbligo di tenere in esercizio un albergo se il proprietario non avrà un utile adeguato e tantomeno in presenza di perdite. Per quale ragione gli albergatori dovrebbero essere gli unici (con i dipendenti del settore) a pagare, mentre la “casta” degli immobiliaristi continua a fare affari d’oro.

E’ come se oggi, o meglio un domani si dicesse alle agenzie immobiliari che hanno ormai superato, in provincia di Savona, il numero degli esercizi alberghieri, che non potranno più chiudere i battenti. E’ vero che c’è grande differenza tra il valore aggiunto di un albergo e di un’agenzia d’affari, ma dietro quelle attività c’è pur sempre una famiglia, delle persone che lavorano e rischiano del loro.

Il problema della chiusura degli alberghi, sempre più inesorabile, pone alcune utili domande. Chi ci guadagna e chi ci rimettere dall’assalto immobiliare della costa e dell’entroterra? Chi sono gli sponsor e i protettori? Dove si annidano? Perchè nessuno approfondisce cosa sta accadendo in un settore dove si vende a 6-8-10-15 mila euro al metro quadrato e si denunciano al massimo 2500 euro? Perchè ci si accanisce contro studi di settore e non si tocca a tappeto questa gallina dalle uova d’oro che è la comprovendita di case, alloggi, aree edificabili?

LA GRANDE CORTE DEI COMPRIMARI-

Sapete quanti sono in provincia di Savona i sindaci, assessori, consiglieri, componenti di commissioni edilizie, componenti degli uffici tecnici comunali in servizio e in pensione (con solidi agganci) che hanno a che fare con il mercato edilizio? Ne abbiamo contati almeno un centinaio. C’è chi opera in uno studio professionale attraverso prestanome, chi opera con consulenze esterne, chi fa il procacciatore e chi mantiene legami attraverso parenti di primo e secondo grado: moglie, zii, zie, fratelli, sorelle. Quasi una catena di Sant’Antonio che consente utili che nessun’altra attività può assicurare. Tutti gli affiliati, seppure in ordine sparso, hanno il loro tornaconto.

E chi non sta al gioco è condannato a vivacchiare. Lo sanno bene quegli architetti, ingegneri, geometri che hanno avuto la mala accortezza di avere una moglie, un marito, un parente stretto che si è messo fuori dal coro, magari con pubbliche prese di posizione. Basta criticare per essere colpiti.

Avete mai letto qualche inchiesta approfondita o meno, su questi temi, sui giornali? Vi capita per caso di contare il numero di pagine pubblicitarie, di annunci a pagamento, sul mercato edilizio in Riviera e nell’entroterra? C’è secondo voi qualche probabile collegamento-causa-effetto.

Ricordo solo, a titolo di cronaca, che l’inchiesta dell’Espresso – seppure limitata e parziale – è un’eccezione che non si verificava da 18 anni, ad opera di un giornale a tiratura nazionale, almeno per la provincia di Savona. E prima ancora bisogna risalire agli anni settanta, quando era direttore del Secolo XIX, Piero Ottone, per leggere un’inchiesta approfondita sull’edilizia nella nostra provincia.

Sono troppi i tentacoli che portano o alla disinformazione, oppure più spesso all’autocensura. Alla mappatura di quella che non è una battaglia contro lo sviluppo e la ricchezza, ma contro la rendita parassitaria, contro il degrado sistematico di un territorio infliggendo danni ambientali (chi li paga?) e la prepotenza del denaro che tutto può.

Un piccolo esempio. Qualche anno fa, a Loano, nella parrocchia di San Pio X, il parroco, don Alessandro Ranoisio, si permise in più occasioni, dal pulpito, ma soprattutto dai giornali locali di criticare il modo in cui si consumava lo sviluppo edilizio. Troppe seconde case, nessuno pensava ai residenti, ai giovani, agli anziani, ai meno abbienti, a chi è in affitto ed ha difficoltà ad arrivare a fine mese. Troppa speculazione dietro il perbenismo di certi cattolici. Ebbene il sacerdote subì attacchi, ma anche ritorsioni più o meno sotterranee. Fu anche richiamato dai suoi superiori.

Don Ranoisio non era un prete qualunque. In seminario era tra i primi in quanto a profitto. Una persona di straordinaria intelligenza che ragionava con la sua testa e voleva essere coerente alla missione di pastore di anime.

Don Ranoisio, bollato come parroco anticemento, visse con sofferenza quel periodo. Finì col tacere, ebbe problemi di salute e trasferito nell’imperiese dove non ancora sessantenne si spense.

Luciano Corrado