BOX sotto la collina verde della Villetta, tra gli alberi
secolari del Seminario vescovile, box interrati accanto alla
chiesa delle Fornaci. E ancora box a Varazze, di fronte alla
chiesa dell'Assunta e nell'area della polisportiva di San
Nazario. Fioriscono le operazioni immobiliari su terreni di
proprietà della Diocesi. Alcune gestite dall'Isc (l'Istituto
per il sostentamento del clero), altre direttamente dai
parroci, pastori di anime per vocazione e da qualche tempo
immobiliaristi per necessità.
Nella provincia del "nuovo boom edilizio", accanto ai
business dei costruttori di professione c'è spazio anche per
gli affari della Diocesi che non disdegna neppure di
associarsi ad imprenditori privati pur di centrare gli
obiettivi. È successo nel caso dei parcheggi del Seminario,
accadrà ancora.
«Facciamo un po' di imprenditoria alla luce del sole per
autofinanziarci», spiegano all'Isc, l'ente ecclesiastico a
cui è demandato il compito di reperire risorse per pagare
gli stipendi ai preti, finanziare le attività caritatevoli
della Diocesi, ristrutturare e valorizzare il patrimonio. E
l'Istituto come si arrangia? Sblocca denaro attraverso la
gestione di terreni e caseggiati di proprietà.
«Una volta li vendevamo semplicemente ai privati (talvolta
per quattro lire, ndr) che facevano la loro speculazione;
oggi l'operazione la facciamo noi, in prima persona,
ricavandone il giusto», dicono gli "agenti immobiliari"
della Chiesa.
Gli stessi sacerdoti sono stati opportunamente
sensibilizzati a reperire risorse per la parrocchia,
direttamente dal patrimonio immobiliare. Perché sono tempi
duri, per tutti.
Alle Fornaci, ad esempio, un prete molto dinamico come don
Alessandro Capaldi sembra intenzionato a ricavare qualche
decina di box interrati (valore di mercato 50 mila euro
ciscuno) nell'area adiacente alla chiesa di Nostra Signora
della Neve. E per un residente che già pregusta
l'opportunità di comprare o affittare il box sotto casa, ce
ne sono cento che protestano. In piccolo, quello che è
accaduto alla Villetta dove, al contrario della Fornaci, c'è
però in ballo una bella fetta di verde a rendere ancora più
delicata l'operazione. D'accordo, si tratta di terreni di
proprietà della Chiesa, ma di cui ha sempre goduto la
comunità, intendendoli come una sorta di bene pubblico.
Difficile spiegare, ora, che così non è. E cosa succederà a
San Nazario se, come sembra, andrà avanti l'idea di
realizzare un'autorimessa (sedici box) sul retro della
chiesa? I parrocchiani sono già in allarme: temono il
sacrificio dei due campetti di calcio e volley e della pista
di pattinaggio. Insomma, rischia di aprirsi un altro fronte
doloroso per la Diocesi. Inutile, la gente non riesce ad
abituarsi alla nuova immagine del prete diviso tra preghiere
e contratti immobiliari.
Eppure, indietro non si torna, come spiega (vedi articolo a
lato), don Piero Giacosa, economo della Diocesi, che con don
Pierto Tartarotti, laureato in economia e commercio,
presidente dell'Istituto diocesano per il sostentamento del
clero, ha la responsabilità dei conti della Chiesa savonese.
A Varazze, in attesa che prenda forma l'operazione di San
Nazario, la Diocesi ha già ottenuto il via libera dal
consiglio comunale per la realizzazione di una ventina di
box interrati in un'area centralissima, sotto il cosiddetto
"Orto del parroco" (di Sant'Ambrogio) e a margine dell'Aurelia
bis. In cambio dell'autorizzazione a costruire, la Chiesa
donerà al Comune una sala polifunzionale, nella stessa zona.
A Celle, sempre la Diocesi sta costruendo una caserma che
poi affitterà ai carabinieri. E come accade ai costruttori
privati, anche i preti hanno i loro professionisti di
fiducia. A Savona sono soprattutto due: gli architetti
Enrico Persico e Rodolfo Fallucca.
Bruno Lugaro
«con
i ricavi finanziamo tutti i servizi» |
l'economo |
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«CON I SOLDI di queste operazioni
immobiliari non accumuliamo ricchezze,
come qualcuno vuol far credere, ma
semplicemente le risorse necessarie per
far funzionare la chiesa», dice don
Piero Giacosa. «Stiamo affrontando
lavori importanti, come la
ristrutturazione del palazzo vescovile,
l'apertura del museo diocesano, e nel
contempo portiamo avanti servizi
essenziali di sostegno alle fase deboli
della popolazione - spiega l'economo
della Diocesi -. Non saremmo più in
grado di garantire tutto questo, e
neppure gli stipendi ai sacerdoti, se
non recuperassimo denaro dalla vendita
di parte dei nostri beni. La gente deve
capire che è una necessità la nostra».
Una volta la chiesa raccoglieva le
eredità dei fedeli. «Oggi le eredità
sono ormai ridotte a poca cosa e l '8
per mille non è sufficiente a sostenere
le nostre attività, a finanziare la
difesa del patrimonio immobiliare -
sostiene don Giacosa -. Gli stessi
governi, anziché aiutarci, da anni
versano i contributi con ritardi
mostruosi. Ed io che faccio restaurare
il campanile o la facciata della chiesa
non posso aspettare quattro o cinque
anni per pagare l'impresa che ha fatto i
lavori. Abbiamo bisogno di liquidità se
vogliamo andare avanti. La Diocesi di
Savona, poi, si sta ancora leccando le
ferite del "buco" Caritas. Abbiamo
commesso errori e li stiamo pagando
tutti»
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